Digitalizzazione, sostenibilità e accessibilità rappresentano la trinità dell’evoluzione tecnologica.
La digitalizzazione e la sostenibilità sono due concetti che oggi, sono più
interconnessi che mai. La trasformazione digitale ha rivoluzionato i nostri modi di
lavorare, comunicare e vivere. Ha rimodulato il modo in cui pensiamo al futuro.
La sostenibilità è diventata una priorità globale, perché i futuri possibili sono tanti, alcuni decisamente migliori di altri, ed è cruciale per affrontarli in modo ottimale. Tuttavia, per realizzare il pieno potenziale di entrambi questi parametri, è essenziale considerare anche l‘accessibilità.
Ecco come mappare le barriere architettoniche per rendere le nostre città inclusive.
Politiche di accessibilità: una sfida urgente
Secondo gli ultimi rapporti come Istat ed Eurispes, in Italia le persone che hanno
difficoltà motorie sono circa il 33%, più del 15% sono neurodivergenti e oltre il 50%
hanno esigenze alimentari specifiche. Inoltre, circa 60% degli over 60 ha almeno un deficit sensoriale, senza dimenticarci l’accessibilità ‘pet friendly’. Infatti quasi 1 italiano su 2 ha un cane.
Alla luce di questi dati, l’attuazione di politiche di accessibilità, ovvero tali da
rendere azionabili i principi della sana inclusione, è una delle sfide sociali più
urgenti, a cui anche le imprese sono chiamate a rispondere.
Verso un mondo più accessibile: ecco come mappare le barriere architettoniche
Da queste premesse nasce WeGlad, startup umano-centrica che ha l’obiettivo di
accelerare esponenzialmente, mediante tecnologia, la transizione verso un mondo
più accessibile a tutti.
Attraverso un’app, facilita la mobilità delle persone con difficoltà e disabilità motorie e, con il progetto REACT (Retail Accessibile e Trasparente), favorisce l’inclusività di tutte le categorie, grazie ad un uso intelligente della digitalizzazione delle informazioni.
Da una parte, con la WeGlad App è possibile mappare l’accessibilità fisica di strade e locali aperti al pubblico per chi ha difficoltà motorie e oggi non ha dati per potersi muovere in autonomia.
In pochi clic è infatti possibile segnalare qualsiasi barriera architettonica, taggarla e geolocalizzarla. Stessa cosa con i locali di prossimità.
I dati sono condivisi gratuitamente e in tempo reale con tutto il mondo. Il risultato è la generazione di una mappa intelligente che possa, in base alle esigenze del singolo, guidarlo da punto A verso punto B nel modo più accessibile e sicuro, garantendo inoltre che il punto B possa accoglierlo. Sembra banale, ma è una tortura senza la tecnologia.
Possiamo e dobbiamo definire la disabilità come l’incapacità di un individuo di relazionarsi in modo libero con il contesto che lo circonda, generata da un impedimento presente nell’ambiente. Questo vuol dire che non c’è inclusione senza
mobilità e accessibilità.
In una società moderna questi elementi rappresentano un reale indice di civiltà e progresso, garantendo l’uguaglianza e la partecipazione attiva di tutti i cittadini. Le barriere all’accessibilità di qualsiasi natura, infatti, sono un pericolo critico. Il talento è equamente distribuito nel mondo, le opportunità no.
Le barriere, impedendo la mobilità, interrompendo quel flusso che connette il talento alla sua opportunità più alta, danneggiano la dignità naturale dell’essere umano. La condanna a una vita con uno spazio di manovra esistenziale dato dalla residuale attenzione di un sistema miope, perché ancora poco consapevole.
Rimuovere gli ostacoli è priorità. Promuovere l’accessibilità non è solo un dovere
etico, ma un’azione strategica che arricchisce e rafforza le fondamenta dell’intera
società e richiede un impegno costante e coordinato basato sulla collaborazione di
tutti.
La chiave per una società più inclusiva è mettere ogni individuo nella condizione di contribuire attivamente e di vivere senza limitazioni. Sono purtroppo numerosi i talenti persi, con capacità di impatto di una magnitudo superiore, di cui nemmeno conosciamo il nome, perché mai abilitati.
In questo complesso e a tratti invisibile dramma sociale, ci corrono in aiuto la tecnologia e la digitalizzazione che ogni giorno di più ci permettono, a velocità
sempre più elevate, di rendere le nostre città più sostenibili e accessibili. Oggi
potremmo garantire a tutti la possibilità di vivere a pieno, in modo autonomo. La
chiave è fornire agli utenti indicazioni sull’accessibilità di tragitti e luoghi in modo
trasparente e oggettivo e lasciarli poi liberi di scegliere in maniera consapevole quale
sia la soluzione migliore per le loro esigenze. Questo ci renderebbe davvero
sostenibili.
Il progetto React
Il progetto REACT (Retail Accessibile e Trasparente) punta a coinvolgere i retailer di banche, assicurazioni, food, fashion, telco, franchising e tutti coloro che hanno punti vendita, per completare i loro ‘store locator’.
Ad oggi, purtroppo meno di un retailer su 100, ha dati sull’accessibilità chiari e facilmente fruibili sul proprio sito o app.
Il modello della startup WeGlad nasce per stimolare l’inclusività attraverso la rilevazione dell’accessibilità fisica, sensoriale e alimentare dei punti vendita/filiali per poterli poi integrare con un’interfaccia, direttamente nei propri siti web e app, dove i loro utenti possano consultare in modo intuitivo e pieno la tipologia di servizio di interesse.
Il retail non è sempre accessibile a tutti, ma questo è noto alle persone, e spesso è questione di edifici storici, di locali in affitto su cui c’è poca possibilità di manovra e accordi di franchising complessi. Dobbiamo però capire che la trasparenza batte l’imperfezione.
Oggi il consumatore vuole sapere se un locale è alla portata delle sue esigenze senza investire tempo per spostarsi e scoprire poi di non essere accolto. La trasparenza serve per permettere all’utente anche di scegliere la destinazione migliore tra i locali offerti dall’azienda.
Stiamo facendo un passo avanti nell’inclusività e nella sostenibilità della nostra società. Abbiamo finalmente interiorizzato che lo sviluppo tecnologico sarà la chiave
di volta per garantire a tutti le stesse possibilità, e in questo ci ritroviamo anche nel
nostro nome: WeGlad è la contrazione di ‘Welcome Gladiators’, ovvero benvenuti
gladiatori. Quella del gladiatore è una metafora riferita a tutte le persone che combattono nell’arena della vita, contro difficoltà che non hanno scelto. E che hanno il
ritorno sul tempo investito storpiato da un contesto urbano che non li accoglie.
Perché la disabilità non è loro, ma appartiene al contesto. Persone che, come direbbe Pasolini, parlando del ‘sentimento primo’, da quando sono nate, hanno notato di non essere ‘previste’.
parlando del ‘sentimento primo’, da quando sono nate, hanno notato di non essere
‘previste’. Invece inclusione significa cercarle e accoglierle.
In conclusione, la digitalizzazione e la sostenibilità offrono enormi opportunità per
promuovere l’accessibilità e affrontare le disuguaglianze sociali. Tuttavia, per
realizzare pienamente questo potenziale, è essenziale adottare un approccio
inclusivo che garantisca che tutti possano beneficiare dei progressi tecnologici.
L’inclusione più grande, infatti, è quella di poter accedere al futuro.