Le proposte

Business angel: tre idee per sostenere investitori e startup nel 2024



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Il 2023 è stato un anno con ombre, ma anche qualche luce, per il venture capital italiano. In un quadro di difficoltà generale i Business Angels hanno comunque mantenuto un ruolo importante nell’ecosistema dell’innovazione del nostro Paese. Ecco, quindi, alcune idee per il prossimo futuro

Pubblicato il 25 mar 2024

Paolo Anselmo

Presidente Associazione IBAN



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Negli ultimi 15 anni, all’interno di una situazione di perdurante crisi economica e finanziaria, si evidenzia un “raggio di sole” che fa ben sperare per il futuro: la congiunzione crescente tra la crescita esponenziale delle start-up e gli investimenti in capitale di rischio degli investitori istituzionali e dei Business Angel.

A decorrere dall’introduzione nel nostro ordinamento della disciplina in materia di “start-up innovative” a mezzo del DL 179/2012, occorre riconoscere che il Legislatore e i primari soggetti pubblici (in particolare Invitalia e CDP Venture) hanno svolto un lavoro di qualità che sempre di più permette di liberare l’estro creativo e le competenze di moltissimi imprenditori (giovani e meno giovani) che decidono di dedicare i loro sforzi allo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali.

Il 2023 dell’angel investing in Italia

Consideriamo il 2023 come un anno di consolidamento del mercato dell’angel investing in Italia, soprattutto con riferimento ai dati fondamentali. Le operazioni svolte unicamente da Business Angels, non includendo le operazioni effettuate attraverso campagne di equity crowdfunding, sono state 75 (78 nel 2022) per un totale di 39,3 milioni di Euro investiti. Dopo la significativa crescita in termini di ammontare investito e il numero di investimenti che hanno determinato la decisa ripresa del settore post-pandemia nel 2021, anche grazie agli incentivi del Decreto Rilancio, e al consolidamento avuto nel 2022, il settore nel 2023 vede una decrescita dell’ammontare complessivo investito, seppur in presenza di un numero di deal che rimane sostanzialmente invariato.

Il 71% delle operazioni monitorate dalla survey IBAN sono avvenute in syndication, con una media di 11 Business Angels per deal (rispetto ai 9 del 2022), evidenziando un rafforzamento della tendenza rilevata negli anni precedenti che vede i Business Angels unirsi in cordate per aumentare l’apporto finanziario complessivo, ridurre i costi individuali di transazione e ridurre il rischio unitario in caso di insuccesso dell’operazione. Gli investimenti in syndication con Venture Capital sono pari a 117 (153 nel 2022) per 639 milioni di Euro.

Complessivamente il totale delle operazioni che vedono la presenza di BA è pari a 192 (75 più 117), su un totale di deal complessivi monitorati dal VeM di 405. Quindi i BA sono attivamente presenti nel 47% delle operazioni effettuate nel 2023.

Nel 2023 è rimasto sostanzialmente invariato il divario tra Nord e Sud, con il 76% degli investimenti effettuati che ha finanziato imprese con sede nelle regioni dell’Italia settentrionale (73% nel 2022) ed in particolare in Lombardia (48%) e Emilia-Romagna (13%)

La componente femminile tra i BA: stato dell’arte e tendenze per il futuro

Una delle tendenze più interessanti monitorate riguarda l’aumento della componente femminile tra i Business Angels che nel 2023 si attesta al 22%, confermando il distacco del 2022 (27%) dai valori degli anni precedenti (14% nel 2021 e 11% nel 2020 e 2019).

Inoltre, il 60% del campione, dei BA coinvolti, afferma di applicare criteri di valutazione ESG e/o di impact investing nel valutare le opportunità di investimento (70% nel 2022). Queste considerazioni in fase di selezione sono determinanti nella decisione di investimento per il 52% del campione. Questi dati dimostrano la forte attenzione dei Business Angels alla sostenibilità e componente ESG degli investimenti anche a fronte di un anno nel quale si osserva una contrazione degli investimenti.

L’apporto di capitali da parte dei Business Angels avviene prevalentemente attraverso la sottoscrizione di Equity; l’aumento dell’utilizzo di misure di protezione del capitale, sottolineano un approccio maggiormente cauto dei Business Angels nel deal structuring che può essere interpretato come un segnale di incertezza sulle prospettive del mercato.

Relativamente alle aspettative sul mercato, nel 2023, il 54% del campione dichiara un obiettivo di mantenere costante, nei prossimi anni, la quota di patrimonio dedicata all’investimento in startup; il 42% dichiara di volerla aumentare.

Nella nostra qualità di operatori impegnati quotidianamente nell’affiancamento agli investitori in start-up riteniamo che il corretto approccio per essere competitivi a livello continentale sia di fornire un contributo costante all’ecosistema.

Tre idee per agevolare una ripresa nel 2024

Sottoponiamo infine all’attenzione generale alcuni suggerimenti tagliati su misura per le start-up, di semplice attuazione e di snello recepimento all’interno di un prossimo Start-up Act 2.0.

Detassazione plusvalenze realizzate da disinvestimenti di somme reinvestite in startup

Introduzione della detassazione delle plusvalenze realizzate dalle persone fisiche mediante disinvestimento (non correlato ad alcun vincolo di periodo di mantenimento) qualora le somme incassate siano reinvestite in una o più startup innovativa entro un ridotto arco temporale.

Estensione detrazioni a “versamenti in conto copertura perdite”

Consentire alle persone fisiche ed alle società di capitali che investono in startup innovative di detrarre/dedurre dal reddito non solamente i conferimenti iscritti ad aumento del capitale sociale e della riserva sovrapprezzo, ma anche gli apporti destinati alla specifica voce di patrimonio netto denominata “riserva copertura perdite”, per la quota effettivamente utilizzata a copertura delle perdite stesse.

Assimilazione delle “perdite su investimento a seguito di liquidazione” alle “minusvalenze”

Consentire alle persone fisiche che investono in start-up innovative di dedurre, in caso di liquidazione dell’impresa, il differenziale tra beni percepiti al riparto e “costo fiscalmente riconosciuto” della partecipazione al netto delle detrazioni di cui ha beneficiato alla data dell’investimento, ovvero considerare il differenziale alla stregua di una minusvalenza da cessione di partecipazione.


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