Il lungo percorso della sostenibilità, sempre più pervasivo sul mercato a tutti i livelli e in tutti i settori economici, si sta consolidando come indicatore di un nuovo paradigma, volto a riconoscere il valore di un’impresa, un’istituzione od organizzazione non solo in ordine alla propria performance economico-finanziaria ma anche sulla propria reputazione, ovvero sulla capacità di aderire a quegli standard considerati imprescindibili per lo sviluppo sostenibile.
Gli standard della sostenibilità, gli ESG, producono un impatto sempre più rilevante grazie a una moral suasion che a partire dagli organismi internazionali nel corso degli anni ha trovato riconoscimento nei vari ordinamenti (a partire dall’Unione Europea) contribuendo peraltro ad abbandonare sempre più l’approccio tipico volontaristico della ESG compliance (mi adeguo perché mi conviene) e spostandosi sempre più verso un approccio obbligatorio (mi adeguo perché è obbligatorio).
Quanto è di moda l’ESG: perché la sostenibilità è diventata un valore aggiunto per le aziende
In questo contesto, la tassonomia verde si inserisce in chiave funzionale come strumento di ulteriore riconoscimento – anzi, di chiarimento – per indirizzare investitori e imprese verso attività economiche con un sostanziale impatto positivo su clima e ambiente.
La tassonomia delle attività economiche eco-compatibili
In questa direzione, il Regolamento UE 2020/852 ha introdotto nel sistema normativo europeo la tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, una vera e propria classificazione delle attività che possono essere considerate sostenibili tenendo in considerazione il rispettivo allineamento agli obiettivi ambientali dell’Unione Europea (vedasi in primis l’Agenda ONU 2030) e al rispetto di alcune clausole di carattere sociale. In aggiunta, una serie di atti delegati (i.e. atti legislativi generalmente utilizzati quando il regolamento necessita di adeguarsi nel tempo al progresso tecnico-scientifico) elaborati con la consulenza della Platform on Sustainable Finance, dettagliano i criteri tecnici che permettono di stabilire a quali condizioni ciascuna attività economica fornisce un contributo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali identificati[1], senza arrecare danni significativi a nessuno degli altri cinque (la cd. clausola Do No Significant Harm, o DNSH). Va sottolineato che l’adozione di un Regolamento comunitario – che, va ricordato, ha diretta e immediata applicazione in tutto il territorio dell’UE – è fortemente indicativa della scelta di una policy uniforme e omogenea all’interno dell’Unione e in ciascun Stato Membro.
La tassonomia verde: una guida per migliorare la performance ambientale di imprese, investitori e istituzioni pubbliche
La tassonomia, in via definitiva, guida le imprese, che possono valutare l’impatto ambientale delle proprie attività, definire politiche aziendali rivolte a ridurlo e rendicontare agli stakeholders in modo esaustivo e comparabile i risultati realizzati; orienta gli investitori (tra cui i business angels), verso l’integrazione della sostenibilità nelle politiche d’investimento e verso la valutazione dell’impatto ambientale delle attività economiche nelle quali investono o potrebbero investire; indirizza le istituzioni pubbliche a incorporare nella propria attività elementi e criteri tecnici della tassonomia, così da poter definire e migliorare le proprie politiche di transizione energetica.
Non solo, l’art. 8 del Regolamento prevede anche una rendicontazione sull’allineamento delle attività alla tassonomia. In particolare, le organizzazioni soggette alla Direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (Non-Financial Reporting Directive, o NFRD) e, successivamente, alla nuova Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese (Corporate Sustainability Reporting Directive, o CSRD) sono tenute a pubblicare informazioni sull’allineamento delle attività alla tassonomia. L’atto delegato del 6 luglio 2021 dettaglia i contenuti, le tempistiche e le modalità con cui queste informazioni devono essere pubblicate. In particolare, le società non finanziarie devono pubblicare informazioni su quanto segue: quota di fatturato proveniente da prodotti o servizi associati ad attività economiche allineate alla tassonomia; quota di spese in conto capitale (Capex) e di spese operative (Opex) relative ad attivi o processi associati ad attività economiche allineate alla tassonomia. Alle società finanziarie è invece richiesto di pubblicare indicatori chiave di performance (Key Performance Indicator – KPI) che esprimano la percentuale di allineamento alla tassonomia degli asset in gestione[2].
