Il Fondo Nazionale Innovazione è ora in Gazzetta Ufficiale con il decreto che definisce gli interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso le nuove imprese, come annunciato più volte dal ministro del Mise Luigi Di Maio.
Avrà dotazione iniziale circa un miliardo di euro (stimato come garanzia dello Stato, di cui ora da decreto 310 milioni di euro) gestito da Cassa depositi e Prestiti, come indicato dalla Legge di Bilancio 2019. Il percorso per l’avvio del fondo si è concluso lunedì 5 agosto, con la cessione da parte di Invitalia “di una partecipazione pari al 70% del capitale sociale detenuto nella società di gestione del risparmio Invitalia Ventures SGR”, spiega una nota ufficiale del Mise.
Fondo nazionale innovazione speranza contro stasi del Pil
Il decreto stabilisce le modalità di investimento del Ministero dello sviluppo economico attraverso il Fondo di sostegno al venture capital. Ed è una boccata d’ossigeno per l’intera economia, visti i venti di stagnazione che soffiano sul Paese, che l’Istat ha appena certificato, seppur in via provvisoria. Nel secondo trimestre del 2019, infatti, è continuata la fase di sostanziale stagnazione dell’economia italiana che prosegue ormai dal secondo trimestre dello scorso anno. Dopo il lievissimo calo registrato nella seconda metà del 2018 e l’altrettanto marginale recupero del primo trimestre – osserva l’Istat – il Pil ha segnato nel secondo 2019 una variazione congiunturale nulla.
Ecco allora arrivare, con la nascita del Fondo, un concreto sostegno alle imprese, in quanto punta ad abilitare investimenti ad alto moltiplicatore occupazionale per creare nuove opportunità di lavoro e nuove professioni.
Che cos’è il Fondo nazionale innovazione e come opera (dopo il decreto)
Il Fondo nazionale innovazione è, infatti, uno strumento finanziario che agisce come leva strategica per “perseguire con maggiore efficacia l’obiettivo di promozione degli interventi nel capitale di rischio e garantire una adeguata sinergia con gli strumenti già in essere”.
Tecnicamente il Fondo è Invitalia Venture (fondo già esistente del Tesoro) con nuova governance e scopo più ampio, già attive dal momento in pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il Fondo ha 310 milioni di euro ad oggi da decreto, più il 10 per cento (prima della conversione era il 15%) dei dividendi delle società partecipate dal Mef a partire dal primo luglio 2019, di qui la stima di un miliardo di euro (più la quota di privati).
Investe come fondo di fondi in due modalità: o direttamente in startup/pmi innovative o su fondi di venture capital di società autorizzate da Banca di Italia.
Con la pubblicazione del decreto, infatti, sono state stabilite anche le modalità di utilizzo delle risorse stanziate con la delibera CIPE di approvazione della nuova versione del Piano operativo imprese e competitività, che ha stabilito altresì l’articolazione finanziaria delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020.
L’articolo 3 stabilisce, infatti, che il Mise può operare investendo:
- in uno o più Fondi per il venture capital;
- in uno o più organismi di investimento collettivo del risparmio che investono in Fondi per il venture capital, istituiti e gestiti dalla SGR o da altre società autorizzate da Banca d’Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio.
- I fondi gestiti dall’SGR investiranno in altri fondi di venture capital e in startup e Pmi innovative, con l’obiettivo di moltiplicare gli investimenti.
- Le risorse del Fondo potranno essere investite a condizioni di mercato, in regime di esenzione oppure ricorrendo congiuntamente a entrambe le modalità.
- Il Fondo invece anche con investitori privati indipendenti nella misura del 30%. Il decreto prevede un regime di esenzione
È stato stabilito un tetto qualora i Fondi per il venture capital operino a condizioni di mercato: sarà possibile investire una quota non superiore al 15% del valore degli attivi in Pmi emittenti azioni quotate e riportate nell’elenco pubblicato dalla Consob.
Il decreto dà possibilità anche di fare finanza agevolata per un massimo di 15 milioni di euro per pmi (i privati partecipano al 10, 40 o 60 per cento).
Quali sono le società su cui investe il Fondo nazionale innovazione
Quale che sia la forma di investimento, l’intento è quello di investire esclusivamente nel capitale di rischio di Pmi con elevato potenziale di sviluppo e innovative, non quotate in mercati regolamentati, che si trovano nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell’attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion, scale up financing). Insomma tutta quella galassia in cui operano giovanissimi talenti, spesso in fase di sperimentazione, in cui non esiste ancora un prodotto e l’azione non è ancora strutturata, ma che hanno estremo bisogno di trovare qualche investitore disposto a finanziaria anche solo un’idea o un’innovazione.
