Dagli imballaggi smart che permettono una migliore conservazione degli alimenti senza ricorrere a prodotti chimici al monitoraggio remoto per l’efficientamento energetico delle strutture di stoccaggio, fino ai secchi per la spazzatura con telecamera, i sistemi di etichettatura digitale, le tecnologie predittive e la blockchain. Sono molti gli strumenti che potrebbero contribuire a ridurre gli sprechi alimentari.
Vediamo come.
Il quadro globale
Sono 1,3 miliardi le tonnellate di cibo andato perduto ogni anno. Oltre un terzo di quello prodotto. Dalla prospettiva del consumatore, lo spreco di generi alimentari è un fenomeno presente sia presso le società più ricche, sia in quelle più depresse. Il benessere genera opulenza, la quale si traduce concretamente in carrelli della spesa esageratamente pieni, alimenti dimenticati in frigorifero e inevitabilmente buttati perché scaduti, porzioni extralarge in ristoranti e hotel. D’altra parte, si osservano situazioni di indigenza e fame che portano le persone a nutrirsi in maniera sconsiderata quando saltuariamente si crea l’occasione, buttando così al vento parte delle derrate.
In entrambi i casi, siamo di fronte a un problema di inconsapevolezza e diseducazione verso una fonte energetica – il cibo, in quanto caloria, è il nostro petrolio, questo va sempre ricordato – la cui produzione è responsabile del 25% delle emissioni di CO2.
Posto quindi che la sostenibilità alimentare dovrebbe rappresentare un pilastro delle politiche green, c’è da fare un distinguo strutturale. Nelle aree economicamente più depresse, è necessaria un’immediata azione politica, finalizzata al miglioramento della qualità della vita. Un’operazione, si sa, raggiungibile grazie a una vera stabilità politica ed economica.
Gli interventi necessari, dalla supply chain al consumatore
Collaterale a questa, certamente dalle proporzioni minori, ma non per questo meno ambizioso, va realizzato un intervento anche a casa nostra, dove il benessere è la fonte degli sprechi di cibo. A monte, lungo le supply chain, quanto a valle, in seno al consumatore finale. Qui risulta importante il ruolo delle istituzioni, per la promozione di investimenti in ricerca e sviluppo, per l’adozione di nuovi materiali di packaging – più sostenibili in fatto di ambiente, ma più affidabili nel garantire la conservazione del cibo – e per l’incentivo all’acquisto di elettrodomestici 4.0, rientranti nella domotica e nella casa intelligente.
Nella produzione
Il buon vecchio codice a barre, presente su tutti i prodotti – almeno agli occhi del consumatore – è da sempre utile per conoscerne prezzo e quantità sul mercato. Oggi, nella sua evoluzione Radio Frequency Identification (Rfid) rappresenta il punto terminale di una lunga sequenza di informazioni, raccolte dal sito di produzione al punto di vendita.
A sua volta, l’adozione di tecnologie predittive e blockchain permette di monitorare, registrare e segnalare il movimento delle merci lungo tutta la catena del valore, identificandone così le aree critiche. La tecnologia blockchain, in particolare, può fungere da libro mastro digitale, utile per i produttori nell’effettuare un controllo immediato e così intervenire nel punto esatto in cui il prodotto potrebbe aver subito un trattamento non idoneo.
Un esempio concreto è dato dai più recenti meccanismi di scarto, come quelli ad aria compressa, che si sono evoluti in modo da rimuovere solamente i singoli prodotti non conformi, mentre in precedenza si finiva per scartarne un’intera linea lungo tutta la larghezza del nastro trasportatore. Controllando le macchine riempitrici a monte, inoltre, è possibile scartare prodotti non conformi e regolare automaticamente la macchina riempitrice collegata, evitando così sprechi a valle.
Nella distribuzione
Presso i punti vendita della Gdp, è strategica l’adozione di materiali che permettano una migliore e prolungata conservazione degli alimenti, senza l’utilizzo di conservanti, per creare una barriera contro umidità, aria, microbi, vibrazioni e urti.
Oggi, il ruolo degli imballaggi alimentari sta cambiando. Si passa da un packaging passivo, che funge esclusivamente da barriera, a uno attivo, che interagisce con i prodotti assorbendo ossigeno o rilasciando antiossidanti e antimicrobici.
Ne è un esempio il progetto NanoPack, finanziato dall’Unione europea. Si tratta di una pellicola con proprietà antimicrobiche che rilasciano piccole quantità di oli essenziali in grado di prolungare la conservazione degli alimenti fino a tre settimane.
