Da oltre un decennio le cosiddette “politiche fondate sull’evidenza” (evidence-based policies) costituiscono una tendenza dominante dell’azione pubblica in molti Paesi occidentali. L’assunto fondamentale di questo approccio è che, se effettuata con metodo scientifico e secondo procedure indipendenti, l’analisi d’impatto dei dati empirici prodotti da una politica può fornire al decisore pubblico elementi utili per correggerne il corso e migliorarne gli effetti sulla collettività, nonché produrre un dibattito pubblico consapevole, generando una rapporto dialettico virtuoso tra opinione pubblica e legislatore.
Questo concetto ricorre in almeno due punti di Restart, Italia!, il Rapporto della Task Force sulle Startup costituita nella primavera del 2012 presso il Ministero dello Sviluppo economico, e nel conseguente Decreto Crescita 2.0, provvedimento che, com’è noto, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina organica a sostegno dell’imprenditoria innovativa: da un lato, il legislatore ha disposto la pubblicazione online, in formato aperto e riutilizzabile, della sezione speciale del Registro delle Imprese dedicata a questa tipologia di imprese; dall’altro, il pacchetto di norme dedicate alle startup si chiude, all’art. 32, con la previsione dell’avvio di un meccanismo strutturato di monitoraggio e valutazione della politica, prevedendo a tal fine il coinvolgimento dell’ISTAT.
Mentre quest’ultima operazione è in rampa di lancio (il decreto attuativo per la costituzione del panel di valutazione sarà pubblicato con tutta probabilità a gennaio 2014), per ora possiamo “accontentarci” di analizzare a fondo i risultati evincibili dalla pubblicazione online della sezione speciale del Registro delle Imprese.
Mi accingo dunque a riportare i risultati delle elaborazioni che ho compiuto sulla base degli ultimi dati resi disponibili da Infocamere, risalenti a lunedì 23 dicembre. Per ognuna delle rilevazioni messe in evidenza, fornirò in chiusura dell’articolo un commento conciso, con lo scopo di accompagnare il lettore nella valutazione dei dati – senza pretendere, ovviamente, di sostituirmi al suo libero arbitrio nei giudizi.
A circa un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Crescita 2.0, avvenuta il 17 dicembre 2012, le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese sono 1.478.
Guardando alla distribuzione geografica, le regioni e le province più densamente popolate sono rispettivamente Lombardia (303), Emilia Romagna (166), Lazio (148), Veneto (126) e Piemonte (119), e Milano (204), Roma (131), Torino (102), Trento (64) e Bologna (54), con una presenza forte al Nord (59%), equilibrata al Centro (23%) e ridotta al Sud (18%). Considerando la “densità” del fenomeno, la classifica delle regioni e delle province con più startup innovative per ogni 10mila imprese registrate vede sul podio rispettivamente Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia e Marche e Trieste, Trento e Gorizia (elaborazione compiuta su dati Infocamere del 16 dicembre).
Quanto alla distribuzione settoriale, spiccano i servizi (1.149), che includono, tra le altre, le attività di produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (464), ricerca scientifica e sviluppo (263), servizi d’informazione e altri servizi informatici (117), attività degli studi di architettura e d’ingegneria, collaudi ed analisi tecniche (64), attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (53). Seguono industria e artigianato (264) – fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica (63), fabbricazione di macchinari ed apparecchiature (56), fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche (31), altre industrie manifatturiere (22) e fabbricazione di altri mezzi di trasporto (15) – il commercio (53), e, da ultimo, turismo (6) e agricoltura (3).
Con particolare riferimento al tipo di tecnologia sviluppata, 289 startup innovative operano in ambito energetico. Questa tipizzazione produce riscontri pratici importanti, dato che per gli investimenti in private equity che hanno come target questa categoria di startup innovative sono previste detrazioni molto ingenti. Tale agevolazione maggiorata si applica anche alle startup innovative a vocazione sociale (che si connotano per una forte propensione alla risoluzione di problemi di carattere sociale); per la verità, a causa di alcuni colli di bottiglia nel meccanismo di riconoscimento, queste ultime al momento sono presenti in numero esiguo nella sezione speciale; il sistema camerale sta provvedendo a superare questa criticità, e presto si giungerà all’emersione di una cinquantina di startup così qualificate.
