Quando si ragiona di sostenibilità si parla di una delle sfide più urgenti del nostro tempo dove, ciascuno di noi, è certamente chiamato a fare la sua parte: dai privati cittadini, alle organizzazioni pubbliche o private.
Le aziende, di qualsiasi dimensione e mercato, non dovrebbero sottrarsi alla loro quota parte di responsabilità per affrontare il problema.
Per ogni impresa, partendo dal presupposto che si riesce a fare bene solo quando il mondo intorno va bene, le scelte dovrebbero sempre essere quelle di compiere azioni utili per aiutare a risolvere i problemi del pianeta e non a crearne di nuovi.
Sostenibilità: le aziende passano dalla teoria alla pratica
Nella realtà, nel tempo (e per fortuna), è diventata sempre più chiara a tutti la necessità di dover partecipare alla creazione di un futuro più sostenibile per il pianeta.
Senza ombra di dubbio, grazie a una sempre maggiore consapevolezza e presa di coscienza sul tema, gli ultimi anni hanno visto un enorme cambiamento nel modo in cui le organizzazioni si impegnano e pensano a questa sfida globale.
La mentalità, finalmente, si sta davvero spostando da un piano di ragionamento (teoria) a uno di pianificazione reale (pratica).
Tra l’altro è molto interessante constatare come le nuove generazioni abbiano inserito, tra i propri criteri di scelta relativi alle aziende con cui lavorare, l’attenzione all’ambiente e ai temi della sostenibilità: secondo una ricerca Deloitte (“Deloitte Global 2021 Millennial and GenZ Survey”), nella scelta di un impiego, la Generazione Z (ovvero tutti coloro che sono nati tra la fine degli anni ‘90 e il 2010 circa) predilige aziende green attente alle tematiche ambientali.
La percentuale di consigli di amministrazione e amministratori delegati che hanno, tra le prime tre priorità su cui lavorare, la sostenibilità è ormai altissima.
Tra l’altro, proprio in questo periodo, il consumo di energia e la spesa che ne deriva sono due voci davvero molto importanti: la crisi energetica è sicuramente tra le priorità più urgenti perché ha un impatto diretto sui dati economici e finanziari.
L’impegno di ogni organizzazione potrebbe essere costruito su tre assi:
- Riduzione dell’impronta ambientale (tenendo conto delle diverse denominazioni: Carbon Footprint, Water Footprint, PEF – Product Environmental Footprint)
- Accelerazione di ricerca e sviluppo (anche aiutando i propri clienti a sfruttare e/o creare soluzioni sostenibili)
- Sostegno di politiche a vantaggio dell’ambiente.
La strategia Microsoft
Quasi tre anni fa, Microsoft ha annunciato una forte accelerazione su questi temi annunciando un ambizioso insieme di impegni.
Con l’obiettivo di non essere spettatori, ma poter essere protagonisti partecipando a ciò che ci riguarda da vicino, la digitalizzazione offre l’opportunità di essere parte attiva del cambiamento.
Per questo, sono stati rilasciati una serie di piani dettagliati per lavorare verso un futuro più sostenibile per arrivare ad avere:
- CO2 negativo: diventare, entro il 2030, carbon negative e rimuovere, entro il 2050, tutta l’anidride carbonica emessa direttamente dall’azienda dalla sua fondazione nel 1975
- Acqua positiva: rifornire, entro il 2030, più acqua di quanta ne viene utilizzata
- Zero rifiuti: essere, entro il 2030, a zero rifiuti creati in modo diretto
- Proteggere e preservare gli ecosistemi: proteggere, entro il 2025, più terra di quanta ne viene sfruttata direttamente (campus, data center, ecc.)
Se guardiamo ai numeri, nel 2021 Microsoft è cresciuta del 20% come azienda, un risultato fantastico.
I risultati in termine di riduzione delle emissioni
La cosa davvero bella è che, nello stesso periodo, le emissioni si sono ridotte del 17%.
Questo significa che la quantità di CO2 che si sta emettendo a seguito delle operazioni dirette, dell’uso di gas naturale nelle cucine, dei generatori dei data center, del consumo di elettricità è diminuita del 17%.
Una parte di questi risultati dipende dallo straordinario lavoro svolto dal team “Cloud Operations and Innovations” che è riuscito a portare più energia rinnovabile online con l’impegno di riuscire a fare affidamento, entro il 2025, sul 100% di queste fonti energetiche non soggette a esaurimento per tutti i data center e i campus, presenti in tutto il mondo.
L’anno scorso l’azienda ha portato sulla rete 5,7 gigawatt di nuova elettricità rinnovabile (1 GW = 1.000.000.000 W), una potenza sufficiente per mantenere più di 4.200.000 case in funzione.
L’attenzione all’ambiente è, per Microsoft, un tema talmente importante che, tra le altre cose, grazie a una tassa interna sulle emissioni (implementata ben dieci anni fa, nel 2012) tutte le divisioni aziendali sono finanziariamente responsabili della riduzione delle emissioni di CO2.
