Il retroscena

La call Ue per il coronavirus: così l’emergenza ha frantumato la burocrazia

Una call Ue per il finanziamento a imprese innovative dotate di soluzioni atte a fronteggiare qualsiasi aspetto dell’emergenza sanitaria intorno al Covid-19: la scadenza è il 20 marzo. Ecco chi può partecipare e cosa può insegnare alle startup italiane

Pubblicato il 19 Mar 2020

Gianmarco Carnovale

Serial tech-entrepreneur

Nascono le Business Shower: un’idea di Elon Musk innova le relazioni

Solo pochi giorni fa si è diffusa la notizia di un bando-lampo da 164 milioni di euro indetto dalla Commissione europea per il finanziamento ad imprese innovative dotate di soluzioni atte a fronteggiare qualsiasi aspetto dell’emergenza sanitaria intorno al Covid-19.
La scadenza strettissima – annuncio di venerdì 13 marzo per mercoledì 18, che appena a scadenza è stato prorogato al 20 marzo – ha prodotto una enorme diffusione della notizia sui social nel nostro paese, ma allo stesso tempo ha gettato nel panico molti interessati ma senza cognizione del tipo di strumento e così evidenziando quanto lavoro ci sia da fare nel comprendere in che modo si accede a risorse finanziarie importanti, in questo caso la più nota e potente di quelle pubbliche e attive ormai da diversi anni, che si basino su logiche qualitative meritocratiche che sono sempre più simili a quelle dei privati.

Tutti quelli che hanno una startup o un’innovazione tech-based in corso di progettazione o commercializzazione, un executive summary in inglese (o che riusciate a tradurre in 24 ore), un deck, e che si immagina possa essere impiegabile o riconvertibile per essere messa a servizio di aspetti di gestione dell’emergenza dovuta a questa epidemia (che siano aspetti sanitari, di medicina, di data analitycs, di AI, di logistica e tracciamento, sociali, etc) dovrebbero sbrigarsi ad applicare: la nuova deadline è venerdì 20 marzo alle 17 CET.

La genesi della call

Facciamo, però, un passo indietro per comprendere come sia andata la genesi della call: il programma “EIC Accelerator” promosso dallo European Innovation Council (EIC) sotto cui è ricaduto questo bando, altro non è che un rebranding del piano di finanziamento SME Instrument sorto sotto la programmazione Horizon 2020, come ampiamente reso noto da molti mesi. Programmazione che negli ultimi anni ha contribuito enormemente allo sviluppo di progetti di prototipazione, di sperimentazione e lancio di soluzioni in innumerevoli ambiti tecnologici in tutti gli Stati membri. Anche in Italia non sono poche le startup e gli spinoff da ricerca che hanno beneficiato di fondi fino a un paio di milioni di euro a fondo perduto.
Nell’attesa della nuova programmazione pluriennale – la nuova Horizon – EIC con la DG Research and Innovation (cioè il “ministero” competente) ha ritenuto di procedere con uno strumento provvisorio che serve a non far mancare supporto all’innovazione, e che è il suddetto EIC Accelerator, che continua a funzionare sotto lo schema di SME Instrument facendo da ponte tra la vecchia programmazione scaduta e la nuova in corso di progettazione. La novità rispetto al mero SME Instrument a fondo perduto è che ora ci può anche essere una componente in partecipazione societaria, aumentando di molto il tetto per singolo progetto, e che se si supera la prima selezione si passa ad una modalità di presentazione tipica del venture business: un pitch di fronte ad un comitato.

I retroscena del bando

Nonostante il tutto fosse uno strumento noto ed ordinario, quindi, la call è stata recepita nelle communities in due modi: c’è stato chi sapeva esattamente di cosa si trattasse e si è messo al lavoro per adattare della documentazione preesistente e applicare delle cose che abbiano una concretezza esecutiva in corso, e c’è stato chi è entrato nel panico del “oddio come si fa ‘sta cosa” aspettandosi uno sportello di assistenza e qualche form libero sul web in cui scrivere liberamente quello che vorrebbe fare.

Ora è opportuno capire meglio i retroscena di questo bando: non è stata progettata una call ad hoc per il coronavirus, ma si è usata la scadenza già da tempo prefissata per il 18 di marzo di un programma di finanziamento – EIC Accelerator – che funziona tramite call periodiche, normalmente tematiche su una serie di industries e con dei requisiti di TRL abbastanza stretti per applicare, processo strutturato che si scontra con la ingenua idea ancora troppo diffusa in Italia che ci sia qualcuno, da qualche parte, che ascolti “idee geniali” e stacchi un assegno.

Il primo punto da capire, quindi, è che una call di questo tipo non è un hackathon o una call per idee su delle slide, ma un bando di finanziamento con delle regole e che si innesta all’interno del normale flusso delle call europee ricorrenti, per le quali bisogna essere anagrafati e in possesso della login, ed avere a disposizione (o predisporre) in inglese tutti gli elementi necessari a valutare un progetto, il suo team, il suo stato di avanzamento, quanto e cosa manca ad un lancio, il suo potenziale. Come per qualsiasi call: se non si forniscono al valutatore tutte le informazioni richieste, nella forma in cui sono richieste, si viene scartati.

