Con la conversione del Decreto Sviluppo in legge, da qualche giorno esiste in Italia una nuova categoria giuridica: la startup. Nel 2013 dovrà essere attuato il provvedimento che punta a stimolare il settore delle startup innovative e del venture capital nel nostro paese. Adesso si vedrà come verrà attuata la legge e se sarà efficiace nel produrre effetti concreti. Le società che rientrano nei parametri definiti per legge si potranno iscrivere ad appositi registri gestiti dalle Camere di Commercio. Nell’impostazione del provvedimento, essere una startup consente di accedere a vantaggi sia per i fondatori che per il lato degli investitori.
Per i fondatori vi è una lieve riduzione nel costo di avvio, una normativa lavoristica più flessibile, la possibilità di emettere stock options, di pagare con equity, una liquidazione più agevole, il supporto dell’ICE per l’internazionalizzazione. Infine, una volta che sarà regolamentato da CONSOB, la possibilità di raccogliere capitali presso il pubblico tramite il crowdfunding. Per gli investitori ci sono detrazioni fiscali di circa il 20% sia per investimenti diretti in startup che in fondi di venture capital. Detrazioni che valgono sia per investimenti effettuati da privati che da aziende.
Il 2013 sarà l’anno in cui dovrà succedere tutto questo, è questo è un ottimo inizio, ma sarà sufficiente?
Il nodo che il provvedimento non ha sciolto è purtroppo quello delle risorse. Il fondo di fondi, provvedimento che avrebbe fatto affluire risorse fresche alle startup Italiane in modo sistemico e strutturato è saltato nella discussione del Decreto. Tutto questo è successo in un momento in cui i capitali di venture capital disponibili per il sistema sono in via di esaurimento e una buona metà dei venture Italiani sta facendo fundraising, con grande difficoltà. Sono mancate le risorse dirette, ma soprattutto è mancato un segnale deciso al sistema degli investitori Istituzionali Italiani. E’ mancata la ‘moral suasion’ necessaria al sistema, probabilmente più importante delle risorse dirette stesse. Sotto questo profilo, è auspicabile che la legge sulle startup risvegli l’attenzione degli investitori istituzionali. Un fenomeno che comunque si è avviato durante la discussione del Decreto, grazie all’attività della Task Force di Corrado Passera.
Le startup generano sviluppo, ricchezza e soprattutto posti di lavoro netti per l’economia. Contribuiscono alla competitività di un paese, alla sua maggiore efficienza. Sono il primo anello della catena alimentare del capitale, spesso finiscono in pancia a grandi aziende che grazie ad esse conquistano nuovi mercati o producono efficienze. Spesso creano mercati nuovi o catturano sacche di crescita che oggi sono ampiamente disponibili, se si è disposti a giocare una partita globale.
Sono queste le ragioni per cui questo settore merita l’attenzione di investitori istituzionali, che spesso hanno questi tra i propri scopi. Una quota limitata degli asset gestiti da questi attori nella direzione delle startup è l’unico modo di creare un mercato sostenibile ed un ecosistema sano nel lungo periodo.
Uno dei più grandi investitori di venture al mondo è Calpers. Il fondo pensione dei dipendenti pubblici dello Stato della California. Makes sense, no?
La moral suasion quindi è fondamentale così come lo sarebbe una cabina di regia strategico-finanziaria per fare dell’Italia un posto in cui ha senso fare una startup. Ma non saranno i provvedimenti di legge da soli in grado di fare molto se come collettività non ci appropriamo del senso ultimo di investire in questo campo. Che è quello di produrre le nuove aziende che daranno da lavoro ai nostri figli. Buon 2013.