Ridurre la propria impronta ambientale anche con la scelta del cloud provider giusto
Tra le diverse ambizioni dell’azienda c’è sicuramente anche quella di fare in modo che la scelta di un cloud provider da parte delle organizzazioni diventi anch’essa una direzione consapevole verso la riduzione della propria impronta ambientale (proprio come la Generazione Z predilige il proprio posto di lavoro), scegliendo di utilizzare servizi e piattaforme resi disponibili da chi ha fatto dell’attenzione al pianeta uno dei suoi principali obiettivi.
Alcuni studi affermano come i data center Microsoft siano fino al 93% più efficienti dal punto di vista energetico e fino al 98% più efficienti in termini di emissioni di CO2 rispetto a data center locali.
Gli investimenti e gli sforzi in ricerca e sviluppo nelle aree del risparmio energetico e dell’energia pulita sono molto interessanti: uno degli aspetti fondamentali per un data center è senza dubbio il raffreddamento delle apparecchiature.
Oggi, i data center tradizionali utilizzando l’acqua per poter mantenere basse le temperature di esercizio dei calcolatori che porta, evidentemente, a un elevato consumo di questo elemento.
L’obiettivo di minimizzare l’impatto sull’acqua viene risolto riutilizzando l’acqua dove possibile.
In diversi data center, sono stati messi a punto dei sistemi che permettono di sfruttare l’acqua utilizzata da altri, ad esempio, da aziende che hanno impianti che lavorano il cibo (si pensi alle vasche utilizzate per il lavaggio della frutta o degli ortaggi freschi).
Altre sperimentazioni stanno dimostrando come possa essere più efficiente dissipare il calore dei chip (che si scaldano a fronte delle elaborazioni effettuate) immergendoli in un liquido non conduttore di energia elettrica (raffreddamento a immersione) permettendo, tra le altre cose, un calo del consumo energetico di ogni server stimabile tra il 5% e il 15%.
È interessante citare Project Natick (datacenter negli oceani), un progetto di ricerca per determinare la fattibilità di datacenter sottomarini alimentati da energia rinnovabile offshore – limitando o eliminando il bisogno degli impianti di raffreddamento.
L’impatto delle azioni già intraprese
In realtà ci sono anche alcuni numeri che possono aiutare a valutare l’impatto delle azioni già intraprese e capire l’utilità di quanto si sta facendo:
- 2,5 milioni: rimozione di 2,5 milioni di tonnellate di CO2 tra varie fonti e riciclaggio di prodotti
- 1,3 milioni: sviluppo di progetti di rifornimento idrico attivo in grado di ottenere oltre 1,3 milioni di metri cubi di acqua
- 15.000 tonnellate: strategia di economia circolare per la gestione dei materiali in grado di evitare oltre 15.000 tonnellate di rifiuti verso le discariche
- 40 petabyte: condivisione e disponibilità di 40 petabyte di dati attraverso il Planetary Computer (https://planetarycomputer.microsoft.com) per consentire a tutti di poter elaborare processi decisionali legati alla sostenibilità
Riutilizzo e riciclo
È interessante soffermarsi sul riutilizzo e il riciclo che, grazie alla crescente domanda di PC per soddisfare le esigenze lavorative e di apprendimento da qualsiasi luogo (avvenuta anche a seguito degli accadimenti legati alla pandemia), ha accelerato i processi utili a riportare all’uso i vecchi dispositivi.
Milioni di computer e altri dispositivi elettronici vengono oggi riutilizzati tramite il programma Microsoft Authorized Refurbisher (MAR), in cui partner specializzati smontano, riassemblano, rinnovano gli apparecchi e installano il software più recente.
Per fare un esempio: solo nel 2021, sono state rilasciate 4.855.068 licenze Windows con computer ricondizionati. In termini numerici, questo ha portato ad avere un risparmio di energia elettrica pari a quanta ne sarebbe necessaria per alimentare 1.441.524 abitazioni in un anno.
Oltre a questo, per aiutare a sostenere l’inclusione digitale, i partner MAR forniscono i PC ricondizionati a organizzazioni no profit, scuole e privati.
I piccoli accorgimenti che fanno la differenza
Altri impegni avvengono anche grazie a piccoli accorgimenti che possono apportare vantaggi significativi su scala globale: dalla nuova modalità di risparmio energetico delle console di gioco Xbox, all’ultimo aggiornamento di Windows 11 che permette, al sistema operativo, di diventare “carbon aware” (qualcosa come “CO2 consapevole”).
Quando i dispositivi sono collegati, accesi e connessi a Internet e sono disponibili dati relativi alle emissioni, Windows Update pianificherà le installazioni in orari specifici della giornata in cui questa attività potrebbe comportare una riduzione delle emissioni perché una percentuale maggiore di elettricità proviene da fonti a più basse emissioni di CO2 sulla rete elettrica.
