I decreti appena approvati, relativi al Fondo Nazionale Innovazione (FNI) e al voucher innovation manager, rientrano in quella serie di iniziative del nostro Governo atte a far recuperare al Paese il terreno in termini di competitività, rendendolo “smart”, innovativo e all’avanguardia per poter essere pronto ad affrontare le sfide del piano strategico Europa 2020 e dello scenario mondiale attuale in cui ci troviamo.
Siamo, dunque, dopo anni di attesa, davanti a misure atte a facilitare gli investimenti in imprese, soprattutto nelle PMI e start-up, per aiutarle a recuperare terreno in un contesto di mercato altamente globalizzato e sfidante a causa dei continui mutamenti economici, sociali e geopolitici.
Si tratta, tuttavia, soltanto di un primo passo, per quanto importante, di un cammino molto lungo complesso per il nostro Paese, che dovrà scardinare vari ostacoli, primi fra tutti la lentezza della burocrazia e la resistenza culturale al cambiamento.
Il fondo nazionale innovazione
Il FNI verrà gestito da Cassa Depositi E Prestiti (CDP). Si prefigge, attraverso l’investimento di risorse pubbliche e private nel settore dell’innovazione, di contrastare la cessione, la dispersione di talenti nazionali, proprietà intellettuali e asset strategici che negli ultimi anni sono stati letteralmente “svenduti” all’estero.
Il FNI disporrà di circa 1 milione di euro che verrà impiegato utilizzando la modalità del Venture capital, i.e. investimenti diretti o indiretti, per start-up e PMI innovative, utilizzando Fondi generalistici, verticali o Fondi di Fondi.
Si vuole, di fatto, garantire una maggiore innovazione tecnologica alle imprese nazionali affinché possano, attraverso il coordinamento di risorse pubbliche-private, diventare più performanti, maggiormente stabili economicamente e più competitive nel mercato globale, creando un “humus fertile” per il ritorno di nuovi investitori nazionali e internazionali che potrebbero contribuire a rilanciare l’economia del Paese.
Il FNI è da considerarsi come una vera e propria leva strategica atta a convertire il nostro Paese in una “smart nation”. Esso vuole favorire gli investimenti, cosiddetti, ad “alto moltiplicatore occupazionale” al fine di creare nuove opportunità lavorative e nuove figure professionali.
Voucher innovation manager
Il cosiddetto Voucher innovation manager è il contributo a fondo perduto per l’acquisto di prestazioni consulenziali finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale. Il decreto, varato qualche giorno fa, indica nel prossimo 25 ottobre la data di completamento della raccolta delle iscrizioni degli “innovation manager” e delle società di consulenza nell’elenco da istruire presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
In base al comma 228 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2019, si prevede l’istituzione di 2 periodi di imposta, successivi a quello in corso al 31.12.2018, di un incentivo per le micro imprese e le PMI che intendano avvalersi di un temporary manager o società di consulenza, per “sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal piano nazionale impresa 4.0 e di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell’’impresa, compreso l’accesso a mercati finanziari e dei capitali”.
Sappiamo che l’importo dei voucher varia in base alla tipologia dell’azienda ed è necessario sottoscrivere un contratto di servizio tra le imprese/reti di imprese e le società di consulenza/manager qualificati a fronte di prestazione di consulenza strategica e specialistica.
Dunque, una e vera e propria trasformazione in nome dell’innovazione, che faciliterà l’implementazione di processi di valorizzazione dei brand italiani e garantirà alle nostre aziende un maggiore capacità ad affrontare le sfide dei mercati globali.
Riflessioni
Le nostre PMI devono necessariamente innovarsi e sfruttare le “leve” tecnologiche. Ma non si tratta solo di incentivare le persone cosiddette “fisiche”, bensì è necessario soprattutto incentivare le “persone giuridiche”, ossia le imprese cosiddette mature in grado di investire nelle PMI innovative. Una conditio sine qua non, come più volte sottolineato anche da Carlo Robiglio (Presidente Confindustria PMI e Vicepresidente Confindustria) che comporta un doppio vantaggio. Da un lato chi investe può sfruttare in toto la open innovation, il know-how e le competenze di PMI innovative e, dall’altro lato, le PMI innovative possono essere aiutate ad aumentare la propria “dimensione” e cultura grazie, appunto, al supporto, alla capacità di internazionalizzazione e presenza sul mercato domestico ed internazionale delle società più mature che investono.
Un cammino lungo e non semplice attende il nostro Paese che deve affrontare anche vari impasse, tra cui la lentezza dell’iter burocratico. Assistiamo già, per esempio, ad un ritardo di ben oltre 90 giorni della entrata in vigore del Voucher innovation manager che sarà usufruibile, purtroppo, solo per 1 anno e, praticamente, assistiamo nuovamente a quanto già accaduto lo scorso anno per il credito di imposta in termini di Formazione 4.0.
Dobbiamo anche ricordare che il decreto del 29 luglio 2019 precisa che, dopo la scadenza del 25 ottobre 2019 il Ministero, in base alla congiuntura del momento, potrà provvedere all’aggiornamento o alla riapertura ciclica dell’elenco MISE sulla base delle risorse finanziarie disponibili, oltre ad avere la facoltà di modificare tale elenco e provvedere alla cancellazione dei soggetti iscritti.
Inoltre, l’iter per attuare questa trasformazione non è ancora finito: il Governo deve ancora lavorare perché tutto proceda in modo resiliente ed olistico. Sarà necessario, per “chiudere il cerchio”, un ulteriore decreto – si spera in tempi brevi – che stabilisca le modalità di richiesta dei voucher, i termini di presentazione degli stessi, i criteri di valutazione delle domande e dell’assegnazione prioritaria delle risorse disponibili.
Ricordiamoci che la corsa all’innovazione implica, necessariamente, la diffusione di una nuova cultura tecnologica/digitale che aiuti i vari attori coinvolti a gestire le sfide ed i rischi che la trasformazione 4.0, e a breve quella 5.0, comportano.
Dunque una cultura che deve entrare in toto nelle competenze di general management, una cultura che implica un approccio strategico, imprenditoriale oltre che un cambio dei modelli organizzativi ed il coinvolgimento di tutti gli attori, così come sarà importante diffondere l’implementazione delle linee guida della continuità operativa, della gestione del rischio e della resilienza se si vorrà facilitare la trasformazione a livello di sistema Paese e renderlo all’altezza del cammino intrapreso.