Ho avuto uno scambio con Isidro Laso Ballesteros, Deputy Head of Innovation Ecosystems Unit, European Innovation Council Task Force (EIC), dirigente della DG Research and Innovation in seno alla Commissione e grande conoscitore della scena dell’innovazione UE in quanto precedentemente coordinatore dell’unità Startup Europe in DG Connect, e che è colui che in questa occasione ha colto il suggerimento nato in uno scambio su Twitter (vicenda di cui ha raccontato Alberto Onetti di Mind The Bridge).

Isidro mi commenta: “Puoi sottolineare come la Commissione abbia reagito rapidamente alle esigenze della community. La mossa è partita su Twitter mercoledì sera, e venerdì la decisione era presa. Tieni presente che questa è una call che era stata pianificata con lungo anticipo. Ma non era tematica. Quindi, siamo stati in grado di modificarla ed invitare tutti gli innovatori correlati al coronavirus ad applicare in un approccio bottom-up (cioè senza requisiti imposti dall’altro, ma solo un ambito tematico “largo”, ndr). Dovrebbero applicare anche se la loro proposta non è “eccellente” perché le proposte che non tratterremo per il finanziamento diretto le aiuteremo comunque a trovare sostegno attraverso fondazioni ed altri mezzi, atteso che siano ritenute abbastanza valide dai valutatori”.

Il passaggio distrugge il mito della burocrazia europea, giacché in un solo giorno lavorativo si è passati con il carrarmato sulle procedure, adattando il bando già predisposto ed approvato.

La peculiarità di questa opportunità

Pur se chi scrive ha, con la propria startup, partecipato più volte a questo programma raggiungendo per due volte la soglia di qualificazione (detta “Seal of Excellence”), ho preferito far descrivere le peculiarità di questa opportunità chiedendo un commento a un operatore specializzato.

Ha sottolineato Aleardo Furlani, consigliere di Roma Startup – l’associazione che presiedo – e Presidente di INNOVA, il più storico incubatore di Roma insediato in un proprio campus nel Tecnopolo Tiburtino, partner della Commissione UE e da anni presente su questo segmento con decine di progetti approvati a favore di  Piccole e Medie Imprese , che partecipare al programma EIC Accelerator non è una sfida per tutti.

“La competizione è molto forte e richiede la dimostrazione di proposte di eccellenza tecnologica e piani credibili di scale-up di mercato. Ancor di più, non si tratta di un “progetto” di R&S così come siamo abituati a pensare, bensì di un progetto di crescita in cui al centro c’è l’azienda, il suo team, le sue competenze e la sua proprietà Intellettuale. Il progetto EIC Accelerator è la chiave per il futuro imprenditoriale dell’azienda, non un tentativo di diversificare o provare nuove strade. Il management – nel corso del pitch che viene concesso a pochi selezionati – deve mostrare l’adesione coerente al piano di espansione e la credibile capacità di realizzarlo. Va detto – ma questo non viene abbastanza sottolineato – che il superamento del pitch è l’ostacolo più significativo per le aziende italiane partecipanti, che sono spesso capaci di superare il primo screening grazie alla capacità tecnologica ma che poi inciampano sull’abitudine a comunicare efficacemente e a vendere il proprio concept. Per vincere bisogna pertanto accostarsi all’Accelerator con lo stesso rigore e professionalità con cui ci si approccia ad un Fondo di investimenti privato”.

Priorità alla qualità del progetto di innovazione

È importante sapere che l’utilità dello strumento è elevatissima perché i progetti possono essere finanziati a fondo perduto e/o in conto capitale con molti milioni di euro ciascuno, e che alle ingenti risorse stanziate dalla Commissione Europea non si applica la disposizione dell’Unione Europea (TFUE) relativa agli aiuti di Stato né la soglia del de minimis.

Ma la qualità ed impresa, valutata attraverso il come questo viene presentato, dal suo stato di avanzamento, e soprattutto attraverso la completezza ed eterogeneità del team proponente, è un aspetto centrale che tutti devono iniziare a stamparsi in testa: non si accede a fondi né pubblici né privati per l’impresa innovativa se non parlate perfettamente inglese, se siete dei tizi con una presunta idea geniale ed il consulentino a supporto, se il vostro approccio è “vediamo cosa vogliono in questo bando e come scrivere la domanda per avere questi soldi” o se il progetto non ha un grado di esecuzione già in corso con utilità dimostrata o dimostrabile, e soprattutto se non siete una squadra completa in grado di mettere in campo tutte le competenze per arrivare con successo sul mercato. Servono padronanza delle lingue, della tecnologia o delle tecnologie che intendete impiegare e sviluppare, serve la capacità di sintetizzare e comunicare in cosa consiste il progetto, dello scrivere un piano economico e finanziario, dell’analizzare e quantificare un mercato esistente e potenziale. Questo tipo di approccio non va compreso solo dai tanti improvvisatori, ma anche da troppi ricercatori e professori abituati a logiche di bandi “a pioggia” che credono che fare decine di pubblicazioni li metta in una sorta di diritto a ricevere soldi e che schifano il mettersi insieme con soci che coprano le competenze di design, di business, di finanza, di marketing, e che sono convinti che per ricevere fondi per l’innovazione si debba semplicemente capire un nuovo modo per scrivere i business plan.

L’innovazione non si finanzia con i business plan ma con l’execution, quella effettiva e quella che si è chiaramente in grado di perseguire ottenendo le risorse. Imparate la cultura del merito e cominciate a basarvi su assunti quali team interdisciplinari, validazione per fasi, lean management, product/market fit, e soprattutto con il venire a patti con chi vi finanzia. Oppure lasciate perdere innovazione e startup.

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