attuazione decreto rilancio

Business angel riconosciuti come “investitori qualificati”, l’importanza del decreto startup

Per la prima volta i business angel vengono identificati tra gli “investitori qualificati”, parte dell’ecosistema dell’innovazione italiano, e definiti come soggetti in grado di contribuire alla crescita delle imprese investite grazie alle loro competenze, alla loro professionalità e alle loro capacità organizzative

Pubblicato il 24 Nov 2020

Paolo Anselmo

Presidente Associazione IBAN

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Il decreto attuativo dell’art. 38 comma 3 del decreto Rilancio firmato uscito nei giorni scorsi in Gazzetta Ufficiale non si limita a istituire il fondo Rilancio da 200 milioni per startup e pmi innovative.

Nelle pieghe del decreto ci sono anche importanti novità per i business angel italiani che, dopo alcuni tentativi non del tutto riusciti, si vedono riconosciuti un ruolo di primo piano nell’ecosistema degli “investitori qualificati” in Italia.

Il decreto riconosce i business angel italiani

Con questo decreto i business angel diventano, insieme ad acceleratori e incubatori, family offices e agli investitori regolamentati indicati nel TUF (tra cui le SGR, le SICAF e le SICAV), i soggetti designati a segnalare al Fondo Rilancio di CDP Venture Capital le start-up e le pmi innovative in cui investire.

È l’articolo 5 che infatti stabilisce che il Fondo Rilancio “seleziona le imprese target oggetto di investimento da parte del Fondo esclusivamente tra le start-up innovative e le PMI innovative che verranno segnalate alla stessa SGR da parte degli investitori regolamentati e/o degli investitori qualificati”

Il Fondo Rilancio, come detto, avrà una dotazione pari a 200 milioni di euro, cifra destinata agli investimenti in startup e pmi innovative. Il Fondo sancisce un meccanismo di collaborazione attiva tra pubblico e privato: come è spiegato nel testo del decreto primo ttobre 2020, infatti, Cdp Venture Capital SGR potrà investire fino a un massimo di quattro volte la somma investita dagli investitori privati, qualificati e regolamentati, entro il limite di un milione di euro per singola startup o pmi investita. Gli investimenti iniziali saranno effettuati con finanziamenti convertendo, gli eventuali round successivi si realizzeranno invece tramite l’investimento diretto in equity. Una compresenza tra pubblico e privato che consente, almeno nelle intenzioni, di rendere più robusti gli interventi a sostegno di nuovi progetti imprenditoriali che proprio per questo ancora più bisognose di fiducia e spinta, a maggior ragione in un momento così difficile dal punto di vista economico.

È lettera “i” dell’articolo 1 che definisce chi siano gli “investitori qualificati” che segnaleranno al Fondo Rilancio le startup e pmi innovative in cui hanno investito. Dentro questa definizione, oltre a incubatori, acceleratori, family offices, trovano spazio anche i Business Angel identificati come coloro che “che abbiano investimenti attivi e un track record consolidato nel settore del venture capital nonché competenze, professionalità e capacità organizzative ed economiche adeguate per supportare i progetti di sviluppo delle imprese target definiti nell’ambito dell’operazioni di investimento del Fondo. A tal fine si presume che la partecipazione consolidata ad associazioni di categoria italiane o estere costituisca indice del possesso da parte del business angel dei richiesti requisiti di competenza, professionalità e capacità organizzative”.

Una definizione così completa ed esaustiva in Italia non si era mai vista. L’unico tentativo lontanamente simile di dare un contorno definito alla figura del Business Angel risale alla fine del 2018, quando nella legge di Bilancio per il 2019 (comma 217, articolo 1) si parlava di business angels come di “investitori a supporto dell’innovazione che hanno investito in maniera diretta o indiretta una somma pari ad almeno euro 40.000 nell’ultimo triennio”. In più l’allora Ministro per lo Sviluppo Economico Di Maio aveva parlato della creazione di un apposito Registro presso la Banca d’Italia in cui inserire ufficialmente queste figure di investitori, un’idea rimasta però tale e che non ha mai avuto alcun tipo di seguito.

Nel testo del Fondo Rilancio, invece, la definizione di business angels si allarga e si completa, elimina qualunque riferimento a cifre e orizzonti temporali di investimento, concentrandosi invece sulle capacità dell’investitore, sulle sue competenze e abilità nel supportare e far crescere le società in cui investe. Con questo Decreto i Business Angel ricevono finalmente un riconoscimento esplicito come attori protagonisti  dell’ecosistema innovativo italiano. Un fatto che come IBAN non possiamo che condividere e apprezzare, così come fatto negli ultimi giorni anche da Angelo Coletta, Presidente di InnovUp, e Innocenzo Cipolletta, Presidente di AIFI.

Come identificare un business angel

Ma come identificare un business angel? La norma traccia in modo preciso la direzione: un track record consolidato nel venture capital è certamente una condizione necessaria, ma sono fondamentali anche le competenze, che devono essere adeguate a supportare la crescita e lo sviluppo delle imprese target.  In mancanza di un Albo o di un Registro vengono esplicitamente indicate le Associazioni di categoria per riconoscere la presenza dei requisiti legati alle “competenze, alla professionalità e alle capacità organizzative”. Si tratta, per IBAN, di una chiamata che va gestita con grande impegno e senso di responsabilità. IBAN ha già uno Statuto e un Codice di Comportamento che i suoi associati sono tenuti a seguire.

Alla luce di queste novità diventa ancora più urgente lavorare sulle competenze che i business angel devono avere per rientrare a pieno titolo tra “gli investitori qualificati”. Dobbiamo iniziare a ragionare su percorsi di formazione dedicati, che potrebbero portare alla creazione di un’ Academy, con l’obiettivo di migliorare le competenze dei nostri associati e formarne di nuovi secondo quelle che sono le indicazioni e le buone prassi a livello nazionale e anche a livello europeo.

La vocazione internazionale di IBAN, tra i membri permanenti di BAE – Business Angel Europe, la Confederazione delle Associazioni di Business Angel in Europa nata nel 2013, le consente infatti di avere una visione allargata per essere la voce degli investitori informali non solo in Italia ma in Europa.

Crediamo che questo decreto sia il primo e fondamentale passo verso un riconoscimento sempre più definito e chiaro dei Business Angel, del loro ruolo e delle loro competenze nell’ecosistema italiano dell’innovazione. I successivi capitoli saranno definiti strada facendo; questo primo importante tassello trova il nostro consenso e supporto e avvicina i Business Angel italiani a quelli dei nostri vicini europei.

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