Il punto

Le incognite di essere startup in Italia

Va bene il registro di Infocamere, ma il successo delle nuove norme dipende da altro: se incentivi fiscali e crowdfunding riusciranno a far affluire capitali alle startup, rendendo quindi attrattivo l’ingresso in questo regime di agevolazioni. Nel medio-lungo termine, sarà determinante scoprire l’efficacia della legge nell’individuare startup e incubatori realmente qualificati e qualificanti

Pubblicato il 29 Mag 2013

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Le novità introdotte dalla Legge Sviluppo 2.0, particolarmente in riferimento al capitolo dedicato alle startup, sono ancora in larga parte in fase di attuazione.

La legge prevede che società di piccole dimensioni e recente costituzione, che soddisfano una serie di requisiti formali, possano ottenere l’iscrizione al neo-costituito registro ‘startup innovative’ tenuto dalle Camere di Commercio.

L’iscrizione prevede che per quattro anni, previa autocertificazione annua degli amministratori dei parametri, la società possa godere di alcuni vantaggi specifici (maggiore flessibilità nei contratti di lavoro, la possibilità di emettere stock options fiscalmente neutre, la possibilità di utilizzare l’equity per remunerare personale, amministratori e consulenti, una procedura di liquidazione semplificata) e di offrire vantaggi agli investitori che la supportano (incentivi fiscali e la possibilità di raccogliere capitali su portali online autorizzati dalla Consob).

Una delle prime cose attivate del provvedimento è stato il registro startup innovative (http://startup.registroimprese.it), che ha consentito alle società interessate e dotate dei requisiti di iscriversi. Il registro, realizzato da Infocamere, è semplice, chiaro e consente di effettuare online la registrazione oltre che fornire l’accesso alla lista delle startup iscritte. Ad oggi sono 763 aziende con una crescita di circa un centinaio al mese. Tra le regioni Italiane, le prime cinque fanno da sole oltre la metà delle startup registrate: Lombardia (145), Emilia-Romagna (98), Piemonte (84), Lazio (57), (Toscana (55).

La Consob ha inoltre rapidamente rilasciato la prima bozza di regolamento per rendere possibile in Italia la raccolta di capitali tramite portali online (il cosiddetto equity crowdfunding) e ha completato la prima fase di ascolto e consultazione pubblica.

E’ stata l’occasione anche per discutere ampiamente il tema del crowdfunding e la modalità con cui l’Italia sta implementando questa nuova ed innovativa modalità di finanziamento delle aziende. Se Consob continuerà con questa velocità potremo vedere le prime campagne di raccolta di finanziamenti già prima dell’estate e in quel caso saremmo il primo paese al mondo ad uscire con una regolamentazione di legge del crowdfunding via Internet (negli USA il regolamento SEC è in fase di lavorazione da due anni ed è atteso a fine anno).

E’ stato anche rilasciato a fine aprile il regolamento che definisce i requisiti per gli ‘incubatori certificati’, uno degli elementi più peculiari della legge. Si tratta di strutture che, soddisfando tutta una serie di parametri e di caratteristiche, possono accedere al regime di agevolazioni delle startup e sono soggetti qualificati come investitori professionali ai fini del crowdfunding. Il regolamento del Ministero Sviluppo Economico ha pubblicato i criteri su due tabelle distinte, che individuano il meccanismo di calcolo del punteggio ed occorre avere un punteggio minimo in ognuna delle due tabelle per ottenere la certificazione.

In pratica si è un ‘incubatore certificato’ (previa autocertificazione dei parametri da parte degli amministratori) se si dispone di almeno 400 metri quadri adibiti all’attività esclusiva di incubazione, una connessione Internet di almeno 10 Gb e 3 persone interamente dedicate all’attività di incubazione (in cosa poi debba consistere questa attività – con relativi contratti – è tutto da immaginare). Si ottengono punti per ogni candidatura ricevuta, ogni startup incubata, ogni startup che completa il percorso, per il numero di collaboratori, per la percentuale di incremento di lavoratori e di fatturato delle startup, il numero di brevetti registrati e i capitali (o fondi pubblici) raccolti dalle stesse.

Il Decreto prevede inoltre che le Camere di Commercio producano delle analisi periodiche su questi valori con cadenza non superiore ai sei mesi e il Ministero si riserva di modificare i parametri annualmente alla luce di questa analisi.

E’ atteso ormai a breve il decreto attuativo per la parte degli incentivi fiscali, in particolare quelli (sia privati che aziende) che consentono a chi investe in startup o investitori professionali di startup il recupero di circa il 20%.

Siamo dunque in una fase ancora molto preliminare nell’attuazione del provvedimento per tracciare qualunque tipo di considerazione sulla reale efficacia e sull’impatto di questo provvedimento che altrimenti sembrerebbero in questa fase estremamente modesti. In particolare mancano le risorse finanziarie (oltre agli incentivi fiscali e il crowdfunding, si era parlato anche di un impegno del MISE rispetto a Cassa Depositi e Prestiti all’investimento di 200 milioni di euro in startup tramite l’istituzione di un fondo di fondi di cui però non vi sono notizie).

E’ presumibile che il successo dell’iniziativa nel suo complesso è connesso a se e in che misura incentivi fiscali e crowdfunding riusciranno a far affluire capitali alle startup, rendendo quindi attrattivo l’ingresso in questo regime di agevolazioni. Ma soprattutto il successo a medio-lungo termine in termini di reale contributo allo sviluppo, sarà collegato all’efficacia della legge nell’individuare startup e incubatori realmente qualificati e qualificanti (al di là dei parametri formali che evidentemente non sono in grado di fornire una concreta garanzia che un’impresa sia realmente innovativa e che un incubatore sia realmente qualificato) indirizzando effettivamente su questi le risorse in modo da creare un sano e florido mercato dell’innovazione in Italia.

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