Guardavo ieri, mentre mettevo a posto la libreria in attesa dell’ennesimo trasloco della mia vita difficile, un ritaglio di dieci anni fa. Era il 21 febbraio del 2017 e la cronaca era piena della presa di posizione del movimento 5 stelle (non vi spiego cosa è stato, se avete tempo e voglia andatevelo a leggere online) a favore dei tassisti che avevano bloccato la città contro Uber (sì è vero non sto inventando) sulla base di un diritto derivato da aver pagato caro licenze di taxi comprate da loro colleghi in un ecosistema di risorse limitate (le licenze), di monopolio assoluto (solo il Comune le poteva rilasciare) e di diritti acquisiti. Mi faceva riflettere quanto solo dieci anni di distanza da quel febbraio 2017 ci facciano sembrare preistoria quelle lotte (e anche quei sostenitori). Però qualcosa possiamo imparare da questa storia, provo a dire, mentre impacchetto i libri, cosa:
· l’innovazione va avanti comunque, chi prova a fermarne il flusso con le mani mi sa che resta nudo;
· non è semplice, all’inizio questa trasformazione schiaccia i più deboli, ma visto che non è un’opzione, ma che comunque corre, bisogna farci i conti ed imparare a metter d’accordo la libertà della rete con le regole. Non è che ancora, a dieci anni da quel febbraio, ci siamo riusciti benissimo, ma almeno abbiamo chiaro l’obiettivo;
· la libertà non è un’opzione, è l’acqua in cui nuota lo sviluppo. “Libertà è sviluppo” diceva tanti anni fa Amartya Sen (a proposito l’ho conosciuto davvero!). Altrimenti c’è la Cina, ma tutti abbiamo visto che fine ha fatto senza più giovani e senza più freni;
· le tecnologie della rete in sé non sono né buone né cattive, ma se non le fermi e se si possono sviluppare sono intrinsecamente democratiche. Certo con molti distinguo che i miei (più vecchi) amici mi ricorderanno, ma aprono strade dove prima c’erano muri, aprono lavori dove prima non c’erano, creano opportunità per chi prima non ne aveva.
· Forte è la tecnologia, ma altrettanto forte deve essere la nostra attenzione: intraprendenti, coraggiosi, innovatori, ma non cojoni! Non c’è retroguardia peggiore di quella che si maschera di “nuovismo”, ma non per nulla siamo diventati vecchi. Abbiamo un po’ di allenamento nello sguardo e non ci fregano tanto facilmente! Il test è semplice: aumenta la libertà? Accresce le possibilità dei più deboli? Apre strade nuove che non hanno barriere d’ingresso? Allora ci piace.
E il domani? Credo, per quanto questo sguardo di settantacinquenne me lo permetta, che l’innovazione non si fermerà e neanche la libertà positiva di intraprendere, di “provarci”, di mettersi in gioco per un domani migliore che necessariamente discrimina tra chi ci ha provato e chi no. C’è sempre stata e c’è ancora la tentazione di dire che non si può fare, che così si ledono diritti, che “forse sì, ma loro no”, che vanno costruiti muri, che ci sono “licenze” da spartirsi, ma per fortuna la forza delle persone che cercano di raggiungere i loro obiettivi è troppo più grande perché è spinta dal bisogno. E contro il bisogno non ci sono assedi preventivi, non ci sono muri, non ci sono regole di carta che tengano. Certo bisogna essere candidi come colombe, ma furbi come serpenti perché tra i “bisognosi” si nascondono ladri e ballerine, ma ce la possiamo fare. Almeno spero.