Oltre a quanto sopra, ma non per questo meno importante, lo sviluppo del Microsoft Cloud for Sustainability che consente alle organizzazioni di accelerare i progressi di sostenibilità e la crescita aziendale raggruppando una serie di funzionalità ambientali, sociali e di governance nel portfolio cloud di servizi e piattaforme proprietarie e di soluzioni dell’ecosistema globale di partner.
Il desiderio è e resta quello di riuscire a costruire un mondo migliore di quello che abbiamo trovato.
Sostenibilità, obiettivo “zero emissioni”
La parola sostenibilità (sostenere) deriva dal latino sustĭnēre, variante di sub- «sotto», e tenere «tenere», e significa sostenere, difendere, conservare e/o prendersi cura.
L’attuale concetto di sostenibilità cominciò a diffondersi negli anni 80 e venne adottato ufficialmente a Stoccolma, in Svezia, grazie alla pubblicazione, nel 1987, di “Our common future” (“Il futuro di noi tutti”, noto come “Rapporto B.”), il rapporto finale della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, istituita in ambito Onu nel 1983 e presieduta da Gro Harlem Brundtland (già ministro dell’ambiente, dal 1974 al 1979, e prima donna in Norvegia chiamata a ricoprire la carica di capo del governo).
Nel rapporto è contenuta la definizione di sviluppo sostenibile diventata di uso comune: “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Proprio a questo rapporto hanno poi fatto riferimento tutti i documenti e le conferenze globali avvenute successivamente, fino all’adozione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile, avvenuta nel settembre 2015.
Il consenso scientifico è molto chiaro sui temi ambientali: il mondo – tutto – si trova di fronte a un urgente problema relativo alle emissioni di gas nell’atmosfera.
Nella sostanza, il diossido di carbonio, noto anche come biossido di carbonio o – appunto – anidride carbonica (formula CO2), è tra i gas a effetto serra (Greenhouse gas o GHG) che maggiormente contribuiscono al riscaldamento del pianeta.
Questi gas, nella nostra atmosfera, catturano il calore del sole impedendogli di ritornare nello spazio e stanno contribuendo in maniera molto rapida a cambiare il clima del pianeta: se non riduciamo le emissioni e le temperature continuano a salire, i risultati saranno catastrofici.
L’attività umana ha rilasciato più di 2 trilioni di tonnellate di gas serra nell’atmosfera terrestre dall’inizio della prima rivoluzione industriale, collocabile in Inghilterra tra gli ultimi decenni del diciottesimo e la prima metà del diciannovesimo secolo e, per oltre tre quarti, si tratta di anidride carbonica (la cui maggior parte è stata in realtà emessa nell’atmosfera dalla metà degli anni ’50).
Il vero problema dipende dal fatto che il gas prodotto è più di quanto la natura sia in grado di riassorbire: si pensi che con il processo di fotosintesi un albero di alto fusto può arrivare a sottrarre naturalmente tra i 20 ed oltre i 50 kg di CO2/anno dall’atmosfera.
Sebbene gli accordi internazionali per contrastare il riscaldamento climatico, come il Protocollo di Kyoto, prevedano espressamente l’assorbimento forestale quale attività di mitigazione, questa azione non può che essere che complementare e integrativa rispetto alla riduzione delle emissioni “alla fonte”.
Gli esperti mondiali di clima concordano sul fatto che si debba agire con urgenza per ridurre i volumi di gas prodotto e questo significa che l’obiettivo minimo da raggiungere non può che essere il dover arrivare a un valore di “emissioni zero”, ovverosia riuscire a rimuovere tanta CO2 quanta ne viene emessa ogni anno (si stima che nel 2021 l’azione dell’uomo abbia generato emissioni nell’atmosfera per 26 Gt, ovverosia 26 miliardi di tonnellate).
Ciò potrebbe richiedere approcci aggressivi, nuove tecnologie che oggi non esistono e politiche pubbliche innovative.
Si tratta di un obiettivo ambizioso, audace, ma la scienza ci dice che è un traguardo di fondamentale importanza, epocale, utile per ogni persona di oggi e per ogni generazione futura.
Conclusioni
Senza ombra di dubbio, le competenze digitali e la tecnologia saranno fondamentali per il raggiungimento di un mondo sostenibile: poter monitorare e ottimizzare l’uso delle risorse, poter registrazione e valutare gli impatti ambientali, tenere traccia delle emissioni e di quanto rimosso, sviluppare strategie per raggiungere obiettivi concreti.
Molto dipenderà dalla capacità di:
- raccogliere, integrare, gestire e aggregare i dati da un numero di fonti, sistemi, servizi in continua crescita;
- sfruttare tecnologie in grado di ridurre i consumi ottimizzando ogni aspetto della produzione, della logistica, …
- elaborare nuove applicazioni di intelligenza artificiale in grado di prevenire i rischi che il cambiamento climatico potrebbe comportare per l’attività
La sfida che abbiamo di fronte è certamente formidabile, ma il momento giusto per dedicare creatività, capitale e massima convinzione per affrontarla è adesso.