Uno step successivo alla riduzione degli sprechi alimentari è dato dall’utilizzo della tecnologia IoT. Smart Packaging, Smart Refrigeration, Monitoraggio della qualità degli alimenti sono tra le tecnologie più comuni, che vanno a intervenire sui sistemi di refrigerazione, essenzialmente monitorando il livello di temperatura e umidità, per mantenere le condizioni perfette di conservazione. Il monitoraggio da remoto è un altro dei vantaggi offerti dalle tecnologie IoT e torna utile per la conservazione e per l’efficientamento energetico delle strutture di stoccaggio o dei mezzi di trasporto dotati di impianti di refrigerazione.
La lotta allo spreco nei supermercati potrebbe trovare un buon alleato nel sistema Wasteless, etichettature digitali provviste di due costi che si aggiornano automaticamente a seconda delle rimanenze: per gli alimenti che scadono prima, si paga meno.
Nel consumo
Per il consumatore che fatica a star dietro alle scadenze dei prodotti del supermercato, la tecnologia si dimostra d’aiuto in termini di packaging e di elettrodomestici di ultima generazione.
È possibile ricoprire il cibo con pellicole trasparenti e commestibili in modo da allungarne la vita. In questa direzione si muovono progetti come Apeel che ricorrono a sostanze naturali (bucce, semi e polpa di frutta e verdura), per creare una sorta di buccia extra. In questo modo si proteggono frutta e ortaggi, evitando l’ossigenazione e mantenendo la giusta umidità. Simile è il funzionamento della pellicola spray, fatta in nanofibra, ricavata dai residui solidi derivati dall’estrazione dei succhi di frutta.
Altrettanto efficace è lo smart packaging che “capisce” quando un alimento è ormai vecchio perché sensibile alla chimica dell’ambiente interno. Via via che il prodotto invecchia, l’aria dentro la confezione diventa più acida (o basica) e di conseguenza il pack cambia colore.
A loro volta, i cosiddetti frigoriferi smart sono pensati per permette di monitorare il loro contenuto. Grazie alle telecamere interne, collegate con mobile, è possibile vedere se sia finito un alimento specifico. In questo modo si evitano acquisti inutili che si trasformeranno inevitabilmente in sprechi.
I ricercatori del Fraunhofer Institute for Electronic Nano Systems (Enas) hanno progettato una app collegata a uno spettrometro a infrarossi portatile, che, grazie alla luce di diverse lunghezze d’onda, riconosce lo spettro caratteristico di ogni campione, siano alimenti o medicinali. Se lo spettro non è quello che ci si aspetta, significa che il cibo non è più integro.
Infatti, tra le cause dello spreco alimentare, c’è la confusione che regna intorno alle date di scadenza. Per limitare questo tipo di sprechi sono allo studio diverse varianti di etichette intelligenti che indicano se il cibo è ancora fresco o meno. Mimica Touch, per esempio, è un’etichetta britannica sensibile alla temperatura e fornisce un’indicazione in tempo reale della freschezza di carne, latticini o succhi di frutta. Anche la startup italiana Safer Smart Labels ha studiato etichette da applicare nelle confezioni di carne e pesce che rilevano l’atmosfera creata intorno ai cibi proteici e, grazie a una scala di colori, indicano se siano buoni o se sia meglio evitare di mangiarli.
Cosa buttiamo, cosa recuperiamo
Cosa buttiamo? A questa domanda risponde la tecnologia di Winnow Solutions, che ha messo a punto dei secchi della spazzatura per le cucine di ristoranti e mense sopra ai quali viene posizionata una telecamera. Tramite un sistema di riconoscimento ottico le immagini vengono elaborate dall’intelligenza artificiale e, grazie alla bilancia digitale collegata, tutto ciò che viene buttato può essere pesato, riconosciuto e categorizzato automaticamente. I dati vengono raccolti e analizzati, permettendo alla cucina di sapere quali cibi vengono sprecati, in quali momenti della giornata o della settimana, qual è la perdita in termini economici e così via.
A sua volta, nato da un’idea della designer italiana Marina Ceccolini, AgriDust rivoluziona il mondo della stampa 3D. AgriDust utilizza infatti scarti alimentari come bucce di mandarino, fondi di caffè, gusci di arachidi, baccelli di fagiolo, bucce di pomodoro, di limoni e di arance. Mescolati con fecola di patate attraverso una combinazione del 64,5% di rifiuti e del 35,5% di amido, questi prodotti di scarto molto comuni si sono rivelati degli efficaci materiali stampabili in 3D.