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Smart mobility: verso la guida “su misura” nel rispetto del Data Act



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L’Osservatorio Connected Vehicle & Mobility del Politecnico di Milano ha misurato il grado di implementazione di opzioni smart per l’auto e la mobilità urbana, il tasso di inclinazione all’acquisto e l’attenzione a self-deriving car e auto connesse. Ecco l’analisi sulla smart mobility, sempre nel rispetto della protezione dei dati

Pubblicato il 29 lug 2024

Giulio Salvadori

Direttore dell’Osservatorio Connected Vehicle & Mobility del Politecnico di Milano



Le sfide della Smart Mobility nell'era del Data Act

Il settore Automotive sta attraversando una fase di profonda trasformazione, alimentata dalle pressioni legate alla necessità di ridurre le emissioni inquinanti, dai cambiamenti nelle aspettative dei consumatori e guidata dalle innovazioni tecnologiche.

La diffusione delle auto connesse (connected car) ha trasformato radicalmente il panorama automobilistico, introducendo una serie di funzionalità di connettività integrate che hanno ridefinito l’esperienza di guida.

Il costante avanzamento tecnologico ha permesso ai veicoli connessi di diventare dei veri e propri hub di scambio di informazioni, consentendo un trasferimento di dati bidirezionale tra l’auto e l’ambiente circostante. Dati che dovranno necessariamente essere gestiti in conformità con le nuove normative alle quali la Commissione Europea sta lavorando per rispondere all’evoluzione dello scenario competitivo.

Tra queste, occorre menzionare il Data Act, regolamento pubblicato l’11 gennaio 2024 che ha l’obiettivo di semplificare la gestione dei dati generati dall’uso di prodotti connessi o di servizi correlati, garantendo equità nella distribuzione del valore e aprendo opportunità per l’innovazione basata sui dati.

L’impatto del Data Act nell’automotive

Il regolamento si concentra su tre aspetti fondamentali. Il primo obbliga i produttori e i fornitori ad offrire agli utenti l’accesso e l’utilizzo dei dati generati. Il secondo aspetto impone che i dati siano trasferibili tra diversi fornitori di servizi senza ostacoli di nessun tipo, come commerciale o tecnico, per evitare abusi da parte di attori con maggiore potere negoziale. Il terzo punto prevede che gli enti pubblici possano accedere ai dati privati in circostanze eccezionali, come disastri naturali o pandemie, o per esigenze di interesse
pubblico
, fornendo un indennizzo alle micro e piccole imprese.
Tuttavia, l’impatto del Data Act sull’utilizzo dei dati generati dai veicoli risulta essere limitato, poiché non copre adeguatamente tutti gli aspetti concorrenziali e tecnici. Di conseguenza, diversi attori del settore hanno sollecitato l’adozione di una normativa aggiuntiva che regoli l’accesso ai dati e alle risorse “in-vehicle”.

Attualmente, i produttori di veicoli adottano l’approccio cosiddetto “Extended Vehicle Concept”, che prevede una singola interfaccia di comunicazione tra veicolo e costruttore, conferendo a quest’ultimo un vantaggio esclusivo nell’accesso ai dati e nelle interazioni dirette con i consumatori, a discapito dei
fornitori terzi.

La normativa dovrà garantire accesso equo a queste risorse anche da parte di altri attori, per stimolare e mantenere la concorrenza nel settore dei servizi.
I dati raccolti dai veicoli si possono inoltre rivelare molto preziosi anche guardando agli impatti possibili in termini di miglioramento della sostenibilità ambientale e alla riduzione di emissioni inquinanti, come testimoniato dal numero crescente di soluzioni innovative e iniziative introdotte sul mercato.

Il progetto Move-In

Le Regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto hanno lanciato il progetto “MoVe-In”, che mira a controllare e limitare la circolazione dei veicoli con più elevate emissioni. Implementato per la prima volta nel 2019, questa iniziativa permette ai veicoli con motorizzazioni meno ecologiche di circolare in specifiche zone e orari, superando le restrizioni tradizionali basate su fasce orarie e giornaliere.

