L’Unione europea sta mettendo nero su bianco gli obiettivi della transizione energetica nell’automotive. Dal 2035 non si produrranno più i motori endotermici. Il divieto diventerà definitivo dopo il voto favorevole anche del Consiglio Europeo, che comprende i capi di governo degli Stati membri della Ue.
Si tratta senz’altro di una sfida complessa – sono 70 mila i posti di lavoro a rischio – ma anche di una grande opportunità per l’Italia e l’Europa.
Abbiamo parlato con alcuni esperti per comprendere meglio questo passaggio epocale, che sancisce il tramonto di un mezzo di trasporto che ha segnato un secolo di storia e fornire alcune proposte per evitare che la transizione riduca la competitività dei produttori europei ma, anzi, diventi un cambiamento paradigmatico in grado di portare benefici a tutti, aziende, cittadini e Pianeta.
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Auto a zero emissioni e transizione energetica: dall’Ue una svolta d’avanguardia
Il Parlamento Europeo ha dunque votato a favore dello stop ai motori a combustibili fossili dal prossimo decennio circa, per raggiungere la neutralità climatica ovvero le emissioni zero nella UE. Infatti, la transizione all’elettrico e alle tecnologie in via di sviluppo nell’Automotive comporta anche la transizione energetica, per sfruttare energie rinnovabili e costruire una filiera green.
“La decisione presa dall’Unione Europea se approvata in via definitiva” afferma Enrico Pisino, Ceo del Competence Center Nazionale CIM4.0, “rappresenta indubbiamente una svolta d’avanguardia sotto il profilo non solo ambientale, ma anche sociale e culturale, un indirizzo comunitario che non può che diventare di ispirazione verso altri Paesi extra europei”.
“Il 2035 è dietro l’angolo”, continua Enrico Pisino, “e se da una parte è fondamentale salvaguardare gli interessi del Pianeta, dall’altra occorre comprendere che una decisione di questa portata avrà forti ripercussioni nei confronti dell’industria automotive europea“.
Ma il divieto di vendita di nuove auto a benzina, diesel, GPL e metano a partire dal 2035, comporta la fine dell’epoca dei motori a combustione interna. L’Europarlamento ha bocciato la posizione fortemente critica, ma minoritaria, del governo italiano. L’Italia, infatti, era contraria al provvedimento, tanto da proporre l’uso dei biocarburanti per allungare la vita ai motori endotermici. Ma al contempo, il Parlamento europeo ha bocciato la proposta di limitare al 90% l’obiettivo di ridurre la CO2, per limitare l’impatto sull’economia. Ormai il dado è quasi tratto.
Al centro dell’emendamento di Bruxelles è l’obbligo da parte delle case costruttrici di tagliare del 55% la produzione di veicoli endotermici entro il 2030, per ottenere un parco circolante totalmente a zero emissioni nel 2050. Del resto, il settore dei trasporti emette il 30% dell’anidride carbonica complessiva in Europa, di cui il 72% dipende solo dal trasporto stradale, secondo quanto ha dichiarato l’Agenzia europea dell’Ambiente nel 2019.
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“Sono stupito che tutti assieme ci si sorprenda” continua l’ingegner Pisino, “dal momento che è da tempo che si parla in contesti politico-istituzionali di avviare concretamente una transizione energetica nel settore automobilistico. Inoltre, industrialmente si stanno considerando le soluzioni più adeguate a gestire tale cambiamento”.
Le vendite delle auto elettriche al mondo: crescono ma non abbastanza
Le vendite globali di auto elettriche sono più che raddoppiate l’anno scorso, raggiungendo i 6,6 milioni di unità, circa una su 12 auto nuove vendute, secondo un recente conteggio dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea), un’agenzia di previsione globale. Circa il 30% erano ibridi plug-in, che utilizzano anche la benzina ma possono essere due volte più efficienti delle auto che hanno solo motori a combustione interna (ices). Quasi tutte le altre erano alimentate a batteria, che hanno un’efficienza doppia. Una minima parte, circa 15.000, si è affidata alle celle a combustibile a idrogeno, una tecnologia emergente che utilizza l’idrogeno per fornire elettricità. Secondo Bloombergnef, una società di dati, sono in circolazione anche 280 milioni di veicoli elettrici a due e tre ruote.
