L’Unione Europea, nel cammino volto ad assicurare uno sviluppo sostenibile in cui le future generazioni non siano compromesse dai consumi delle attuali, ha introdotto nel più ampio contesto del Green Deal un proprio regolamento sulla deforestazione (EUDR) entrato in vigore il 29 giugno 2023 e che obbliga gli operatori economici EU che esportano o importano determinate materie e i loro derivati a conformarsi entro diciotto mesi.
Un quadro normativo che impone agli operatori che commercializzano nel territorio della UE bovini, cacao, caffè, palma di cocco, soia, legno e i prodotti derivati (quindi ad esempio anche mobili, carne bovina, ma anche i pellami) di verificare, con la dovuta diligenza, che gli stessi non provengano da terreni che sia stati oggetto di deforestazione e che siano stati prodotti senza violazione dei diritti dei proprietari dei terreni stessi, dei lavoratori e delle comunità locali.
La “deforestazione“ rilevante ai fini della normativa è quella occorsa dopo il 31 dicembre 2020. La normativa stessa sarà efficace a partire dal 30 dicembre del presente anno.
Un periodo di più ampio respiro è stato accordato alle micro e piccole imprese per le quali la conformazione alla normativa parte dal 30 giugno 2025, salvo per quanto concerne il legno e i prodotti derivati.
A prescindere da alcuni dubbi di come si siano individuate le materie che fanno scattare l’obbligo (caffè e cacao sì ma non anche il cotone che pure è stato alla ribalta anche di recenti cronache nel settore della moda in relazione alla deforestazione), quel che appare critico nell’applicazione è come la regolamentazione potrà essere implementata, non solo all’interno dell’Unione Europea, ma anche fuori di essa dai piccoli produttori.
In quest’articolo l’attenzione è posta sui produttori di caffè etiopi.
L’impatto dell’EUDR sul caffè etiope: le sfide dei produttori
L’Etiopia è il primo produttore africano di caffè e il quinto al mondo. Famosa è la qualità del caffè arabica in essa prodotto, tanto che è oggetto di forte richiesta da parte degli Stati Uniti d’America e di molti paesi europei.
La produzione avviene attraverso cooperative di diverse dimensioni.
La produzione del presente anno dovrebbe attestarsi su un valore di circa un miliardo di dollari USA, di cui circa un 7/8 per cento dovrebbe essere destinata alla sola Germania.
Il regolamento anti deforestazione sta quindi sollevando perplessità su come i produttori riusciranno a fornire sufficienti informazioni e documentazione affinché gli importatori dei paesi dell’Unione Europea possano verificare la compliance al regolamento stesso.
Tecnologia al servizio dell’ambiente: geolocalizzazione, IOT, IA e blockchain
I produttori etiopi stanno quindi concentrandosi sull’utilizzo delle tecnologie al fine di dimostrare i luoghi di produzione, affinché ne sia dimostrata l’estraneità ai terreni oggetto di deforestazione dopo il 31 dicembre 2020. Il tema è comune ad altri paesi quali il Brasile, il Vietnam, il Perù e l’Uganda tanto per citarne alcuni.
L’utilizzo di immagini satellitari, la loro elaborazione attraverso sistemi d’intelligenza artificiale che aiutino ad identificare la geolocalizzazione dei prodotti, accompagnati da strumenti di IOT per determinare le quantità e seguire la produzione, sino a giungere alla certificazione della filiera basati su blockchain dovrebbero aiutare.
Il tema che spesso si pone è comunque quello di rendere affidabili le certificazioni attraverso gestioni aperte e trasparenti dei sistemi che non consentano a un amministratore del sistema stesso di alterarne o influenzarne il contenuto.
E così come spesso accade, quel che diventa un onere per alcuni, diventa opportunità per altri.
La questione della formazione e l’importanza delle ONG
In questo momento tra gli operatori che appaiono offrire sistemi adeguati ai produttori compare DIMITRA una società degli Stati Uniti che offre l’utilizzo di piattaforme volte a tracciare la produzione e il commercio del caffè. La società avrebbe già contratti in essere con alcune cooperative di produttori.
Una piattaforma utile che però è ancora in fase di studio e che richiederà una formazione sul campo degli agricoltori affinché essi possano utilizzarla: al momento sembra però che si sia ancora alla prima fase della formazione dei formatori e a dicembre 2024 mancano solo sei mesi.
Un ruolo determinante potrebbe inoltre essere assunto dalle ONG, che probabilmente avranno maggiore peso nell’assicurare l’altra gamba del Regolamento EUDR, quella relativa al rispetto dei diritti dei lavoratori, dei terzi e dei diritti umani.
La sfida economica: il costo della geolocalizzazione per i piccoli produttori
Un punto comune dolente è comunque dato dal fatto che gli strumenti di geolocalizzazione hanno dei costi che i piccoli produttori hanno difficoltà ad affrontare, da qui varie richiesta presentate dalle cooperative di produttori alle ambasciate di vari paesi dell’Unione Europea di sostenerli nell’acquisto delle dotazioni.
Investimenti comunque che da soli non assicureranno la completa compliance con il Regolamento EUDF.
Verifica del rispetto dei diritti: una sfida oltre la legge
Basta guardare alle cronache di questi ultimi mesi che riguardano il Nord d’Italia e la pianura pontina per sapere che non basta una legge a cambiare una realtà, quando essa non è sostenuta da adeguati controlli e dalla creazione di una cultura della legalità.
E questo è un tema che riguarda tutti i paesi, ma che in alcuni, quando manca libertà di stampa o adeguate rappresentanza sindacali, è ancora più esacerbato.
È legittimo quindi chiedersi se e quanto il rispetto dei diritti dei lavoratori e dei diritti umani possa essere certificato o più semplicemente oggetto di verifica, se si pensa che la stessa Etiopia al fine di accelerare sull’industrializzazione del paese sta comprimendo sempre più le organizzazioni sindacali e le ONG che svolgono attività d’informazione, complice anche una stampa che non hai mai esercitato quel ruolo di cane da guardia dell’opinione pubblica che essa dovrebbe svolgere, almeno nei modelli anglosassoni.
Fungibilità delle materie prime e l’approccio unilaterale europeo: possibili criticità
Le materie prime oggetto del Regolamento EUDF sono tutti materie fungibili e ciò pone l’altro tema, quello di un’efficacia di una normativa che cerca di distinguere quel che, per natura, è confuso: la domanda che ci dovremmo porre è infatti cosa possa impedire che i produttori, in particolare i grandi produttori, continuino a deforestare per ampliare la produzione di bovini e le coltivazioni oggetto di regolamento, per poi esportarle nei paesi che non si sottopongono alla restrittiva normativa europea e invece esportare in Unione Europea solo le produzioni conformi al regolamento stesso.
Il rischio concreto è che il tutto possa sembrare una bolla d’acqua che distorce la visione, come avviene d’altronde nel campo dell’energia per le imprese che dichiarano di utilizzare solo energia rinnovabile acquistata con i certificati verdi, quando la produzione nazionale si basa ancora sull’utilizzo dei fossili.
Verso un approccio globale: la necessità di un impegno condiviso
Quel che appare mancare è un approccio concordato con le altre nazioni, almeno con quelle che fanno la differenza: una normativa di questa natura ha possibilità di successo solo ove l’Unione Europea rappresenti l’unico consumatore oppure agisca di concerto con gli paesi consumatori e ad anche con i produttori. Al momento nessuna delle due condizioni appare verificata.