Il robo-sharing emerge come una tecnologia innovativa che potrebbe trasformare radicalmente la mobilità urbana in Italia, combinando i vantaggi della guida autonoma con quelli della mobilità condivisa.
Questo nuovo approccio al trasporto cittadino non solo promette di ridurre il numero di veicoli in circolazione, ma anche di ottimizzare l’utilizzo delle risorse e diminuire l’impatto ambientale nelle aree urbane.
Una prima implementazione sperimentale è stata fatta a Brescia il 22 gennaio 2025: un punto di svolta che apre la strada a nuovi modelli di mobilità urbana più intelligenti e sostenibili. Il progetto denominato “Autonomous Urban Transport Optimization” del Politecnico di Milano in collaborazione con A2A S.p.A. e parte del MOST – Centro Nazionale per la mobilità sostenibile si pone l’obiettivo di rivoluzionare la mobilità come la conosciamo oggi.
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L’inefficienza della mobilità urbana: un modello insostenibile per le città moderne
L’attuale configurazione della mobilità urbana si basa su un modello che mostra segni di inefficienza e incompatibilità con le sfide ambientali e infrastrutturali delle città moderne. I dati rivelano un utilizzo minimo delle automobili rispetto al loro potenziale: in Europa, un veicolo percorre mediamente poco più di 10.000 chilometri l’anno, mentre in Italia la distanza si riduce a circa 8.000 chilometri. Questo utilizzo limitato si inserisce in un contesto di elevata densità di veicoli: nel 2023, l’Italia ha registrato il più alto numero di automobili per abitante in Europa, con 694 vetture ogni 1.000 persone. Un dato significativo, considerando che nella popolazione conteggiata rientrano anche coloro che non possiedono la patente di guida, under 18 e over 80.
L’inefficienza di questo modello è ancora più evidente osservando il tasso di utilizzo delle auto: uno studio condotto a Milano con UnipolTech, ha rilevato che l’85% dei veicoli in circolazione viene utilizzato per meno del 5% del tempo, mentre solo il 10-12% delle auto è attivo durante le ore di punta. Questo significa che la maggior parte dei veicoli rimane ferma per quasi l’intera giornata, contribuendo all’aumento della domanda di parcheggi, all’occupazione eccessiva dello spazio urbano e a un consumo inefficiente delle risorse.
Anche il passaggio alla mobilità elettrica, in questo panorama, pur essenziale per ridurre l’impatto ambientale, non è risolutivo: se si considera che un’auto elettrica ha una batteria con una vita utile stimata di circa 600.000 chilometri, con l’attuale chilometraggio medio annuo di 8.000 chilometri, il pieno sfruttamento della batteria richiederebbe oltre 70 anni. Questo dato è chiaramente incompatibile con il ciclo di vita complessivo dell’automobile, sollevando interrogativi sul giusto impiego delle risorse nella transizione verso l’elettrificazione.
In questo scenario, diventa evidente la necessità di una trasformazione radicale del concetto di mobilità, non solo attraverso l’evoluzione tecnologica, ma ripensando anche i modelli di utilizzo dei veicoli. Soluzioni come la condivisione delle automobili, il potenziamento del trasporto pubblico e lo sviluppo di infrastrutture più adatte a forme di mobilità sostenibile potrebbero contribuire a ridurre la dipendenza dall’auto privata e migliorare l’efficienza complessiva del sistema di trasporto urbano.
Come funziona il robo-sharing nella mobilità urbana moderna
L’uso inefficiente delle auto private e il mancato sfruttamento del potenziale dell’alimentazione elettrica rendono necessarie soluzioni innovative per la mobilità urbana. Il robo-sharing risponde a questa esigenza, emergendo come una soluzione efficace per ottimizzare l’uso delle risorse. Questo modello rappresenta un’evoluzione dei servizi di trasporto condiviso, combinando i benefici del car-sharing con la tecnologia della guida autonoma: un approccio che non solo riduce il numero di auto private circolanti, ma ottimizza anche l’impiego dei veicoli elettrici, affrontando le inefficienze del sistema urbano.