La tassonomia influenzerà gli investimenti privati nei prossimi 30 anni
Di primo acchito l’impatto della tassonomia è senza precedenti. Introdurre sul mercato nuovi modelli e nuovi standard utilizzando la leva della moral suasion, anche con la spinta mediatica e culturale è cosa frequente e pure fisiologica (ogni scelta economica sottende una scelta culturale), ma arrivare a incorporare un nuovo modello in atti legislativi vincolanti per 27 Stati Membri segna uno scatto molto marcato verso una scelta condivisa e sistemica di policy davvero epocale.
Potremmo dire che si tratta della vittoria postuma del positivismo giuridico (la dottrina di filosofia del diritto che considera come unico possibile diritto quello scritto dal legislatore) e del suo più importante esponente Hans Kelsen.
Lo “strumento” tassonomia sarà chiamato a guidare non soltanto gli investimenti pubblici, ma soprattutto gli investimenti privati nelle attività che sono state dichiarate come necessarie per raggiungere la neutralità climatica nei prossimi 30 anni.
Come sottolineato dagli esperti Carlo Stagnaro e Stefano Verde, la tassonomia rivestirà un ruolo crescente nelle scelte di un mondo finanziario che orienterà maggiori flussi finanziari verso le cd. flagship policies della Commissione Europea (Green Deal e non solo). Stando così le cose, la tassonomia diventa da una parte un elenco di quelle attività che dovranno contribuire – anche in tempi diversi – ad alimentare la transizione energetica europea, e dall’altra parte un potente strumento per influenzare l’allocazione delle risorse private. Va poi ricordato che la tassonomia sarà soggetta a una revisione ogni cinque anni, proprio per verificare se la situazione di mercato e l’evoluzione tecnologica permettano un aggiornamento dei criteri tecnici e delle attività elencate.
Senza addentrarci eccessivamente negli aspetti tecnici, va tuttavia ravvisato che il mix energetico varia da uno Stato Membro all’altro e alcune zone dell’Europa dipendono ancora fortemente dal carbone ad alte emissioni di carbonio. La tassonomia stabilisce quali attività nel campo dell’energia consentono agli Stati Membri di raggiungere la neutralità climatica partendo tuttavia da posizioni diverse, e questa distonia sta già creando forte discussione come vedremo circa l’approvazione dell’atto delegato che includerà gas e nucleare tra le attività sostenibili.
Alla luce di quanto sopra, le attività rientranti nella tassonomia saranno presumibilmente più appetibili per gli investitori. Non è un caso che il Fondo Monetario Internazionale nel suo rapporto del 2021 sulla stabilità finanziaria abbia spiegato che unitamente alla ripresa dell’economia, dopo il crollo legato alla crisi sanitaria globale, fosse cresciuto marcatamente il mercato di titoli legati agli standard ESG. Il FMI ha evidenziato come non ci si trovi di fronte a una bolla generata dalla situazione contingente (segnata tra l’altro dalla pandemia globale da Covid-19) bensì si sia di fronte a un vero e proprio cambiamento di atteggiamento rispetto agli elementi della sostenibilità (come rappresentati dagli ESG) da parte di larghe fasce di popolazione sempre più consapevoli dei costi derivanti dai danni all’ambiente, dalla cattiva governance e dai conflitti. L’aspetto reputazionale evidenziato dalla scelta di investimenti sostenibili si lega pertanto al maggior valore dell’investimento in un mercato sempre più imperniato e regolamentato in tal senso.
Nucleare e gas essere alleate della neutralità carbonica?
