L’India guiderà quest’anno il Gruppo del G20 e già da tempo si prepara a questo compito, permeando con la propria cultura e il proprio peso di potenza economica e la propria visione le azioni da svolgere.
Una nazione che conta una popolazione di circa 1,4 miliardi di persone e un prodotto interno lordo che si aggirerà, entro la fine dell’anno in corso, sui 3,5 miliardi di miliardi in dollari USA e che si prevede che raddoppi nei prossimi 7 anni (fonte The Economic Times del 12 gennaio 2023).
India 4.0: ecco come il Paese costruisce una nuova cultura digitale
Il peso dell’India nel sistema globale appare chiaro e può essere emblematicamente riassunto nella frase del primo ministro Narenda Modi: “quando l’India cresce, il mondo cresce; quando l’India si riforma, il mondo si trasforma” (fonte The Times of India del 7 giugno 2022).
Modi ha già lanciato il motto one-ness: one earth, one family, one future, a sottolineare che le interazioni tra le varie nazioni dovrebbero essere improntata alla coscienza che insieme si vince o si perde.
La globalizzazione umanocentrica
Durante il The Voice of Global South Summit, che si tiene in modo virtuale, lanciato il 12 gennaio 2023, Modi ha affermato questo principio riassunto nel summenzionato motto: perché se da un lato l’occidente è cosciente delle debolezze che derivano dalla globalizzazione durante i periodi di crisi, la globalizzazione è lo strumento che consente ai paesi in via di sviluppo di crescere e svilupparsi.
Il tema, quindi, non è se la globalizzazione sia benvenuta o no, ma il come la stessa debba essere improntata: la volontà è chiara, l’uomo deve esserne al centro. E l’India si propone come principale catalizzatore di nuove vie e nuove soluzioni e leader del sud globale.
La crisi delle 3 F: Food, Fuel and Fertilizer
Tornando alla globalizzazione, la guerra Russo-Ucraina, ha posto, non solo l’occidente davanti alla necessità di assicurarsi una maggiore resilienza, ma gli stessi paesi in via di sviluppo, che stanno risentendo di una modalità di sviluppo in cui certe produzioni sono fin tropo localizzate con gli effetti catastrofici che tutti noi stiamo affrontando. Da qui varie iniziative che coinvolgono vaste arie del mondo a partire dall’India a vari paesi dell’Africa che cercano di raggiungere una maggiore autonomia e aumentare la propria resilienza.
Una maggiore coscienza delle criticità che la globalizzazione ha acuito, con la concentrazione della produzione di beni primari in poche aree della terra. Da qui il disegno di Modi di creare nuove sinergie tra i paesi in via di sviluppo perché uniti si cresce.
India quale leader del sud del mondo
E quindi, ora le priorità non sono solo legate al food security ma anche all’energy security, con programmi e iniziative promosse dall’India nel campo del biofuele dell’energia solare con nomi altisonanti quali One Sun One World One Grid (OSOWOG).
Sul campo dell’energia e dello sviluppo, il Premier Modi lancia inoltre la Global-South Science and Technology Initiative, volta a condividere l’expertise dell’India in questi due settori e in particolare in quello dell’energia nucleare (l’India sul campo ha un lungo expertise avendo sviluppato un proprio programma già dal 1947 guidato dal fisico Homi Bhabba quando primo ministro era Jawaharial Nehru: un programma nato per scopi civili e che poi ha consentito alla nazione anche di produrre la propria bomba nucleare venti anni più tardi). Tale iniziativa è poi accompagnata dalla creazione di un Global-South Center of Excellence per la condivisioni di expertise.
Tali dichiarazioni seguono anche impegni concreti, quali il finanziamento dell’India UN Development Partnership Fund per la realizzazione dell’Agenda 2030, cui l’India ha contribuito con 150 milioni di dollari USA (fonte Business Insider India dell’8 giugno 2022).
India ed energie rinnovabili
Nel triennio 2019-2022 in India sono stati circa 28 miliardi di dollari USA in energie rinnovabili, non solo solare ed eolico ma anche biomasse.
