Il DL Semplificazioni non contiene più la SIS, stralciata all’ultima curva prima di passare alla Camera, dove invece il testo non può più essere emendato.
La Società di Investimento Semplice, un veicolo progettato dal Governo, rompendo il muro del mercato protetto della gestione dei capitali, per modificare drasticamente e in meglio le norme intorno alla nuova imprenditorialità ed all’innovazione, sembra essere sparita dai radar. Ciò confermerebbe che il “sistema” continua a manifestare tutti i propri anticorpi verso un reale cambiamento.
Il perché della cancellazione
La “vecchia via” è la base della cultura esistenziale dell’Italia, soprattutto di quello strato di Italia che intorno a ciò che è consolidato ha trovato gattopardescamente i propri equilibri, i propri interessi (leciti o meno), il proprio ruolo in schemi conosciuti e conoscibili.
Sostengo da molto tempo, in antitesi a molti “astrattori” dell’economia che pensano che il loro “mercato” sia avulso da fattori hard come regole e vincoli che legano le azioni degli attori economici, che in Italia ed in Europa il policymaking siano la sola chiave per innescare fortune e sfortune non solo di comparti economici ma di interi strati sociali.
Trovo infatti che la chiusura dell’ascensore sociale, l’uccisione della classe media, la spinta all’emigrazione dei giovani, siano tutte delle semi-consapevoli scelte attuate da una classe politica in parte onesta ma priva di idee, ed in parte disonesta, affarista e clientelare. Collusa cioè con una parte di paese che fa di tutto per tenere l’economia italiana all’interno di un recinto accessibile a pochi.
Il trilogo indissolubile finanza-industria-politica
Il modo in cui il fare impresa sia stato tenuto per decenni all’interno di una gabbia di costi e burocratismi rende già l’idea di come il concetto stesso dell’imprendere fosse concepito per esclusivo vantaggio di chi fosse già ricco.
Ma ancor più chiaramente parla il modo in cui la finanza per l’impresa sia stata rinchiusa in un ambito di sacerdozio para-religioso, vigilato dai custodi del tempio di Banca d’Italia, che per decenni hanno attentamente vegliato affinché finanza-industria-politica fossero parte di un trilogo indissolubile. Il pericoloso avvento del meritocratico Venture Capital, entrato di soppiatto sul mercato con semplici società di capitali all’inizio di questo decennio, è stato prontamente fermato nel 2016 con il recepimento della direttiva AIFM, in cui Banca d’Italia ribadì il suo “qui decido io” anche per somme minimali, e costringendo operatori attivi a fermarsi e sottoporsi all’insindacabile giudizio sul poter entrare nella casta e guidare una SGR.
E in fondo, fortuna fu per questi operatori ammessi nel ristretto circolo: dove in tutto il mondo i fondi di Venture Capital competono tra loro per accaparrarsi i migliori team e progetti imprenditoriali, coltivandosi degli alberelli da far crescere su pezzi di terreno che si devono conquistare e difendere a fatica, in Italia sono diventati dei bucolici raccoglitori di ciliegie selvatiche mature in una valle incantata, in cui nessuno li disturba.
La Società di Investimento Semplice
L’innovativo veicolo quale è la SIS, la Società di Investimento Semplice, ideato per aprire il mercato protetto della gestione dei capitali al concetto che la vigilanza e l’onerosità di gestione non possono essere un principio assoluto, bensì proporzionale, e che la finanza è un mezzo per fare economia reale, a cui è subordinata.
Imporre quindi, ad un soggetto che gestisce fondi per dieci milioni, gli stessi obblighi di un soggetto che ne gestisce cinquanta volte di più, non ha altro effetto che danneggiare l’economia ed impedire che ai progetti d’impresa early stage arrivi la finanza necessaria a sperimentare.
Perché sono i piccoli fondi a fare piccoli ticket di investimento nel Micro Seed e nel Seed delle startup, quelle fasce di investimento che vengono a mancare se non ci sono gli operatori in grado di effettuarli.
Erano anni che l’ecosistema startup chiedeva a Banca d’Italia che si fissasse una soglia di gestione sotto la quale essere esenti dalla vigilanza, o che quantomeno ci fosse un alleggerimento delle regole e degli oneri, ed erano anni che Banca d’Italia opponeva un muro con scritto fuori: “la soglia è zero”.
Finalmente il Governo ha ascoltato le istanze dell’ecosistema, comprendendole e facendole proprie, e decidendo di saltare a piè pari Banca d’Italia. Questo è ciò che si ottiene quando si tiene troppo stretta la presa. Ora, però, il sistema si è difeso, un po’ nello stesso modo in cui ha tentato di ostacolare alcuni aspetti della finanziaria, e questa volta, con lo stralcio della SIS, la battaglia si è conclusa a suo favore.
La SIS trovera un’altra strada?
Il modo in cui alcune parti del paese intendono fermamente mantenere l’imprenditorialità legata a doppio filo ad uno schema relazionale anziché meritocratico è quindi tanto evidente quanto ormai superato dalla storia: “C’è una cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo, e questa è un’idea il cui tempo è giunto”, disse Victor Hugo.
Si rassegnino in molti, perché come analizzavo più sopra è chiarissima la determinazione di Di Maio nel voler creare un boom economico intorno all’innovazione e la SIS è uno degli elementi centrali di questo disegno, perché consente di far nascere molti più fondi di investimento e far arrivare molti più capitali in molte più startup nelle fasi iniziali.
La SIS quindi troverà un’altra strada, ma non solo: si porterà dietro tutto ciò che è necessario a far sì che innovare e fare impresa divengano concetti alla portata di chiunque lo meriti, riaprendo l’ascensore sociale di questo paese.