Alcuni Paesi stanno effettuando la transizione rapidamente. Quasi nove auto su dieci vendute in Norvegia l’anno scorso erano elettriche, grazie a tasse elevate sulle auto ecologiche e a infrastrutture di ricarica adeguate. Negli ultimi cinque anni il numero di veicoli elettrici venduti in Europa è cresciuto a un tasso medio annuo del 61%, rendendola la regione con la transizione più rapida al mondo. Anche in Cina le vendite stanno accelerando: l’anno scorso i veicoli elettrici hanno rappresentato il 16% delle vendite totali di automobili; il mercato cinese è così grande che queste vendite ammontano alla metà di quelle globali. Ma l’America, il secondo mercato automobilistico mondiale dopo la Cina, è in ritardo. Meno del 5% delle auto vendute l’anno scorso erano elettriche; metà di queste erano prodotte da Tesla.
Se i governi vogliono raggiungere i loro obiettivi climatici, le vendite di auto elettriche dovranno accelerare rapidamente. I 16 milioni di veicoli elettrici oggi in circolazione rappresentano una quota minima degli 1,2 miliardi di auto che consumano prevalentemente carburante. Ai ritmi attuali, l’Iea prevede che nel 2030 il 22-35% delle vendite di auto sarà elettrico. Nella migliore delle ipotesi, a quel punto solo il 14% delle auto in circolazione sarà elettrico. Bloombergnef prevede che le auto elettriche rappresenteranno quasi un quarto delle vendite di auto entro il 2025. Ma per raggiungere l’obiettivo globale di emissioni nette di carbonio pari a zero entro il 2050, secondo l’Iea, i veicoli elettrici dovranno aumentare la loro quota di auto nuove fino al 60% entro il 2030.
Gli elementi chiave della transizione energetica dell’automotive
“Le evoluzioni, dunque, si possono tradurre in opportunità”, continua Pisino, “occorre però essere allineanti e perseguire una direzione industriale. Questa, infatti, non può essere tradotta solo in usi e applicazioni di soluzioni tecnologiche moderne e sostenibili. Ma serve una fortissima connessione con le filiere e la logistica, senza dimenticare l’impianto normativo. Infatti, esso ha il compito di regolare lo sviluppo di tutte le infrastrutture necessarie per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e una distribuzione capillare”, continua il Ceo del Competence Center Nazionale CIM4.0.
Naturalmente è una sfida importante per l’industria europea: complessa e costosa. Tuttavia, i vantaggi sono innumerevoli. “Un esempio di evoluzione che ha generato un forte cambiamento negli ultimi anni”, sottolinea Pisino, “ha riguardato per esempio la sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro o la sicurezza degli stessi su mezzi di trasporto: ci sono stati extra-costi, tanti sacrifici, ma il risultato complessivo prodotto è stato un innalzamento dell’indice di protezione dei lavoratori con inevitabili benefici per l’intera collettività. Oggi a livello europeo su questo tema abbiamo raggiunto standard molto elevati anche grazie alle nuove tecnologie che sono nate e sono state applicate diventando un esempio globale di competitività”.
I due principali ostacoli
“Nell’ambito della transizione energetica nel settore automotive – continua il Ceo del CIM40 – osserviamo due principali ostacoli e/o rischi per la nostra industria“, mette in guardia Pisino.
“C’è un primo tema riguardante l’approvvigionamento delle materie prime, dalla supply chain fino al recupero in una logica di economia circolare. L’Europa, con le tecnologie attuali appare in questo momento ancora in difficoltà. Serve ripensare alla fornitura delle materie prime, ma soprattutto anche all’opportunità di un recupero e riutilizzo delle stesse, secondo una logica di economia circolare. Sono pratiche in cui i paesi europei hanno dimostrato non solo di credere ma anche di saper gestire”.
Le vendite di veicoli elettrici sono aumentate del 120% nel 2021, ma è probabile che le interruzioni della catena di fornitura globale rallentino questo tasso di crescita. La carenza di minerali utilizzati per le batterie peggiorerà la situazione. La Russia, ad esempio, sottoposta a pesanti sanzioni, produce un quinto del nichel di alta qualità utilizzato in alcune batterie ev. E sebbene la rete di ricarica per i veicoli elettrici si stia espandendo rapidamente, in molti Paesi non sarà né estesa né intelligente a sufficienza per gestire il carico supplementare sulla rete entro il 2030 per caricare i 250 milioni di veicoli elettrici necessari per essere in linea con le emissioni nette zero entro il 2050, nell’improbabile caso in cui il mondo raggiunga tale obiettivo. Il percorso verso la piena adozione dei veicoli elettrici ha molti ostacoli davanti a sé.