I veicoli ammessi nel programma sono monitorati per garantire il rispetto dei limiti di percorrenza stabiliti, contribuendo così al miglioramento della qualità dell’aria e alla riduzione dell’inquinamento urbano. Al tempo stesso, diverse compagnie assicurative hanno introdotto soluzioni con obiettivi analoghi. Attraverso l’installazione di black box nei veicoli, collegate ad apposite App, i conducenti possono ricevere suggerimenti per migliorare le prestazioni alla guida e monitorarne l’efficienza in tempo reale. Informazioni che consentono di valutare l’impatto ambientale dello stile di guida, incentivando la riduzione del consumo di carburante e la tutela dell’ambiente.

Smart mobility: le sfide

Ampliando il focus al mondo della mobilità intelligente, anche qui si osservano sempre più progettualità che mirano a ridurre l’impatto ambientale. Ne è un esempio il progetto “Green Light” sviluppato da Google, che, sfruttando l’Intelligenza Artificiale, ottimizza l’accensione delle luci dei semafori attraverso modelli di traffico basati sui dati di Google Maps, creando “onde verdi” dinamiche e in tempo reale. Ciò riduce significativamente le emissioni dei veicoli agli incroci, metà delle quali deriva proprio da una gestione non
efficiente degli incroci. Attualmente, il progetto è attivo in 70 incroci presenti in 12 città sparse per il globo, tra cui Haifa, Rio de Janeiro e Bangalore.

L’interesse dei consumatori per le funzionalità smart

In questo scenario, gli OEM (Original Equipment Manufacturer) e i principali attori del settore Automotive che stanno sviluppando nuove offerte basate sulla connettività, si trovano di fronte a una sfida complessa, poiché devono comprendere, da un lato, ciò che i clienti effettivamente desiderano e, dall’altro, quanto realmente sarebbero disposti a pagare per ottenerlo.

Le funzionalità smart oggi disponibili sul mercato possono essere suddivise in tre diverse categorie, che si differenziano per due variabili fondamentali: livello
di interesse
da parte dell’utente e premium price effettivamente riconosciuto per l’attivazione della funzionalità.

Lo scenario italiano

Guardando al panorama italiano, secondo una recente indagine condotta dall’Osservatorio Connected Vehicle & Mobility del Politecnico di Milano, in collaborazione con BVA Doxa, i benefici più rilevanti per il consumatore sono quelli che ricadono in area sicurezza (49%) e comfort (40%).

I dispositivi per la sicurezza attiva e i sistemi di assistenza durante la guida riscuotono grande interesse tra gli automobilisti italiani. Allo stesso tempo,
queste funzionalità sono considerate “essenziali”, poiché i consumatori non sono disposti a pagare un prezzo aggiuntivo per poterle integrare all’interno della propria vettura.

Discorso simile per i sistemi di infotainment: il 62% degli utenti si aspetta di trovare queste funzionalità già incluse nel prezzo del veicolo.
Al contrario, se guardiamo alla categoria “premium“, circa la metà dei consumatori italiani sarebbe disposta a considerare un pricing aggiuntivo per connettere il proprio veicolo con un centro operativo per la gestione di furti (52%) o incidenti (48%). In questa categoria rientra anche la possibilità di effettuare pagamenti direttamente dall’auto, con il 48% degli intervistati che sarebbe disposto a valutare un costo aggiuntivo pur di usufruire di questo servizio.

Conclusioni

La strada verso il futuro delle auto connesse richiede quindi una convergenza sempre maggiore tra aspettative del consumatore e funzionalità smart offerte: gli OEM avranno sempre più dati dai clienti per poter offrire loro soluzioni personalizzate, che vanno dalla presenza a bordo veicolo di funzionalità
considerate essenziali, alla proposta di caratteristiche premium, fino alla creazione di bundle combinati.
Quest’approccio apre la strada a un’esperienza di guida su misura, flessibile e adattabile alle preferenze di ogni conducente.

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