Il servizio di robo-sharing permette all’utente di chiamare il veicolo senza doverlo raggiungere, allo stesso tempo gli operatori non avranno più bisogno di un elevato numero di auto per rendere capillare il servizio. Il car sharing tradizionale ha contribuito a ridurre l’impatto ambientale e il numero di auto private, alleviando la congestione stradale. Tuttavia, presenta alcune criticità: la necessità di una flotta numerosa per coprire l’intera area metropolitana e la distanza tra gli utenti e i veicoli disponibili, che può rendere il servizio poco pratico. Inoltre, le auto rimangono spesso inutilizzate per lunghi periodi, compromettendo l’efficienza complessiva del sistema.
Il robo-sharing supera questi limiti grazie alla guida autonoma, che consente ai veicoli di spostarsi in autonomia per raggiungere gli utenti o una stazione di ricarica, ottimizzando l’utilizzo e riducendo i tempi di inattività. Infatti, il servizio consiste in veicoli che possono operare a bassa velocità (fino a 30 km/h), consegnarsi agli utenti, parcheggiarsi autonomamente o dirigersi verso un altro cliente o una stazione di ricarica, riducendo significativamente i rischi e semplificando la gestione del servizio. Questo ridefinisce il concetto di mobilità condivisa: una singola auto autonoma potrebbe servire più utenti nell’arco della giornata, riducendo drasticamente il numero di veicoli in circolazione. L’impatto sarebbe significativo anche sulla gestione degli spazi urbani, con una minore domanda di parcheggi e la possibilità di riconvertire aree destinate alla sosta in spazi verdi o pedonali. Inoltre, l’automazione delle flotte permette una gestione più efficiente dei tempi di attesa e degli spostamenti, rendendo il servizio più accessibile e conveniente, anche per chi oggi trova il car sharing tradizionale poco pratico.
Il robo-sharing si differenzia però dal concetto di robo-taxi, che prevede la completa delega della guida all’automobile: infatti quando il veicolo autonomo raggiunge l’utente, quest’ultimo è libero di prendere il controllo della guida per completare il viaggio in modalità manuale. Una volta arrivato a destinazione, il veicolo riparte autonomamente, dirigendosi verso un parcheggio, una stazione di ricarica o un altro cliente.
In sintesi, il robo-sharing rappresenta una soluzione innovativa e sostenibile per ridurre l’impatto ambientale del settore dei trasporti, migliorare l’efficienza delle flotte condivise e rispondere alle esigenze di una mobilità urbana più intelligente. A differenza dei sistemi tradizionali di robo-taxi, non richiede costantemente una connettività ad alta velocità, ma solo durante gli spostamenti, quando il veicolo si deve riallocare. Questo riduce il bisogno di una connessione continua e la limita ad alcuni spostamenti, eseguiti a velocità estremamente ridotte, garantendo una bassa richiesta dall’infrastrutture e la robustezza del sistema, senza compromettere l’affidabilità e sicurezza del servizio.
La combinazione tra guida autonoma e mobilità elettrica condivisa consente di ottimizzare le risorse, ridurre il numero di veicoli privati necessari, abbattere le emissioni e offrire ai cittadini un sistema di trasporto più fluido, accessibile e rispettoso dell’ambiente: un passo concreto verso la città del futuro.
Un nuovo modello di mobilità: la guida autonoma e il robo-sharing a Brescia
Il servizio di robo-sharing non è solo un concetto innovativo per la mobilità del futuro, ma una possibilità concreta attualmente in fase di sperimentazione. Infatti, la prima prova di un prototipo di questo servizio è stata avviata in Italia, a Brescia, dove il 22 gennaio 2025 una Fiat 500 elettrica, equipaggiata con sensori, attuatori e software di guida autonoma, ha percorso il suo primo chilometro in modalità completamente autonoma su strada pubblica. Questo evento segna non solo l’avvio di un progetto finalizzato allo sviluppo di veicoli autonomi, ma anche il primo test di un servizio prototipale autonomo in Italia, con l’obiettivo di verificarne la fattibilità e valutarne l’impatto sul traffico. L’integrazione della tecnologia di guida autonoma con un veicolo elettrico mira, infatti, a realizzare un servizio di mobilità condivisa on demand, efficiente e facilmente accessibile.
