Il 36% della popolazione italiana risiede nelle 14 città metropolitane; il 70% risiede nel 15,5% dei Comuni che superano i 10.000 abitanti. Bastano questi semplici numeri per comprendere che ogni partita sull’innovazione, sulla sostenibilità, sulla resilienza si giocherà nel campo delle aree urbane di media-grande dimensione in cui la rivoluzione digitale sta intervenendo massicciamente modificando abitudini, relazioni, qualità della vita. Ed è gioco forza ritenere che in questi stessi ambiti si giocherà una fetta molti rilevante dell’economia digitale (e non solo) dei prossimi decenni, anche nel nostro Paese.
Non a caso il tema era stato inserito nell’agenda digitale europea e italiana, ritenendo che lo sviluppo delle reti a banda ultra larga fosse strettamente legato allo sviluppo di servizi innovativi in ambito urbano.
L’avvento del 5G, dell’Internet delle cose, dell’Intelligenza artificiale e delle smart grid sta fortemente spingendo in tale direzione, abilitando una quantità crescente di nuovi servizi ideati e prodotti da migliaia di Startup che stanno letteralmente costruendo un’economia parallela a quella tradizionale, densa di futuro e che, non a caso, tende a condensarsi attorno ai grandi poli urbani, legandosi inscindibilmente con l’attività di ricerca condotta da università e grandi aziende. In tal senso non appare fuori luogo chi da tempo parla di nuovo urbanesimo come motore di sviluppo e di un nuovo umanesimo, in cui i nuovi servizi, 600 anni dopo Brunelleschi e Donatello, rimettono al centro l’Uomo.
Verso la Milano smart city conference
È a partire da queste considerazioni che negli ultimi mesi del 2018, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, è nata l’idea di realizzare a Milano, città simbolo dell’innovazione in Italia, un evento dedicato al concetto di Smart City, sfruttando il timing perfetto della fine del 2019 quando giungeranno a conclusione i progetti sperimentali del 5G e saremo in pieno deployment tecnologico che, ancora una volta, vede protagoniste le città.
Tre le verticalizzazioni che sono state identificate come strategiche:
- l’infrastruttura digitale delle città, ovvero le reti volte a garantire il traffico crescente di dati e la loro elaborazione;
- l’evoluzione tecnologica nel campo della movimentazione di cose e persone;
- il monitoraggio del territorio, ovvero la creazione e l’elaborazione dei big data al fine di garantire predittivamente la security e la safety degli abitanti.
Tre temi fondamentali che verranno affrontati mediante sessioni di “visione” nelle mattinate di lavori e la presentazione di best practices e case history nei pomeriggio, presentando alcune delle migliori realizzazioni in Italia ed in Europa col preciso intento di produrre una contaminazione positiva e di sviluppare emulazione in grado di allargare il bacino delle cosiddette città smart nel nostro Paese.
L’evento si svolgerà nel quartiere fieristico di Milano Rho dal 13 al 15 novembre prossimi nel quadro della manifestazione Smart Building Expo, dedicata alla home and building automation. Una scelta non casuale, dal momento che si vuole evidenziare come il concetto di smart city sia per sua natura olistico, ovvero parta dall’innovazione della casa d’abitazione e dell’edificio produttivo o direzionale, come particella di un insieme più ampio in grado di generare alla fine del processo risultati superiori alla sommatoria delle singole componenti. È infatti la somma di edifici smart – e di cittadini smart, viene da aggiungere – a creare la città smart, e non viceversa.
I temi strategici identificati dalla Fondazione Bordoni, a cui è stato affidato il coordinamento scientifico della manifestazione, stanno a dimostrarlo. Cos’è infatti l’infrastruttura di rete di una città se non la messa a sistema anzitutto degli edifici, a diversa destinazione d’uso, di cui è composta? Come si può sposare l’esigenza di mobilità con spazi sempre più congestionati se non spostando le funzioni e avvicinandole virtualmente alle persone (il caso dell’home banking o di Amazon fanno scuola)? Infine, come garantire azioni consapevoli da parte degli amministratori e delle autorità nel campo delicato della security e della safety dei cittadini se non mediante l’elaborazione di dati in grado di consentire azioni puntuali e predittive?
Un approccio smart per piccole e grandi città
Se è sempre più evidente che senza un approccio smart è impossibile pensare di gestire città di grandi dimensioni, non di meno le tecnologie appaiono fondamentali anche per assicurare i servizi essenziali ai centri urbani più piccoli e decentrati e, non a caso, quando si affronta il tema delle reti, l’approccio deve sfuggire al radicalismo delle singole tecnologie per ricercare viceversa la soluzione migliore, caso per caso.
Un tema strategico a cui sarà dedicata l’apertura dei lavori, fornendo la massima ampiezza di visione, perché quello dell’infrastruttura è questione strategicamente fondamentale a partire dalla consapevolezza che c’è connettività e connettività e non tutto si riduce a questioni di Mbit al secondo o di minima latenza.
L’infrastruttura digitale di una città, infatti, assomiglia più ad una torta millefoglie che ad una struttura monolitica, dove ognuno deve poter scegliere la connettività più idonea a sostenere il proprio servizio. E i soggetti saranno molteplici, dal momento che le nuove applicazioni non vedranno come protagonisti solo gli enti pubblici, ma sempre più saranno frutto dell’azione dei privati.
Share economy e smart citizenship
Applicazioni sempre più fondamentali nella gestione dei luoghi della vita, dove si sta affermando una deregulation basata sull’informazione molto più efficace della gestione verticistica. In altri termini fornire informazioni in tempo reale già oggi consente in molti casi al cittadino di autoregolarsi, di evitare situazioni critiche o di modificare il proprio comportamento; ma anche di risparmiare denaro, evitando per esempio di possedere beni (i veicoli sono un caso eclatante) quando il loro utilizzo medio è molto limitato. In altri termini di avvicinarsi alla share economy e di sviluppare quella che in gergo si chiama “smart citizenship”, che potremmo tradurre in cittadinanza digitale, in grado di trasformare il cittadino da soggetto passivo ad attore del luogo in cui abita e lavora.
La smart city implementa quindi la consapevolezza del vivere civile, basata sull’utilizzo di informazioni sempre più raffinate e dettagliate derivate dall’elaborazione statistica dei big data generati dalle persone e dalle cose che determinano la città stessa. Alla base sta la tecnologia, ma al centro sta l’uomo e le sue esigenze di vita sociale.
È noto, per concludere, che tutto ciò sta generando anche timori, dettati dal disagio di una fascia di popolazione che si ritiene incapace di tenere il passo con un’accelerazione tecnologica non sempre “friendly” e che l’idea che le “macchine” agiscano in autonomia dall’uomo è di per sé un concetto affascinante da una parte e inquietante dall’altra. E qui la Politica e il pubblico hanno un ruolo non delegabile, dovendo implementare i sistemi di mediazione e l’informazione col solo obiettivo dell’inclusività tecnologica come precondizione all’inclusività tout court. D’altro canto i benefici sono sotto gli occhi di tutti, anche di chi sembra non averne consapevolezza.
Ecco perché si è ritenuto di avere anche in Italia un momento di confronto aperto tra Amministratori, ricercatori, tecnici e imprenditori su un tema così centrale dello sviluppo prossimo futuro come la smart city. Dal 13 al 15 novembre, a Milano