È delle ultime settimane il vivace dibattito intorno al terzo atto delegato prossimo all’emanazione, che potrebbe includere tra le attività “sostenibili” le fonti di energia di gas e nucleare. Può apparire come una contraddizione in termini, tuttavia la Commissione Europea ha spiegato che, a determinate condizioni “chiare e rigorose”, gas e nuke potrebbero svolgere un ruolo come strumenti per facilitare la transizione ecologica, ritenendoli quindi dei target di investimenti sostenibili.
Nella bozza di atto delegato del 31 dicembre scorso, la Commissione ha previsto che i progetti nucleari con permesso di costruzione rilasciato entro il 2045 sarebbero idonei ad attrarre investimenti privati, purché in grado di prevedere piani per la gestione delle scorie radioattive e per il decommissioning, cioè per lo smantellamento delle centrali. Sarebbero ammissibili anche i progetti sul gas con autorizzazioni rilasciate entro il 2030, purché soddisfino una serie di condizioni, fra cui emissioni inferiori a 270 grammi di CO2 equivalente per kWh.
Questo approccio ha generato una prevedibile alzata di scudi da parte di associazioni ambientaliste militanti, nonché in sede comunitaria, da parte di Germania, Austria e Spagna.
Ravvisiamo che da una parte scienza e tecnologia, nella propria continua evoluzione richiedono una tassonomia che sia corrispondente all’evoluzione della transizione ecologica, dall’altra – come già accaduto – un atto legislativo così tecnico sfocia inevitabilmente nella policy energetica e nelle inevitabili mediazioni lobbistiche e politiche[3].
Tassonomia e business angels
Ci aspettiamo che anche i business angels, come investitori informali, potranno beneficiare della tassonomia. In via di esempio, una due diligence condotta dal BA e orientata al positive screening (con conseguente valutazione dell’impatto della società nelle quattro aree di analisi tipiche: governance, condizioni lavoratori, impatto su stakeholders, ambiente) potrà essere meno onerosa sul piano economico ove supportata a monte da una scelta d’investimento su un’attività industriale presente in tassonomia e quindi riconosciuta come ESG compliant. La tassonomia potrà verosimilmente agevolare lo stesso startupper alla ricerca di capitali e management skills, nel momento in cui si farà guidare dal catalogo della tassonomia per essere ESG compliant e quindi accedere ai capitali del BA già orientato a fare un investimento ESG. Restiamo naturalmente in attesa di valutare anche gli eventuali incentivi o sgravi che potranno eventualmente essere previsti in correlazione ad investimenti in linea con la tassonomia (sia a livello comunitario che nazionale).
Note
- Il Regolamento individua 6 obiettivi di sostenibilità ambientale: (1) mitigazione del cambiamento climatico (i.e. mantenimento dell’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C, come stabilito dall’Accordo di Parigi); (2) adattamento al cambiamento climatico (i.e. adeguamento ai cambiamenti climatici attuali e previsti e ai loro effetti); (3) uso sostenibile e protezione dell’acqua e delle risorse marine; (4) transizione ad economia circolare; (5) controllo e prevenzione dell’inquinamento; (6) prevenzione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi. ↑
- Il KPI è rappresentato come un rapporto tra investimenti e attività finanziarie allineati alla tassonomia (al numeratore) e totale degli investimenti e delle attività finanziarie (al denominatore). L’applicazione dei requisiti sarà graduale tra il 2022 e il 2024. ↑
- I critici della bozza sottolineano come il gas sia parte del problema climatico e vada pertanto abbandonato del tutto come fonte energetica, mentre il nucleare ponga i noti problemi di gestione delle scorie e rischi di eventuali fughe radioattive. I favorevoli alla proposta sottolineano invece come il gas possa dare un importante contributo alla transizione energetica, anche solo temporaneamente, in quanto molto meno inquinante del carbone, e come il nucleare sia la principale fonte carbon-free in grado di erogare potenza programmabile. ↑