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Pubblico e privato: il cambiamento climatico si combatte uniti



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Nonostante gli intenti dei patti stabiliti a Cop28 siano positivi, le stime pubblicate lo scorso dicembre evidenziano però che siamo ancora all’inizio. Esiste un divario allarmante tra le attuali politiche e le azioni necessarie per evitare gli effetti catastrofici sul pianeta. Ecco le sfide da affrontare, secondo una ricerca di Bcg e Wef

Pubblicato il 24 mag 2024

Marco Tonegutti

Managing Director e Senior Partner di BCG



Pubblico e privato: il cambiamento climatico si combatte uniti

Appare ormai chiaro che il cambiamento climatico sia la più grande sfida che l’umanità si trova ad affrontare nell’ultimo millennio: ogni giorno che passa diventa sempre più urgente intensificare gli sforzi collettivi volti a mitigarne gli effetti.

Per questo motivo i rappresentanti dei Paesi delle Nazioni Unite si riuniscono in quello
che dal 1995 è diventato un appuntamento annuale, la Conference of Parties (detta COP), nel tentativo di trovare soluzioni efficaci e rapide per arginare il riscaldamento globale.
Durante il ventottesimo incontro di questo ciclo di cooperazioni internazionali a favore del clima (COP28), tenuto a Dubai lo scorso novembre, si è realizzato il primo bilancio globale nel quadro degli accordi di Parigi (siglati durante COP21 nel 2015), che ha misurato i progressi compiuti verso il conseguimento degli intenti in ambito climatico stabiliti dall’accordo, portando a nuovi obiettivi condivisi.

Closing the gaps: A fast track for climate action and finance

Gli accordi storici di COP28

L’energia è uno dei settori in cui ridurre le emissioni potrebbe portare a maggiori effetti positivi in tempi minori e, procedendo in questa direzione, i Paesi partecipanti a COP28 hanno concordato diversi obiettivi.
Tutte le parti hanno infatti convenuto di abbandonare progressivamente i combustibili fossili, scelta storica che ha dato l’avvio ad una transizione energetica verso fonti rinnovabili e più sostenibili. Su questo punto l’Italia si è confermata tra i Paesi virtuosi, impostando un obiettivo Net-Zero da raggiungere entro il 2050 e definendo
delle policy di intervento.
Per poter proseguire su questa strada si è pattuito di triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale e di raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030.

Si è stabilito infine di raccogliere maggiori fondi per le perdite e i danni provocati dai disastri climatici, soprattutto per aiutare i Paesi più vulnerabili e meno preparati a fronteggiare queste problematiche.

L’Unione Europea si è rivelata essere la principale fonte di finanziamenti per il clima a livello mondiale, impegnandosi, durante la conferenza delle parti, a stanziare più della metà degli investimenti iniziali per il fondo globale per le perdite e i danni, pari a oltre 400 milioni di euro.

A che punto siamo con la transizione sostenibile

Nonostante gli intenti siano positivi, le stime pubblicate a dicembre 2023 evidenziano però che siamo ancora all’inizio. Esiste un divario allarmante tra le attuali politiche e le azioni che sarebbero necessarie per evitare effetti catastrofici sul pianeta. Con le attuali politiche, infatti, l’azione climatica internazionale coprirebbe solo il 35% delle emissioni globali al 2050 e appena il 20% al 2030.

A poco servirebbe quindi che tutti i Paesi raggiungessero i contributi determinati a livello nazionale (NDC) dagli accordi di Parigi del 2015, nonché gli obiettivi di contenimento delle emissioni da oggi al 2050, poiché l’umanità sembra comunque destinata a superare il target di 1,5° C stabilito di oltre 600 gigatonnellate di emissioni, dirigendosi verso il punto di non ritorno dei 2.5° C.

Sarebbe necessario arrivare a un cambiamento netto nella tendenza attuale, arrivando a una riduzione delle emissioni del 7% ogni anno fino al 2030.

Il mondo dovrà fare i conti con il fatto che i cambiamenti irreversibili del clima, innescati dall’inazione del passato, richiederanno costi ingenti in sforzi di adattamento, per questo è fondamentale che un’azione climatica venga intrapresa su più fronti, sia dai governi che dalle aziende.

Partendo da queste evidenze, Boston Consulting Group ha pubblicato lo studio Bold Measures to Close the Climate Action Gap, in collaborazione con il World Economic Forum, illustrando tutte le azioni che sia il settore pubblico che privato possono implementare per promuovere un cambiamento sistemico e tenere il
passo con esigenze climatiche sempre più urgenti.

Pubblico e privato: ecco come affrontare uniti il cambiamento climatico
Credits: BCG in collaborazione con WEF

Pubblico e privato: ecco come affrontare uniti il cambiamento climatico

Le istituzioni pubbliche, devono assicurarsi che il percorso green rispetti la tabella di marcia, imponendo misure drastiche dove necessario, per rientrare nei tempi e cercare così di contenere le emissioni.

Per riuscirci, i governi dovranno fissare obiettivi a breve termine – piuttosto che perseguirne pochi audaci sul lungo periodo – lavorando a negoziazioni globali più efficaci ed efficienti in ottica di tutela ambientale.
Dovrebbero inoltre applicare politiche più rigorose al cosiddetto “acquisto verde” o Green Public Procurement, ovvero uno strumento di politica ambientale che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale. Infatti, sebbene l’Unione Europea abbia sviluppato dei criteri per facilitare l’inclusione di aspetti green negli appalti pubblici e le politiche di acquisti pubblici verdi siano presenti in tutti gli Stati membri, rimane facoltà di ciascun Paese decidere se e in quale percentuale renderne obbligatoria l’applicabilità, che presenta dunque situazioni differenti a livello nazionale.

Anche il settore privato ha un ruolo fondamentale. Guardando alle prime 1000 aziende mondiali (per fatturato), solo queste possono avere un impatto su più di un quarto di tutte le emissioni globali decarbonizzando le proprie catene di fornitura, inoltre, mobilitando meno del 10% del proprio Capex per la conversione ad alternative verdi, potrebbero colmare l’intero gap di finanziamenti per il clima.
Le aziende possono avere un impatto importante anche al proprio esterno, per esempio decarbonizzando le catene di fornitura, chiedendo ai fornitori di fissare degli obiettivi di sostenibilità, impegnandosi in acquisti sostenibili e introducendo sul mercato un maggior numero di prodotti green, in aggiunta a quelli già presenti
nel proprio portafoglio.

Conclusioni

Queste sono solo alcune delle strategie attraverso cui il comparto potrebbe influenzare positivamente il panorama climatico globale, diventando veri e propri catalizzatori del
cambiamento da cui potrebbero partire una serie di collaborazioni tra settori nel privato e con il settore pubblico per condividere gli investimenti in nuove tecnologie green.

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