Nella lotta al cambiamento climatico, considerate le resistenze di molti dei paesi grandi inquinatori ad adottare misure efficaci per limitare il surriscaldamento, si tentano nuove strade per cercare di limitare i danni e in qualche modo prevenirli.
Non solo corsa all’adattamento climatico quindi, ma anche sistemi previsionali che possano consentire di monitorare dati rilevanti, al fine di prevedere e, se possibile, prevenire o limitare gli effetti devastanti di catastrofi naturali, siccità e inondazioni.
Al Cop 27 il rilancio dei sistemi globali di allerta meteo
L’iniziativa delle Nazioni Unite e degli Stati Uniti d’America intende dare nuovo slancio a un sistema di monitoraggio e previsione sulle aree della terra che sono vulnerabili al cambiamento climatico.
In realtà noi occidentali siamo soliti ascoltare o leggere le previsioni climatiche, anche se spesso le medesime non sempre appaiono esatte, che si poggiano anche su sistemi di monitoraggio satellitare: il tema che però si pone per molti paesi, e in particolare per quelli in via di sviluppo e quelli meno sviluppati, è l’assenza di attrezzature a terra che possano dialogare o contribuire all’elaborazione dei dati catturati dai sistemi satellitari: molti sono infatti i fattori che influenzano le previsioni, non solo la direzione dei venti e la loro forza, ma anche il grado di umidità dell’aria e le temperature.
Molti di questi dati, per potere condurre a una previsione attendibile devono essere assunti a terra e in quota: è chiaro quindi che i sistemi satellitari non possono da soli essere sufficienti (anche se la tecnologia a infrarossi può consentire una rilevazione delle temperature a livello di superficie terrestre e a livello della superficie delle nubi).
Già durante il COP 26 a Glascow si era parlato di dare nuovo impulso a un sistema di monitoraggio e allerta a livello globale, e il COP 27 è stato occasione per il suo effettivo rilancio.
L’uomo e il suo futuro (anche meteo)
L’uomo non è nuovo al desiderio di prevedere il futuro, gli stessi antichi romani poggiavano grande parte del sistema religioso nei vaticini, interpretando, tra l’altro, le viscere degli animali sacrificati, anche se poi l’atteggiamento verso i preveggenti non era costante: l’imperatore Tiberio aveva un atteggiamento contrastante verso gli indovini, perché prevedendo il futuro potevano anche prevedere la morte delle persone e quindi avere un effetto destabilizzante per il potere (e se poi i preveggenti erano dei ciarlatani, a maggiore ragione, non erano degli della vita).
Per quanto concerne la meteorologia, essa è stato oggetto di studio fin dai tempi dei babilonesi che la legavano all’osservazione delle forme delle nuvole (dato questo che non appare bizzarro, considerato che spesso tali forme sono la conseguenza dell’alterazione dello stato delle medesime nuvole che potrà condurre a pioggia oppure no: del resto a tutti è noto il detto contadino “cielo a pecorelle acqua a catinelle” che esprime in maniera ironica un dato esperienziale assai concreto).
Un’iniziativa congiunta tra Onu e Usa
Si tratta di un’iniziativa volta a raggiungere una copertura complessiva maggiore, con particolare attenzione ai paesi che dimostrano maggiore vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Tale iniziativa è congiunta tra Nazioni Unite e Stati Uniti d’America.
Il sistema non è nuovo, almeno nei paesi occidentali. In Europa, ad esempio, esistono varie misure volte a consentire allarmi preventivi per limitare danni e soprattutto salvare vite.
Ad esempio, la piattaforma European Climate Adaptation Platform Climate-ADAPT, volta alla condivisione di dati che consentano tra l’altro di comprendere il cambiamento climatico e la individuazione delle zone più a rischio, al fine di definire strategie
Prima di parlare del piano, è d’obbligo fare una riflessione sul nesso cambiamento climatico e rischio politico, nesso che sembra non essere ben percepito dai nostri politici nostrani che gridano al pericolo ma non sembrano mai porsi le domande sulle effettive cause e su cosa occorra per rimuoverle.
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Cambiamento climatico e sicurezza interna
Un report dell’Intelligence degli Stai Uniti (fonte il The Wall Street Journal) avverte infatti che il cambiamento climatico porrà a serio rischio la sicurezza nazionale e non solo per i temi legati a chi ne pagherà i costi, ma anche per le conseguenze che deriveranno dallo scioglimento dei ghiacci nell’Artico, aprendo nuove rotte e consentendo altre possibilità di sfruttamento delle risorse, che a loro volta esacerberanno ancora di più la crisi climatica, e alle migrazioni legate a carestie e ambienti divenuti inospitali.
Da qui la comprensione che il progetto di previsione meteorologica in argomento non si limita a un mero aiuto ai paesi più vulnerabili ma anche a un monitoraggio delle zone più a rischio e alla previsione dei rischi connessi ai vari eventi catastrofici. Nell’osservare ciò appare palese la differenza di approccio di chi guarda al dito e chi invece alla luna del famoso detto sufita.
Tornando al programma di monitoraggio meteorologico esso avrà un focus particolare su alcune zone dell’Africa, Asia, isole del Pacifico e Caraibi.
Esso parte dal dato di fatto che meno della metà degli stati membri delle Nazioni Unite (sono in tutto 193) hanno dei veri e propri servizi meteorologici e che per quanto concerne i dati raccolti neanche il 10% proviene dai paesi summenzionati che saranno oggetto dell’iniziativa (fonte il World Meteorological Organization, organizzazione che raccoglie i dati su base mondiale attraverso accordi con le singole nazioni).
Il tema si pone non solo in termini di assenza di strumentazioni di base, ma anche di personale esperto che possa raccogliere e trattare i dati.
La scommessa è grande: si stima che con investimento di circa 800 milioni di dollari USA si possano prevenire danni tra i 3 e i 16 miliardi di dollari USA, senza considerare che tali iniziative, incrementano sempre la cultura locale e creano opportunità lavorative che costituiscono a loro volta motore di sviluppo.
Conclusioni
Il programma in sé non è nuovo. In realtà si tratta di un rilancio di un’attività esistente, in quanto già le Nazioni Unite, insieme ad altri partner, hanno svolto in passato tale tipo di attività. Un esempio è l’Uganda, paese altamente dipendente dall’agricoltura (fonti ONU indicano che il 64% della popolazione dipende da essa), dove a causa della guerra civile (nei primi anni 80 che portò al rovesciamento del dittatore Amin) la maggiore parte delle stazioni meteorologiche era andata perduta ed esse sono state ricostituite attraverso l’UNDP (United Nation Developing Programme). Azioni simili sono state svolte in Cambogia.
La gravità del cambio climatico, i rischi connessi anche in termini di sicurezza nazionale, spingono però ancora di più a massimizzare gli sforzi