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Venture capital italiano, un bel 2024: ecco le opportunità



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Il Venture Capital italiano mostra segni di maturazione più che di rallentamento. L’enfasi sugli stadi iniziali delle startup, l’ingresso di nuovi attori come i venture studio e la partecipazione crescente di investitori internazionali, family office e mondo corporate disegnano un ecosistema in evoluzione

Pubblicato il 27 dic 2023

Giancarlo Vergine

Tech Entrepreneur | Crowdfunding Expert



startup Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Se il 2022 si era attestato come l’anno migliore per il venture capital italiano, grazie alla forte crescita in termini di investimenti verso startup e tech company, con l’approdo nel bel paese anche di un discreto apporto di investitori internazionali e il conseguente sfondamento della soglia dei 2 miliardi di euro di raccolta, purtroppo non si può dire lo stesso per il 2023, che vede di fatto un passo indietro soprattutto in termini di capitali raccolti.

Ma si tratta davvero di un rallentamento o stiamo assistendo piuttosto a una crescita qualitativa dell’ecosistema del VC italiano?

Il panorama del Venture Capital italiano nel 2023

Seppur l’indicatore appena citato ci possa far apparire una situazione alquanto “tragica”, nella realtà dei fatti sono stati fatti numerosi passi avanti anche in questi ultimi 11 mesi, e l’ecosistema italiano continua ad essere, per quanto riguarda i VC, il secondo mercato per velocità di crescita (VC fastest growing market), e questo non è un fattore banale, soprattutto per gli osservatori internazionali.

Secondo il report dell’Osservatorio sul Venture Capital – Italia Q3-23 redatto da Growth Capital in collaborazione con Italian Tech Alliance, al 30 settembre di quest’anno erano stati chiusi 223 round di finanziamento (in calo rispetto ai 256 dello stesso periodo del 2022), raccolti 772 milioni di euro (più della metà in meno rispetto agli oltre 1,6 miliardi raccolti lo scorso anno nello stesso periodo), con 41 round series A, 11 series B (6 in meno rispetto allo scorso anno). Sempre nello stesso report sono indicate però ben 41 exit, indicatore in crescita che ha quasi raddoppiato le 26 del 2022.

Un indicatore molto significativo che testimonia la crescita in termini di maturità del nostro ecosistema è data sicuramente dal progressivo spostamento della distribuzione degli investimenti verso round di dimensione più grande.

La distribuzione degli investimenti nel 2023

Allo stesso tempo è molto interessante quello che si sta registrando nel 2023 in termini di distribuzione degli investimenti in base alla tipologia dei round. Infatti se per tutti gli stage la distribuzione è mediamente simile da 5 anni, nel 2023 si sta registrando un aumento degli investimenti in pre-seed, rispetto allo scorso anno. Segnale da un lato che stanno nascendo realtà molto interessanti, che nei loro mercati potranno competere a livello internazionale, e dall’altro lato che i VC italiani non vogliono perdersi l’opportunità di entrare in aziende ad elevato potenziale a valutazioni in linea con il mercato italiano, prima che queste ricevano i capitali da fondi internazionali, a valori decisamente più alti, di fatto tagliando fuori gli operatori italiani.

I settori maggiormente attenzionati dagli investitori, in termini di numerosità dei deal, sono Smart City, Deeptech e Software, mentre dal punto di vista dei capitali raccolti, il settore Software balza al primo posto, con oltre 150 milioni investiti, seguito da Smart City (138 milioni) e dal Fintech (127 milioni).

Gli investitori nel VC italiano: un terzo è internazionale

Anche nel 2023 in media un terzo degli investitori attivi (circa il 35%) è internazionale. Secondo il report dell’Osservatorio sul Venture Capital – Italia Q3-23 nel 2023, alla chiusura del Q3 2023, considerando attivi, tutti gli investitori che hanno fatto almeno un’operazione durante l’anno, il 62% sono italiani, il 24% arriva dal resto d’Europa, l’8% dagli USA mentre il restante 6% dal resto del Mondo.

Segnale molto interessante, che rispecchia l’andamento degli anni precedenti, e che vede un interessante lavoro di networking internazionale favorito anche dal folto gruppo di Italians in VC, professionisti italiani che lavorano all’interno di fondi e operatori di VC in tutto il mondo, e che hanno iniziato a ricevere numerose opportunità di investimento dal nostro paese, condividendo il dealflow di startup italiane all’interno dei rispettivi comitati d’investimento. In questo modo hanno permesso di aprire una vetrina sempre più grande sul mercato italiano, di fatto spingendo altri operatori italiani ad ottimizzare i processi di investimento, per evitare di restare fuori dai deal più interessanti.