“Il secondo tema, che assume i connotati ancora di un freno se parliamo di un cambiamento a impatto zero, riguarda la disponibilità dell’energia green: se per ottenere energia elettrica utilizziamo gas, petrolio o addirittura carbone, il risultato è praticamente nullo, anzi peggiorativo in termini di emissioni di anidride carbonica. Dobbiamo quindi garantire in modo coordinato e sincrono, l’uso dell’energia elettrica da fonti rinnovabili nell’ambito del trasporto: bisogna organizzarsi in fretta, siamo già in ritardo”.
Attualmente, secondo l’ingegner Pisino sono molto più avanti i costruttori d’auto rispetto ai provider dell’energia “che dovranno non solo produrre ma anche distribuire l’energia elettrica. C’è da chiarire quindi come sarà possibile garantire questa sincronia e se il 2035 è l’anno giusto anche sul fronte della disponibilità di energia elettrica da fonti rinnovabili”.
La difesa dei mercati nella UE
“Come Europa esiste un’altra necessità che può rappresentare un’opportunità da cogliere: difendere i nostri mercati, ovvero proteggere le nostre filiere industriali da quei player industriali che operano in aree del mondo dove non si rispettano le regole del gioco, sia sotto il profilo ambientale che della sicurezza. Bisogna abilitare solo quei prodotti o servizi realizzati da Paesi che rispettano i lavoratori e garantiscono i limiti di impatto ambiente: dunque, molto banalmente, dovremmo permettere l’import solo di prodotti che seguono le stesse regole che imponiamo in Europa“.
Inoltre, “è necessario disegnare un ecosistema aperto e condiviso capace di essere all’altezza di una decisione ormai presa ovvero la fine della produzione dei motori endotermici a partire dal 2035. Attualmente vale la pena segnalare che noi europei siamo responsabili del 20% dell’emissione complessiva della CO2. Quindi, è necessario convincere anche gli altri Paesi (responsabili degli altri 4/5 di emissioni di anidride carbonica) a seguire l’Europa su questa strada perché l’obiettivo di contenere le emissioni riguarda l’intero Pianeta e non solo noi europei”, sottolinea Pisino.
Il salvataggio dei piccoli dell’Automotive
L’Europarlamento ha deciso di “salvaguardare” i piccoli produttori, come le aziende della Motor Valley italiana. Infatti, in base a un emendamento del PPE, si stabilisce che per le produzioni inferiori alle 10 mila unità, le case potranno ancora vendere le loro automobili fino al 2036 (regola che si applica anche ai produttori di furgoni con produzioni inferiori ai 22 mila veicoli annui), senza dover ridurre del 55% del 2030 imposto ai produttori di maggiori volumi di vetture.
Infatti, è molto importante supportare l’intera filiera produttiva dell’auto europea composta da tantissime micro, piccole e medie imprese che già ad oggi hanno difficoltà a gestire la transizione digitale dell’Industria 4.0.
“Tutta la filiera deve reagire – spiega Pisino – con una velocità sincrona. Le PMI necessitano quindi di particolare attenzione e le azioni agite con il PNRR dovranno tenere in considerazione molteplici fabbisogni. Servono competenze e supporto alla trasformazione digitale ed ecologica.
Ad esempio, è indispensabile che le imprese dello stampaggio si aprano anche ad altre filiere, per esempio le batterie. Di conseguenza, le grandi imprese devono adeguare, trasformare e rinnovare ove è necessario la relativa supply chain, PMI comprese. Più difficoltà invece avranno i fornitori del Powertrain tradizionale, che dovranno anche considerare l’abbandono di alcune loro tecnologie core”.
Insomma “l’intera filiera sarà coinvolta”, conclude Pisino, “in una vera e propria rivoluzione organizzativa e tecnologica: si dovranno sviluppare processi industriali efficienti sotto il profilo dei consumi energetici, ampliare il portfolio prodotti anche con azioni di re-shoring, formare tutti i lavoratori e professionisti dallo sviluppo prodotto alla produzione sino alla gestione delle officine di manutenzione”.
L’Automotive rende la rete elettrica protagonista: una sfida e un’opportunità
Più ottimista è invece Daniele Invernizzi, fondatore del Tesla Owners Club Italy-Ticino e San Marino, con base a Milano. “Come italiani abbiamo in mano una grandissima opportunità”, afferma Invernizzi. “Opportunità sotto il profilo della capacità di lavoro, enorme specializzazione e filiera circolare come non c’è mai stata nel settore Automotive”.
