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Il futuro del CleanTech in Italia: come creare un ecosistema che funziona



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Il settore del CleanTech in Italia è in crescita, con 87 milioni di euro investiti nel secondo trimestre del 2024. Tuttavia, l’Italia è ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei. Per colmare questo divario, è necessario sviluppare un ecosistema solido che coinvolga investitori, imprenditori, aziende, governo e università

Pubblicato il 2 ott 2024

Claudio Colombo

Managing Director di NextSTEP



clean tech (1)

Il settore del CleanTech in Italia sta vivendo un momento di crescita significativa, come evidenziato dall’ultimo Osservatorio sul Venture Capital di Growth Capital. Con 87 milioni di euro investiti nel secondo trimestre del 2024, su un totale di 228 milioni di euro, il CleanTech si è posizionato come la verticale con il maggior capitale investito, superando anche intelligenza artificiale e Machine Learning, i trend del momento.

CleanTech, perché l’Italia è in ritardo

Questi dati sono molto incoraggianti e sono un chiaro indicatore dell’interesse e delle potenzialità che il CleanTech sta suscitando nel nostro Paese. Tuttavia, nonostante questi segnali incoraggianti, l’Italia rimane indietro in termini di investimenti complessivi rispetto ad altri Paesi europei, con un impatto anche sul settore CleanTech.

Ma perché l’Italia è in ritardo? La risposta è la mancanza di un ecosistema consolidato, che non permette lo sviluppo costante di startup di successo. Per costruire un ecosistema adatto alle giovani imprese è necessario creare condizioni favorevoli per le tre componenti che lo compongono: investitori, imprenditori e aziende. Tuttavia, questo obiettivo può essere raggiunto solo grazie al supporto del governo e delle università.

Questo concetto assume ancora più rilevanza quando si parla di CleanTech, un settore in cui le regolamentazioni sono fondamentali e dove la necessità di investimenti in startup è più alta, trattandosi, nella maggior parte dei casi, di startup hardware Deep Tech dove l’innovazione richiede competenze tecniche molto importanti.

Il ruolo degli investitori e del governo

Analizzando i dati dell’Osservatorio, emerge un significativo divario di investimenti rispetto ad altri Paesi europei. Non sorprende che il Regno Unito domini con 8,7 miliardi di euro investiti nella prima metà del 2024, a fronte dei soli 671 milioni dell’Italia, seguito dalla Francia con 3,9 miliardi; ma il nostro Paese è indietro anche rispetto alla Spagna, con 800 milioni, un paese che è invece nelle nostre possibilità raggiungere.

Inoltre, mentre l’Europa continua a registrare una crescita, il secondo trimestre del 2024 in Italia ha segnato un calo nell’ammontare degli investimenti, il più basso dal primo trimestre del 2023, e nel numero di operazioni, il più basso dal quarto trimestre del 2020.

Per questo motivo gli investitori, sia privati che pubblici, giocano un ruolo cruciale nella crescita del CleanTech in Italia. Sebbene vi siano stati progressi, con un incremento dei fondi dedicati e nuovi investimenti in pipeline, siamo ancora indietro ed è necessario un incremento degli investimenti, soprattutto nelle fasi avanzate delle startup, dove il nostro Paese è più carente.

Il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti

Grazie a CDP, che prosegue con costanza l’ottimo lavoro iniziato ormai da diversi anni, si può intravedere una luce. Sempre riprendendo le informazioni dell’Osservatorio, dopo aver approvato il piano industriale con ulteriori €3,5 miliardi di euro di investimenti dal 2024 al 2028, CDP è pronta a rinnovare l’allocazione del capitale. Nel secondo trimestre del 2024, inoltre, sono stati annunciati in Italia 4 nuovi fondi per un AUM totale di oltre €300M di euro, che potrebbero incrementare l’attività di investimento.

Tuttavia, è necessario fare di più. Il governo, oltre a stanziare più budget, deve facilitare la crescita di fondi privati, semplificando la burocrazia, e favorire una collaborazione sempre più strutturata tra investimenti pubblici e privati.