Questa sperimentazione, che prende il nome di Autonomous Urban Transport Optimization, è promossa dal Politecnico di Milano nell’ambito del progetto di guida autonoma AIDA, in collaborazione con A2A, ed è parte del MOST (Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile). Il sistema di guida autonoma sviluppato integra sensori, attuatori, unità di calcolo e intelligenza artificiale per consentire alla vettura di muoversi in sicurezza nello spazio urbano. Il veicolo sperimentale è progettato per operare a basse velocità, facilitando l’accesso al servizio di mobilità condivisa: può raggiungere autonomamente i clienti, che hanno la possibilità di guidarlo manualmente fino alla loro destinazione. Una volta arrivati, il veicolo viene rilasciato e il servizio torna disponibile per altri utenti.
Le prove su strada pubblica rappresentano un passaggio essenziale per lo sviluppo del servizio, permettendo di testare il sistema in condizioni di traffico reale e raccogliere dati preziosi per il perfezionamento degli algoritmi. Questo processo è fondamentale per addestrare l’intelligenza artificiale a gestire un numero sempre maggiore di scenari realistici, data la complessità dell’ambiente stradale.
Tale sperimentazione è possibile grazie all’autorizzazione rilasciata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in conformità con il Decreto Ministeriale 70/2018, noto come “Decreto Smart Road”, che stabilisce regole e requisiti per i test su strada in Italia. Tra i requisiti principali figurano il nulla osta dell’ente gestore delle strade – nel caso specifico, il Comune di Brescia – il nulla osta del costruttore del veicolo, ovvero di Stellantis, la stipula di un’assicurazione apposita e la documentazione attestante le competenze tecnologiche necessarie per garantire la sicurezza della sperimentazione. Secondo la normativa, l’automobile deve essere monitorata da un supervisore a bordo abilitato, avendo dimostrato la propria idoneità secondo i requisiti definiti dal Decreto.
L’integrazione di tecnologie di networking per la supervisione remota
Un elemento particolarmente innovativo di Autonomous Urban Transport Optimization è l’integrazione di tecnologie di networking per la supervisione remota. Questo sistema consente l’allestimento di una control room, in cui un operatore può monitorare diversi veicoli in azione e, se necessario, intervenire a distanza. Attraverso una connessione sicura e stabile, basata su rete 4G e protocollo TCP, è possibile gestire situazioni di emergenza o fornire supporto in scenari complessi. Il funzionamento della supervisione remota dipende quindi dall’affidabilità della connessione e dalla velocità di trasmissione dei dati, che garantiscono interventi tempestivi e sicuri. L’interfaccia di supervisione permette di verificare il funzionamento dei sottosistemi e monitorare parametri come l’attivazione dell’autopilota e la deviazione laterale rispetto alla traiettoria. Il supervisore remoto può sempre intervenire in caso di necessità, garantendo la sicurezza del servizio anche qualora non vi fosse il supervisore a bordo.
Verso una guida autonoma più sicura e applicabile in scenari reali
Questa tecnologia rappresenta un passo fondamentale per rendere la guida autonoma più sicura e applicabile in scenari reali. Oltre a migliorare la gestione operativa dei veicoli, consente all’intelligenza artificiale di affinare le proprie capacità attraverso l’intervento umano nei casi limite, ossia quelli non contemplati durante l’addestramento in quanto troppo rari. L’assistenza umana non solo garantisce la sicurezza, ma offre all’intelligenza artificiale indicazioni su come gestire l’evento, permettendole di apprendere e adattarsi. Questo approccio contribuisce a una transizione graduale verso una mobilità autonoma e connessa.
Il progetto si pone quindi come una proposta rivoluzionaria, unica in Europa, volta non solo a sviluppare nuove tecnologie sempre più avanzate, ma anche a trasformare radicalmente il sistema di mobilità, introducendo soluzioni sostenibili in grado di rispondere alle criticità del modello attuale.