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Investimenti in startup: com’è messa l’Italia sullo scacchiere globale

Nel 2021 sono stati investiti in startup in Italia un miliardo e mezzo di euro. Si tratta di un record rispetto agli anni precedenti. Ma ancora molto poco rispetto a Germania e Francia. Il problema è di tutto il sud Europa. I numeri

Pubblicato il 11 Feb 2022

Pierluigi Casolari

founder di Unconventional Road, autore di Startup 3.0, blog su startup, innovazione e web 3.0

startup Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Gli investimenti in startup sono ormai una parte integrante della geopolitica e l’Europa si trova in mezzo a due fuochi: da un lato quello americano di cui insegue il modello neoliberale e dall’altro quello asiatico, che è sviluppato con una più forte partecipazione pubblica.

E l’Italia, come si muove su questo scacchiere?

Il mercato startup USA è a livelli mai visti. E l’Italia?

Investimenti in startup, il mercato globale

In termini di capitale investito, si è passati da 18,8 miliardi di euro del 2015 ai 102,9 miliardi di euro del 2021. È un risultato senza precedenti, soprattutto se si considera che gli investimenti sono raddoppiati rispetto al 2020. Cresce in maniera esponenziale il numero di startup finanziate, passate dalle 8.893 del 2020 a 10.583 nel 2021. Insomma, le startup europee convincono i fondi di Venture Capital, nonostante la complessità di un mercato che chiaramente non è unico. I confini nazionali ci sono ovviamente. E pesano. Basti pensare che in USA nel 2021, gli investimenti in startup hanno superato i 300 miliardi.

Il mercato USA è evidentemente un mercato più facile. Le startup possono fiorire in un contesto omogeneo per lingua, cultura, tradizione e regolamentazione, al netto di qualche specificità dei singoli stati.

Investimenti in startup, com’è messa l’Italia

Nell’Europa del Sud gli investimenti in startup sono di un ordine di grandezza minore. Nel 2021 sono stati investiti in startup in Italia un miliardo e mezzo di euro. Si tratta di un record rispetto agli anni precedenti. Ma ancora molto poco rispetto a Germania e Francia. Proprio quest’ultima ha recentemente celebrato con le parole di Macron i suoi 16 unicorni, ovvero 16 startup con una valutazione superiore al miliardo.

Gli unici unicorni italiani sono Yoox (che però è stata acquisita dal gruppo Net A Porter) e Depop (che però ha sede a Londra). In generale è tutto il Sud Europa che sconta ritardi rispetto al resto dell’Europa, attraendo meno del 5% di tutti gli investimenti. Una delle poche eccellenze da questo punto di vista è rappresentato dalla regione catalana della Spagna, che da sola equivale all’Italia in termini di investimento con 1.479 milioni di euro.

L’Italia può raccontare una sua storia in questo scacchiere di geopolitica delle startup? Probabilmente sì, ma difficilmente potrà accadere sul terreno dell’Europa del Nord o di quello ancora più tecnologico americano. Forse una strada potrebbe essere la riscoperta dei suoi valori originari, quali la moda (non è un caso che tanto Yoox quanto Depop abbiamo a che fare con abbigliamento), il turismo e l’enogastronomia. Puntando su queste grandi aree tematiche

Gli unicorni europei e chi li finanzia

Ma gli unicorni non mancano nemmeno in Europa. Le scaleup con il corno operano nei più svariati settori, nel grocery con Gorillas, che permette di fare una spesa completamente online e che a differenza dei servizi di delivery come Everly ha un proprio assortimento di prodotti, a scaleup finanziarie come Revolut, oggi valutata 32 miliardi di dollari.

Rispetto al mercato americano, colpisce il differente profilo dei grandi investitori. Mentre negli Stati Uniti la parte dei leoni è svolta dai grandi fondi di Venture Capital come Sequoia e Andreessen Horowitz, in Europa una parte importante la giocano le grandi aziende. Revolut ha ricevuto 800 milioni da Soft Bank Group. Gorillas invece è in gran parte finanziata da Tencent. Soft Bank è una multinazionale finanziaria giapponese. Tencent è una colossale media company cinese. Il secondo grande investitore di Revolut è Tiger Global, enorme fondo di investimento americano che gestisce circa 95 miliardi di assets finanziari. Non a caso si è accennato al tema della geopolitica. Gli investimenti in Europa sono esplosi ma una parte di essi deriva da aziende, holding e fondi americani e asiatici.

Conclusioni

Ovviamente solo il tempo dirà se la turbo finanza applicata alle startup europee possa generare modelli di business sostenibili. È evidente però che la componente industriale degli investimenti riflette modelli di business più concreti rispetto a quelli più tecnologici e più futuristici americani, che oggi è in grande parte focalizzata su intelligenza artificiale, metaverso e crypto.

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