Di fatto questa crescita di opportunità e di professionalità nel mercato dei capitali, ha di fatto innescato la crescita della qualità, sia in termini di progettazione che di esecuzione delle startup del Bel Paese, avviate sempre più spesso dai primi “exited” founders, ossia imprenditori, alla loro seconda o terza esperienza a capo di un’azienda innovativa a seguito di precedenti esperienze di successo. Casi emblematici sono Jet HR, Qomodo e Dreamfarms che hanno chiuso di recente importanti round a 7 o addirittura 8 cifre, in fasi di maturità embrionali, grazie proprio al fatto di essere state fondate da founder con precedenti esperienze.

Questo circolo virtuoso che lentamente si sta innescando nel nostro paese, che si alimenta grazie all’incremento delle exit per acquisizione, è una delle principali forze trainanti del mercato del venture capital, che ha reso grande la Silicon Valley e Israele, e che si sviluppa grazie alla nascita degli unicorni o appunto all’incremento del mercato dell’M&A per le aziende innovative.

Il ruolo dei venture studio e dei nuovi VC nel panorama italiano

Altra traiettoria interessante è quella relativa alla nascita e proliferazione di venture studio, sia italiani che esteri, e fondi di VC di varia grandezza che stanno nascendo nel nostro paese. Proprio di recente è partito ufficialmente il fondo di Venture Capital capitanato da Alessandro Benetton, 2100 Ventures, con sedi a Londra e Milano e con dotazione da 30 milioni, e già qualche investimento all’attivo, che si propone come nuovo player italiano per gli investimenti early stage, dal pre-seed al series A, che vuole fare da ponte per le startup italiane B2B, grazie all’importante network industriale e finanziario di cui fa parte, con i mercati internazionali.

L’interesse dei family office e del mondo corporate per il Venture Capital

Il lancio di questo fondo, come diramazione venture di un importantissimo family office italiano, quale quello di Alessandro Benetton, ci indica anche come l’interesse verso il venture capital da parte delle storiche dinastie industriali italiane sia sempre in crescita. Infatti Benetton si aggiunge ai fondi già operativi da qualche anno dei Moratti, con Milano Investment Partners, Berlusconi con H14 e Ithaca, Agnelli con Exor Ventures, Angelini con Angelini Ventures e Zambon con ZCube, solo per citarne alcuni dei più noti.

E se l’interesse per il venture capital da parte dei family office è in crescita, ci si aspetta che cresca anche quello da parte del mondo corporate. Molto interessante vedere la nascita di realtà quali Generali Ventures, fondo lanciato di recente e con una dotazione di 250 milioni che si aggiunge ad A2A Venture Capital, ADR Ventures (Aeroporti di Roma), Sella Ventures di Banca Sella, Brembo Ventures, Chiesi Ventures, Eni Next, Edison Venture Capital, Iren UP, Reale Group Corporate Venturing, Neva Sgr di Intesa San Paolo, Terna Forward, Tim Ventures e Zanichelli Venture solo per citare le più importanti. Questo tipo di attenzione del mondo corporate rispetto al mercato dell’innovazione e delle startup, permette di accelerare la nascita e lo sviluppo di startup volte a risolvere problemi o semplicemente innovare settori tradizionali, con già un percorso spianato verso potenziali operazioni di acquisizione da parte di questi colossi, di fatto incentivando una maggiore propensione all’imprenditorialità anche da parte di middle e top manager.

Conclusioni

Per concludere se da un lato la situazione economica e macro-economica a livello mondiale ha di fatto rallentato la crescita e lo sviluppo del mercato del venture capital anche nel nostro paese, tenendo il dry powder (polvere da sparo) dei fondi al riparo da deal ad alto rischio e con valutazioni fuori mercato, portando molti unicorni e non solo a dover ricorrere a down round per poter sopravvivere, dall’altro sembra che il mercato italiano del venture capital e tutto l’ecosistema circostante si stia incanalando in un percorso di crescita qualitativa e professionale che presuppone possa portare ad un conseguente ritorno alla crescita finanziaria.

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