La necessità di un quadro normativo semplificato e chiaro

Inoltre, ha il compito di creare un ambiente normativo favorevole, sia dal lato sostenibilità, sia dal lato startup. Serve un quadro normativo semplificato e chiaro, che includa incentivi fiscali e politiche a sostegno delle energie rinnovabili, dell’economia circolare e dell’AgriTech, essenziale per accelerare lo sviluppo del settore.

In ultimo, è cruciale che il governo favorisca la centralizzazione degli ecosistemi di innovazione, riducendo la frammentazione attuale e creando hub strategici che possano attrarre talenti e risorse. In Italia esistono troppi micro-ecosistemi, al contrario di esempi come il Regno Unito dove Londra è il punto nevralgico, così come Parigi per la Francia.

Il ruolo degli Imprenditori, delle Università e delle aziende

Gli imprenditori sono al centro dell’innovazione nel CleanTech, ma per avere successo devono affrontare sfide significative, come lo sviluppo di prodotti tecnologicamente avanzati che siano anche commercialmente competitivi e scalabili.

Per raggiungere questo obiettivo, è sicuramente importante accedere ad investimenti adeguati, ne abbiamo parlato in precedenza, ma non basta. Innanzitutto, gli imprenditori devono avere competenze tecniche per sviluppare i prodotti, ma anche abilità commerciali per renderli appetibili sul mercato. In questo contesto, le università italiane devono assumere un ruolo più attivo nella formazione dei talenti necessari ad alimentare l’ecosistema CleanTech. Oltre a fornire competenze tecniche, l’ambiente accademico deve promuovere una mentalità imprenditoriale tra gli studenti, preparando le nuove generazioni a diventare i leader del settore. Sebbene le università italiane siano ben posizionate per quanto riguarda la formazione tecnica, sono ancora indietro nella promozione dell’imprenditorialità, soprattutto se confrontate con quelle statunitensi.

La collaborazione tra startup e aziende

Oltre al supporto delle università, è fondamentale una collaborazione tra startup e aziende, che è attualmente limitata dalla differenza insita di obiettivi: le startup sono orientate alla creazione di prodotti innovativi (focus sul prodotto), mentre le aziende tradizionali sono spesso focalizzate sulla parte commerciale (focus sul costo).

Per superare questa barriera, le startup devono lavorare fin dall’inizio per sviluppare prodotti che siano tecnologicamente avanzati, ma anche commercialmente competitivi e sostenibili.

Open innovation e sostenibilità

Allo stesso tempo, le aziende devono adottare una maggiore propensione al rischio e abbracciare sempre di più lopen innovation, indirizzandola verso la sostenibilità – parliamo quindi di Innovability (innovation più sustainability), termine coniato da Ernesto Ciorra ed Enel. In questo senso si nota una transizione importante, con molti nuovi CEO che hanno un background in sostenibilità, un elemento che può dare un boost verso l’integrazione di pratiche sostenibili nelle aziende. Questo si aggiunge all’incremento generale dell’interesse verso la sostenibilità e degli investimenti in questo senso, grazie sicuramente ad una sensibilità maggiore verso il tema, ma anche a nuove regolamentazioni, soprattutto a livello europeo.

Questa integrazione tra università, startup e aziende, deve essere sviluppata e richiede la creazione di programmi di formazione mirati e partnership strategiche.

Il futuro del CleanTech in Italia

Il futuro del CleanTech in Italia dipende dalla collaborazione efficace tra investitori, imprenditori, aziende, governo e università. Solo attraverso un impegno concertato di tutti gli attori coinvolti sarà possibile sfruttare appieno il potenziale di crescita del settore e posizionare l’Italia come leader nel panorama internazionale del CleanTech.

I dati sono comunque incoraggianti. Secondo il report sullo stato dell’ecosistema CleanTech in Italia di “CleanTech for Italy” e “Mito Technology”, si prevede che in Italia ci possano essere investimenti in fondi dedicati al CleanTech di circa 1 miliardo di euro tra metà 2024 e metà 2025.

Si possono inoltre notare investimenti importanti, come ad esempio il Series B da 55 milioni di euro di Energy Dome, che dimostrano il potenziale italiano agli occhi interni ed esterni, sia in Europa che a livello globale.

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