Nonostante l’incremento degli investimenti, che sono saliti in maniera progressiva ed esponenziale, causa anche la crisi pandemica l’India è comunque lontana dal raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’azione di governo che ha raggiunto rispettivamente circa il 60% e il 70% degli obiettivi stabiliti nel 2016, in relazione all’energia solare e a quella eolica (fonte Institute for Energy Economics and Financial Analysis 2022).
Sulla politica energetica indiana si tornerà comunque con un prossimo articolo.
India e sostenibilità: nel 2022 l’India è ultima nella classifica
L’India ha numerosi programmi in piedi volti a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030, fra i quali basti citare i Sashakt Bharat – Sabal Bharat (Empowered and Resilient India), con i quali 270 milioni di persone sono state sollevate dallo stato di povertà attraverso l’accesso alla nutrizione, all’acqua potabile e all’energia; Swachh Bharat – Swasth Bharat (Clean and Healthy India) focalizzati sulle aree rurali raggiungendo circa 500 mioni di persone assicurando protezione sanitaria; Sarpanna Bharat – Samriddh Bharat (Prosperous and Vibrant India) volti alla crescita del mercato (fonti le Nazioni Unite)
A prescindere però dalle dichiarazioni e le buone intenzioni, nel 2022 l’India risulta ultima nella classifica di 180 paesi nell’Enviroment Performance Index (EPI) (fonte Business Insider India dell’8 giugno 2022).
Questo indice si basa su vari indicatori, in tutto 40 che rilevano su 11 categorie, misurando la salute ambientale, la protezione degli ecosistemi e le azioni di mitigazione del cambiamento climatico.
Ai primi tre posti in tale classifica compaiono rispettivamente Danimarca, Regno Unito e Finlandia.
Tra gli indicatori che pongono l’India ultima nella classifica vi sono la pesca intensiva e le emissioni di di gas serra. L’India in particolare è il quarto più grande paese inquinatore dopo Cina, Stati Uniti e paesi dell’Unione Europea se contiamo le emissioni globali, laddove il rapporto scende a livelli assai meno severi se riferiti alle emissioni pro capite (dati aggiornati al 2020 del World Resources Institute).
Come spesso accade con i giudizi di rating creditizio anche da noi, il governo indiano non accetta tale posizionamento, accusando l’indice di essere troppo occidentalizzato e di non tenere conto delle peculiarità dei paesi in via di sviluppo.
L’argomento è quello proprio di altre economie emergenti: la partecipazione al riscaldamento globale può essere imputato a esse in maniera alquanto limitato, mentre l’imposizione di restrizioni alle emissioni di carbonio pregiudica il raggiungimento di altri obiettivi dell’Agenda 2030 quali la eliminazione della povertà e della fame.
Discorsi in parte comprensibili se si pensa che si chiedono limitazioni a paesi che cercano attraverso lo sviluppo di eliminare contraddizioni secolari, quando basta percorrere un highway della California, per vedere migliaia di veicoli di cilindrate impensabili nella stessa Europa con una sola persona a bordo e al massimo un passeggero.
Di contro è di drammatica evidenza che al punto in cui siamo arrivati quel che conta non sono tanto le colpe individuali ma arginare il riscaldamento che colpisce, senza individuare i responsabili, buoni e cattivi senza differenze e come sempre accade, quando il vento soffia chi non può piegarsi perché già debole rimane travolto. Ed è sempre un dato di fatto che l’India si pone in grandezza assoluta quale uno dei massimi paesi cui è imputabile la emissione di gas serra.
Conclusioni
L’India riuscirà a coniugare queste contraddizioni? Riuscirà a essere leader del Sud del Mondo in una visione che pone l’uomo al centro dello sviluppo? C’è da sperarlo, laddove la visione antropocentrica sia volta al rispetto dell’uomo stesso assicurando uno sviluppo sostenibile. Altrimenti non sarà diverso da quanto sinora accaduto: l’uomo misura di tutte le cose che ha condotto alla distruzione dell’ambiente, della biodiversità e a porre in concreto rischio il suo stesso futuro.