Il regolamento per le società che gestiscono i fondi
Le società che si candidano a gestire i Fondi per il venture capital, preventivamente autorizzati dalla Banca d’Italia, dovranno redigere un apposito regolamento di gestione da trasmettere al Mise per la preventiva approvazione.
Prima della sottoscrizione da parte del Mise delle quote del rispettivo fondo, il Ministero dovrà valutare la conformità del regolamento alle previsione contenute nel decreto stesso. Un parere che dovrà essere rilasciato entro 15 giorni dalla trasmissione del regolamento. In caso di valutazione positiva il Mise comunicherà alla società di gestione la propria approvazione del regolamento del fondo, ai fini della sottoscrizione da parte del Ministero delle quote del Fondo per il venture capital ovvero del fondo che investe in Fondi per il venture capital. Solo allora si potrà dare avvio alle operazioni di finanziamento.
Gli ambiti di investimento
Gli interventi sono mirati alla copertura dell’intero territorio nazionale, con approccio di investimento che va dal seed capital al capitale per lo sviluppo. Un’attenzione specifica ci sarà per il trasferimento tecnologico e nei settori strategici per la crescita e competitività del Paese, come l’intelligenza artificiale, i nuovi materiali, lo spazio alla sanità, agritech e foodtech, la mobilità, il fintech, il made in Italy e design, l’industria sostenibile.
Restituzione delle risorse dopo liquidazione del fondo
L’articolo 10 stabilisce, infine, le modalità e i termini di restituzione delle risorse una volta che la società di gestione decida di liquidare il fondo. Entro 30 giorni dalla data di liquidazione di ciascun fondo, ovvero di ciascun fondo che investe in Fondi per il venture capital, la relativa società di gestione dovrà restituire al Mise, in qualità di quotista, l’attivo eventualmente derivante dalla liquidazione del medesimo fondo in base alla ripartizione tra i partecipanti e la società di gestione dei proventi e del risultato finale della gestione del fondo derivante dallo smobilizzo degli investimenti del fondo.
L’impatto atteso del fondo nazionale innovazione
L’impatto complessivo del Fondo sul sistema dell’innovazione italiano sarà decisivo? Riusciranno le entrate dello Stato a crescere?
Naturalmente le previsioni di crescita del Paese sono legate al successo dell’iniziativa. Il Governo ci ha puntato molto, non solo da un punto di vista finanziario – la natura specifica dell’intervento può realmente aiutare il Paese a riprendere il cammino della crescita – ma anche perché fare dell’Italia una “smart nation” è ovviamente un obiettivo politico, civile e culturale.
Positivi i primi commenti degli operatori. “Con il decreto che dà il via formale al Fondo Nazionale Innovazione – commenta Angelo Coletta, Presidente di Italia Startup – si completa il quadro dei quattro provvedimenti attuativi più rilevanti, contenuti in legge di Bilancio, che riguardano gli investimenti in startup/pmi innovative: Fondo Nazionale Innovazione, sgravi fiscali al 40%, voucher relativo all’innovation manager e Società di Investimento Semplice. Come Associazione siamo molto soddisfatti del risultato raggiunto, consapevoli di aver dato un contributo importante alla definizione del quadro normativo, ora completato. È un passo decisivo e concreto perché anche l’Italia diventi – grazie alle condizioni normative, finanziarie e industriali – una Smart Nation”.
Oggi l’insieme degli occupati in ambito startup e Pmi innovative è stimato in almeno 50.000 persone.
L’obiettivo del Governo è quello di raddoppiare o addirittura triplicare questo numero in tempi brevi. Numeri che troveranno riscontro nella realtà a patto che si riesca a intercettare quei giovani talenti e quella generazione di lavoro qualificato nel settore dell’innovazione, oggi costretta a trovare sbocchi all’estero, che potrebbe ritrovare anche nel nostro Paese quelle condizioni di opportunità che merita.
Con la speranza che il Paese, nei prossimi mesi, sia uscito dalle secche della stagnazione, vedremo quale sarà stato l’impatto del Fondo e il suo contributo alla crescita economica. Il Mise, infatti, su richiesta del Cipe, potrebbe essere chiamato a riferire annualmente sull’allocazione delle risorse in favore delle diverse iniziative e sull’attuazione degli interventi.
A conti fatti, tra un anno, si scoprirà se i piani e i progetti avranno funzionato e la bontà delle iniziative che il Fondo sarà riuscito a promuovere. E se si sarà imboccata, finalmente, la strada dello sviluppo giusto e sostenibile. L’unica percorribile per puntare sulle potenzialità di risveglio dell’Italia.
[1] Si tratta del Decreto 27 giugno 2019 recante “Definizione delle modalità di investimento del Ministero dello sviluppo economico attraverso il Fondo di sostegno al venture capital” (GU Serie Generale n.176 del 29-07-2019).