Ampliate ulteriormente le misure per le startup e le imprese innovative, confermate le agevolazioni per il venture capital, il fondo per il trasferimento tecnologico da 500 milioni e quello per la digitalizzazione della PA. Rimandata la Transizione 4.0 (ex Impresa 4.0) e le iniziative a tutela della proprietà intellettuale sempre rivolte alle realtà innovative come startup e PMI.
Questi gli interventi principali in tema di innovazione contenuti nel Decreto Rilancio pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Buoni spunti, soprattutto per future evoluzioni, ma permane il dubbio che si stia procedendo in modo disorganico. Da valutare il funzionamento e l’efficacia dei nuovi fondi.
Le misure startup e pmi innovative
Il focus più marcato è quello sulle startup. L’articolo dedicato (art. 38) può essere diviso secondo due direttrici. In primo luogo, gli stanziamenti erogati attraverso lo strumento Start&Smart Italia vengono aumentati di 100 milioni di euro. La misura è volta a sostenere la fase di crescita delle startup, guardando alla necessità di rendere scalabili i prodotti e i servizi che da esse scaturiscono. La seconda direttrice, invece, cerca di avvicinare l’Italia ai principali modelli internazionali di venture capitalism. Il Fondo di sostegno ad esso dedicato, infatti, viene dotato di risorse aggiuntive per un totale di 200 milioni nell’anno in corso. Una parte di esso è stanziata per creare maggiori connessioni tra startup e incubatori, acceleratori, innovation hub e altri soggetti pubblici o privati operanti per lo sviluppo delle imprese innovative. Il tutto attraverso l’acquisizione di servizi utili nella loro fase iniziale di sviluppo. Un ulteriore stanziamento di 200 milioni previsto per il Fondo di garanzia Pmi è destinato alle startup che si confermano assolute protagoniste del Decreto.
Tra le forme indirette di supporto all’ecosistema innovativo si segnala l’introduzione di un regime fiscale agevolato esclusivamente rivolto alle persone fisiche che investono in startup o in PMI innovative. La detrazione prevista è del 50 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più start-up innovative per un investimento massimo di 100.000 euro. L’impegno deve essere mantenuto per almeno tre anni. Questa misura è un tentativo di allineare l’Italia alle best practice internazionali. Tuttavia potrebbe presentare alcuni ostacoli. Sia di tipo “culturale” dovuti alla bassa propensione dei piccoli investitori italiani nel micro-investimento a destinatari di questa tipologia. Sia di tipo “formale”. È difficile che consulenti e intermediatori, come le stesse banche, propongano strategie di investimento del capitale che vadano in questa direzione. Potrebbe essere auspicabile, invece, un maggiore coinvolgimento di questi soggetti affinché si facciano promotori e sostenitori del sostegno alle imprese innovative.
Fondo trasferimento tecnologico
La seconda grande novità del Decreto Rilancio è costituita dal Fondo per il trasferimento tecnologico. Istituito presso il Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) avrà una dotazione di 500 milioni di euro per l’anno 2020 e sarà finalizzato a “sostenere e accelerare i processi di innovazione, crescita e ripartenza duratura del sistema produttivo nazionale, rafforzando i legami e le sinergie con il sistema della tecnologia e della ricerca applicata”. La misura e le sue finalità sono sacrosante e si avvicinano a parte dell’attività svolta dall’European Investment Found (EIF) gestito dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI). L’Italia ha storicamente sofferto della carenza di capacità connessioni tra i vari centri di ricerca, pubblici e privati, con il tessuto produttivo. Questo ha portato alla mancata costruzione di un sistema d’innovazione nazionale competitivo e a uno sviluppo tecnologico endogeno frammentato.
Le maggiori incognite relative a questa iniziativa riguardano il ruolo di ENEA. È prevista, infatti, la creazione di una Fondazione Enea Tech (12 milioni la dotazione finanziaria per la gestione) che avrà il compito di gestire sotto la sorveglianza del MISE questo fondo e i relativi progetti. Il rischio è quello di creare un nuovo apparato burocratico con i vincoli ben noti. Oltretutto la presenza di ENEA potrebbe sbilanciare la fase progettuale verso il settore energetico, da sempre il core dell’organizzazione. Per poter garantire il corretto funzionamento del fondo è necessario tenere a mente questi due aspetti e mitigarli.
Le misure per la PA digitale
Anche la Pubblica Amministrazione potrà godere di un fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione di 50 milioni di euro. Le finalità riguardano interventi per “attività, acquisti e misure di sostegno a favore di una strategia di condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico a fini istituzionali, della implementazione diffusa e messa a sistema dei supporti per la digitalizzazione, dell’accesso in rete tramite le piattaforme abilitanti […] nonché finalizzato a colmare il digital divide, attraverso interventi a favore della diffusione dell’identità digitale, del domicilio digitale e delle firme elettroniche. Le risorse sono destinate anche a coprire le spese per le attività e i servizi di assistenza e supporto tecnico-amministrativo necessari a realizzare gli interventi”. La responsabilità e gli interventi specifici sono attribuiti alla Presidenza del Consiglio e, in particolare, al Ministero delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione.
Luci e ombre
Il Decreto Rilancio mostra alcuni spunti di pregio e, allo stesso tempo, carenze e punti interrogativi. Le misure contenute vanno a supportare settori il cui sviluppo può avere un effetto benefico su tutto l’ecosistema innovativo. Potenziare l’ecosistema delle startup e delle PMI innovative è fondamentale per accrescere la competitività del sistema economico e stimolare la concorrenza di idee e pratiche innovative. Di particolare rilevanza anche il Fondo per il trasferimento tecnologico. Uno strumento che in molti altri paesi e all’interno dell’UE ha svolto il fondamentale compito di connettere imprese e settore pubblico, agevolando la circolazione delle conoscenze tecnologiche e favorendo la creazione di nuovi campioni nazionali.
Da un altro lato, emergono dubbi sulle reali intenzioni del governo circa l’innovazione. A partire dalla mancanza di un piano industriale 4.0 che potrebbe giocare un ruolo importante nella ripartenza dopo l’emergenza Covid-19. Si configura poi un ruolo marginale del Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione che rimane sempre più confinato all’interno della PA. Mentre il MISE si conferma come il nucleo centrale delle policy destinate all’industria. La mancanza di coordinamento tra queste due istituzioni – manca un vero punto di raccordo – potrebbe essere di impedimento allo sviluppo di una strategia nazionale per il cambiamento tecnologico. In tal modo non vengono facilitate nemmeno le connessioni tra pubblico e privato, che rischiano di rimanere su due piani sostanzialmente separati.
Il rischio è quello di avere un Paese a più velocità, dove il potenziale dell’industria non viene espresso pienamente e la PA rimane obsoleta e incapace di agevolare il privato.