Il lancio del Green Deal europeo da parte della Presidente della Commissione Von der Leyen, l’11 dicembre 2019 ha segnato l’inizio di una nuova era nella politica climatica e industriale dell’UE.
L’obiettivo di creare un’economia dell’UE neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050 è stato combinato con un’agenda di politica economica incentrata sulla crescita verde e con meccanismi di transizione adeguati.
Tuttavia, il contesto geopolitico attuale pone il rischio che l’Unione europea perda di vista i cambiamenti fondamentali a lungo termine che sono necessari per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Green Deal.
Se questo dovesse succedere, l’Unione europea perderebbe ogni vantaggio competitivo. Infatti, nonostante tutti gli ostacoli apparenti, il mondo è nel mezzo della creazione di una nuova divisione globale del lavoro, non più basata sulla distribuzione del capitale o delle risorse fossili, ma sull’energia rinnovabile, soprattutto solare ed eolica e l’Europa deve trovare il suo posto in questa nuova era.
L’obiettivo dell’UE deve essere quindi quello di garantirsi una quota sufficiente del valore aggiunto generato dalle catene di approvvigionamento globali del futuro. Infatti, oltre alla prospettiva economica, questo è un prerequisito fondamentale per mantenere una società libera e democratica nel lungo periodo.
Tali argomentazioni costituiscono il fulcro del secondo cepInput di una nuova serie di pubblicazioni del CEP, dedicata alla formulazione di proposte in vista delle prossime elezioni europee.
Necessità di azione per l’UE: investimenti, finanziamenti e rischi
In questo contesto, tre fattori sono di vitale importanza per l’UE. Molte tecnologie rispettose del clima non hanno ancora raggiunto il loro massimo livello di sviluppo tecnologico, che garantirebbe una potenziale riduzione dei costi. Servono quindi investimenti per sviluppare progetti brevettabili di aiuto alle aziende.
È inoltre importante finanziare l’espansione di tecnologie di trasporto e distribuzione adeguate a una crescente domanda in un mercato verde. Infine, l’esistenza di rischi di trasformazione non assicurabili è un altro fattore critico.
Il prezzo della CO2 è un elemento cruciale nel calcolo del rendimento degli investimenti in tecnologie a basse emissioni. Le ipotesi sul suo futuro sviluppo nel sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU-ETS) influenzano significativamente la logica degli investimenti. Tuttavia, il prezzo della CO2 nell’EU-ETS non è determinato solo dai costi di abbattimento delle emissioni delle aziende, ma anche dalle condizioni quadro stabilite a livello politico, incluso lo sviluppo del tetto alle emissioni e la progettazione futura dei meccanismi di stabilizzazione. Esiste anche il rischio di un intervento normativo discrezionale in caso di sviluppi imprevisti dei prezzi o di situazioni di crisi, il che rende difficile da gestire il rischio per gli operatori di mercato.
Priorità strategiche per la gestione della trasformazione verde
Per questo, al fine di semplificare le normative e agevolare il monitoraggio delle politiche, l’UE dovrebbe razionalizzare le proprie misure di sostegno e comunicare chiaramente le priorità per la gestione della trasformazione verde. In primis è necessario coordinare i diversi approcci nazionali per evitare competizioni interne che possono minare il cammino verso un’industria competitiva e neutrale dal punto di vista climatico.
Questo richiede non solo la piena attuazione delle leggi dell’UE da parte degli Stati membri, ma anche la volontà di cooperare in aree politiche che sono (in parte) di competenza degli Stati membri, come l’espansione delle reti di trasmissione dell’elettricità e lo sviluppo di nuove infrastrutture di trasporto a livello europeo per l’idrogeno.
Bisogna inoltre razionalizzazione i canali di finanziamento per la trasformazione verde, evitando di lanciare molteplici iniziative per garantire coerenza con gli obiettivi della trasformazione, trasparenza della politica di finanziamento e un migliore monitoraggio politico, impedendo così forme di favoritismi verso interessi particolari. Infine, è prioritario rimuovere le barriere all’innovazione. La crescente influenza di una certa scuola di pensiero sull’economia dell’innovazione ha portato a considerare quest’ultima come il risultato di uno sforzo ben pianificato, spesso sotto il patrocinio di istituzioni statali. Tuttavia, le sfide nell’ultima fase dell’innovazione, come la commercializzazione e la diffusione delle invenzioni, derivano spesso da problemi di accesso al capitale di rischio, eccessiva burocrazia e la mancanza di specialisti qualificati. Oltre al sostegno alla ricerca pubblica, una politica di innovazione efficace dovrebbe concentrarsi su come superare queste barriere di tipo più generale.
Misure chiave per una decarbonizzazione accelerata
Per accelerare il processo di decarbonizzazione servono quindi diverse misure tra cui un’implementazione più diffusa dei contratti per differenza di carbonio (CCfD) basati su aste. Il loro design economico assomiglia a un contratto a termine sui certificati di emissione. Un prezzo fisso per la CO2 è concordato come parte di un contratto tra un investitore privato in tecnologie a basse emissioni e lo Stato. Se i prezzi di mercato della CO2 aumentano nel tempo, l’operatore privato può aspettarsi un guadagno netto dal contratto nella fase iniziale e lo Stato un guadagno netto nella fase successiva. Pertanto, i CCfD offrono un meccanismo di rimborso intrinseco per i sussidi. Ciò evita la creazione di profitti imprevisti e può ridurre l’onere a lungo termine sul bilancio dello Stato. Inoltre, l’effetto incentivante è ben mirato, perché si rivolge direttamente all’obiettivo fondamentale della politica di trasformazione: la riduzione delle emissioni di gas serra. Maggiore è l’effetto di risparmio di CO2 di un investimento, maggiore è il valore della salvaguardia e quindi l’effetto di sostegno della CCfD.
La seconda misura chiave sono gli obiettivi di quote verdi negli appalti pubblici. Per un certo periodo di tempo, una percentuale minima di prodotti certificati come a bassa emissione deve essere presa in considerazione nell’assegnazione degli appalti pubblici.
La terza misura chiave è una nuova campagna per ampliare il bacino di professionisti esperti nell’implementazione delle tecnologie net-zero tramite lo sviluppo di corsi di laurea mirati in cooperazione con le aziende, il sostegno alla riqualificazione della forza lavoro esistente nonché anche politiche di immigrazione per soggetti altamente qualificati.
La quarta misura chiave è la formazione di partenariati strategici con Paesi terzi per aumentare il commercio e l’ accesso a materie prime e tecnologie.
Conclusioni
In altre parole, in un’arena globale di crisi multiple, l’Ue non deve nanizzarsi e promuovere un proprio isolamento. Deve uscire dalla propria decadenza e rilanciare un modello economico e commerciale sostenibile tramite accordi stabili e a lungo termine con i Paesi emergenti e in via di sviluppo.