Considerando il valore della produzione, 1.281 startup innovative sono riconducibili alla classe A che va da 0 a 0,10 milioni di euro, 168 alla classe B (0,11-0,50), 17 alla classe C (0,51-1,00), 7 alla classe D (1,01-2,00) e 6 alla classe E (2,01-5,00).
Venendo alla natura giuridica, prevalgono nettamente le società a responsabilità limitata (1.233); seguono le società a responsabilità limitata con un unico socio (89), le società a responsabilità limitata semplificate (87), e si segnala la presenza di 29 società per azioni, 23 società cooperative, 14 società a responsabilità limitata a capitale ridotto, 3 società consortili per azioni e 3 società consortili a responsabilità limitata.
630 startup innovative si sono costituite nel 2013, 365 nel 2012, 239 nel 2011, 147 nel 2010, 91 nel 2009 e 5 nel 2008.
Giunti al termine di questa panoramica, concludo con alcuni rapidi commenti sui dati riportati.
Il fenomeno delle startup innovative è più significativo nei territori che fanno registrare una maggiore performance economica (Nord-Ovest, Nord-Est). Per contro, va rilevato che la percentuale delle startup costituite nelle regioni del Sud è rimasta costante nel corso dei 12 mesi di operatività della disciplina, e questa statistica potrebbe migliorare nei prossimi mesi grazie alle risorse finanziarie messe in circolazione nelle regioni convergenza nell’ambito del bando Smart Start.
Nonostante il recente allargamento della platea dei beneficiari agli imprenditori over 35 (modifica intercorsa con il Decreto Lavoro), lo strumento delle società a responsabilità limitata semplificate non sta ancora fornendo dati del tutto soddisfacenti.
Guardando ai dati sul valore della produzione, si deduce che la maggior parte delle startup innovative iscritte è in fase di early stage: non a caso, due terzi di queste imprese sono state costituite da meno di 24 mesi.
Credo valga la pena di spendere due parole in più sulla tipologia dei servizi offerti: se i dati camerali fanno rilevare uno sbilanciamento verso i servizi (78%), è bene sottolineare che questa categoria comprende una schiera vasta ed eterogenea di attività economiche. Un caso esemplificativo a suffragio di questa tesi: D-Orbit, catalogata come startup innovativa operativa nel settore servizi (Ateco M72, ricerca scientifica e sviluppo), sviluppa un dispositivo che offre agli operatori satellitari la possibilità di estendere la vita operativa dei propri satelliti consentendone, al termine della missione, una rimozione sicura, veloce e controllata, evitando che diventino ”rifiuti spaziali”. Non digitale, ICT o app, dunque, ma ricerca scientifica al servizio dell’ecologia spaziale.
Concludo richiamando l’attenzione del lettore su un punto che reputo fondamentale. Le startup innovative iscritte a un anno dall’entrata in vigore della policy sono poco meno di 1.500. Si tratta di una platea ridotta in senso assoluto, se la si confronta cioè con la totalità delle società di capitali (1,4 milioni) o con l’universo delle imprese costituite in qualsiasi forma (includente società di capitali, società di persone, ditte individuali e altre modalità d’impresa, 6,1 milioni; dati Infocamere 2012). Ma una valutazione di questo tipo sarebbe sterile e fuorviante. Tenendo presente che la cifra corrisponde perfettamente alla previsione contenuta nella relazione tecnica che ha accompagnato l’approvazione del provvedimento, è bene sottolineare che l’obiettivo primario della politica a sostegno delle startup è quello di favorire la nascita e lo sviluppo di imprese di nuova generazione capaci di introdurre sul mercato beni, servizi innovativi: frutti di cui anche le imprese tradizionali si possono giovare per rinnovare i propri processi produttivi, allineando la propria offerta con la domanda che scaturisce da una società le cui esigenze sono in costante evoluzione e soggette a rapide trasformazioni a causa dell’elevato sviluppo tecnologico raggiunto negli ultimi anni.
Si tratta insomma di una politica che si propone di produrre effetti consistenti, ma “indiretti” e misurabili nel medio periodo, sul livello di competitività del nostro tessuto economico: ed è proprio per questo che se il 2013 è stato l’anno dell’implementazione della norma primaria e della messa a punto di tutti i meccanismi – fiscali, finanziari, burocratici – necessari ad un corretto funzionamento della “policy startup”, nel 2014 il Ministero dello Sviluppo economico si concentrerà sul raccordo e la creazione di legami tra le startup innovative e le PMI tradizionali.