“Non parliamo di proiezioni, ma di qualcosa già attuale: l’auto entra a far parte della rete elettrica, in un contesto molto più ampio. Ma l’auto elettrica è un anello imprescindibile nella filiera dell’energia rinnovabile. Noi italiani dobbiamo dunque concentrare le nostre capacità e le nostre ‘teste’ che sono già abituate a lavorare sull’energia in epoche non sospette. Infatti, parliamo degli anni in cui i cittadini erano proprietari della centralina elettrica. L’Italia ha già oggi una delle reti elettriche più robuste d’Europa e delle migliori al mondo”.
Inoltre, “dobbiamo staccarci dalla mentalità di un Automotive dipendente da balzelli, fornitori, per entrare in un approccio che vede la rete elettrica protagonista“.
Invernizzi vede il divieto dei motori a combustibili fossili dal 2035 come un’opportunità, anche per merito della rete elettrica tricolore, in grado di sostenere la transizione, già da oggi.
“Da due mesi sto collaborando con Stellantis”, continua Invernizzi, “e vedo che il limite dell’Automotive è lo sviluppo delle batterie. Invece la rete elettrica è già pronta a ospitare le auto elettriche, grazie agli ammodernamenti frutto di decine di miliardi di investimenti da parte di Enel, e analoghi investimenti da parte di Terna, fra le aziende leader nella digitalizzazione della rete elettrica”.
A che punto siamo in Italia
Inoltre, la transizione energetica alle rinnovabili è fondamentale, ma “peggio del motore a combustione non c’è nulla”, sottolinea Invernizzi, secondo il quale, “se usassimo anche il carbone per produrre elettricità con cui alimentare l’auto elettrica, saremmo comunque più green – dal punto di vista delle emissioni globali, oltreché locali – rispetto all’uso delle auto tradizionali” a benzina, GPL, metano e diesel.
“Anche le Super charge”, comunque, conclude Invernizzi, “acquistano energia elettrica al 100% certificata rinnovabile e finanziano solo aziende energetiche a fonti rinnovabili. Significa che se aumentiamo le stazioni di ricarica, dobbiamo costruire nuovi impianti”, sempre in ottica sostenibile.
Infine, “le nostre autostrade stanno installando, al ritmo di venti/trenta cantieri aperti contemporaneamente, infrastrutture di ricarica ad altissima potenza. L’Italia si appresta ad essere un faro anche sotto questo punto di vista. Finalmente il nostro Paese è sulla strada per essere all’avanguardia nella transizione energetica dell’Automotive”.
I cambiamenti climatici ci obbligano alla transizione energetica
La decisione dell’Europarlamento va dunque nella direzione giusta: le opportunità superano le criticità. E inoltre “rientrava nel Pacchetto Fit-for-55 della Commissione europea”, commenta Luigi di Marco, segretario AsVis (Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile): “I punti di criticità sono due: chi è contrario non ha capito la dimensione del problema”, mentre il Po è senz’acqua a causa della siccità di una primavera bollente. In secondo luogo, “c’è troppa ideologia in chi formula queste critiche”.
“Inoltre, non dobbiamo subire i cambiamenti, come ora succede con le minacce di Putin sul gas: dobbiamo agire prima, in previsione, facendo qualcosa di buono per la collettività, assumendoci la volontà di cambiare”.
“L’Europarlamento ha già migliorato la proposta della Comunità europea, ora dobbiamo fare la nostra parte, aprendo il dialogo con tutti i portatori d’interesse, facendo ricerca e sviluppo, economia circolare, regolamenti per le batterie. Bisogna avere la capacità di affrontare il cambiamento”.
Infine, l’importante è che l’Europa protegga i propri mercati da chi non tutela l’ambiente e le condizioni di lavoro degli operai delle filiere dell’Automotive e dell’energia. Infatti, “l’Unione europea deve applicare regole a chi non le segue. La direttiva deve decidere che chi commercia con noi deve rispettare le nostre regole“, sia sul clima che sul lavoro. Non dobbiamo frenare il cambiamento, ma coglierne finalmente le opportunità, “dialogando con le imprese, per chiedere loro di cosa hanno bisogna per la transizione energetica dell’Automotive”. Questo è il giusto dialogo da instaurare con Confindustria e con tutti gli stakeholder delle filiere coinvolte, come del resto ci ha spiegato anche l’ingegner Pisino.