Le startup della Silicon Valley stanno sfruttando il campo di battaglia ucraino per testare le nuove strumentazioni militari.
Da Capella Space, start up di San Francisco che sta costruendo una flotta di piccoli satelliti economici che, rispetto ai satelliti ottici tradizionali, riescono a seguire il nemico anche in condizioni meteo avverse o di notte, a Fortem Technologies, piccola azienda dello Utah che vuole proporre al Pentagono un nuovo velivolo senza pilota che disattiva i droni nemici, fino a HawkEye360, azienda della Virginia che, grazie a fondi di private equity, ha lanciato i suoi satelliti che, attraverso onde radio emesse da apparecchiature di comunicazione e altri device, rilevano la presenza di concentrazioni di truppe nemiche.
Progetti promettenti bloccati dalla burocrazia
Obiettivo di queste realtà è arrivare anche all’attenzione del Pentagono con versioni più economiche e smart di questi sistemi rispetto a quelli dei colossi tecnologici a cui di solito il Dipartimento della Difesa si affida. Gli appalti militari sono in mano al Pentagono, che ha procedure burocratiche molto lente e macchinose e si stanno aprendo di recente alle realtà della Silicon Valley. Molto spesso le sovvenzioni a cui le start up possono accedere, fornite dalle forze armate, hanno scadenze imminenti e, tra l’altro, non forniscono budget sufficienti per coprire tutte le necessità, per cui capita di non poter portare avanti lo sviluppo di alcuni progetti. Lo stesso segretario alla Difesa Lloyd J. Austin III durante un discorso tenuto a dicembre in California davanti a dirigenti di molte aziende tecnologiche in fase di avviamento, ha dichiarato che “Questo tipo di cambiamento non si muove sempre in modo così fluido o veloce” come dovrebbe. In più di un’occasione, alti funzionari del Pentagono hanno riconosciuto che il Dipartimento della Difesa richiede ancora anni di pianificazione e decisioni sui finanziamenti da parte del Congresso prima di acquistare prodotti da start up in quantità sufficiente a mantenere le loro attività. Una burocrazia eccessiva con “controllori che controllano i controllori”, come ha affermato Deborah Lee James, ex segretario dell’Aeronautica.
Anche i progetti più promettenti rischiano di restare sospesi per lunghi periodi, anche anni, come è successo all’intelligenza artificiale della Primer Technologies, start up di San Francisco, che permette di trovare gli obiettivi a seguito di analisi di migliaia di ore di comunicazioni radio russe. In molti casi sono gli stessi responsabili degli acquisti del Pentagono che sono addestrati a rifiutare i progetti, per il rispetto massimo delle regole interne e per evitare rischi, che in passato hanno portato a diversi scandali. Tuttavia, queste procedure non collimano con la rapida evoluzione della tecnologia e dell’innovazione e il loro costante aggiornamento. “Raccomandiamo di scegliere i vincitori, di sostenerli in modo significativo e di vedere cosa sono in grado di fornire”, ha detto Whitney McNamara, ex consigliere scientifico del Pentagono, descrivendo un nuovo rapporto del Consiglio Atlantico che esamina i modi per accelerare le acquisizioni di tecnologia per la lotta alla guerra.
Le tecnologie in fase di test in Ucraina
Tra le tecnologie che si stanno facendo strada c’è quella, già menzionata, della Fortem Technologies. Il nuovo velivolo senza pilota che individua i droni nemici, li segue e li disattiva, è stato definito il “cacciatore di Shahed”, con riferimento al drone iraniano che intercettava. Dagli USA queste strumentazioni arrivano in Ucraina con una serie di accordi, che possono essere donazioni da parte delle aziende, acquisti diretti da parte del governo ucraino o di gruppi che lo sostengono oppure acquisti del governo USA, che poi li invia in Ucraina.
Tra le aziende che si sono aggiudicate importanti contratti governativi ci sono Maxar Technologies, BlackSky e Planet Labs con dispositivi più convenzionali come i satelliti commerciali che forniscono immagini fotografiche tradizionali delle attrezzature da guerra e delle truppe russe. Il ministro ucraino per l’Innovazione, Mykhailo Fedorov, nel marzo 2022, all’inizio della guerra, aveva dichiarato che “Questa è davvero la prima grande guerra in cui le immagini satellitari disponibili in commercio possono svolgere un ruolo significativo nel fornire informazioni open source sui movimenti delle truppe, sugli accumuli militari nei Paesi vicini, sui flussi di rifugiati e altro ancora”, prevedendo con precisione il ruolo vitale che questi dati commerciali hanno svolto da allora.
Ora, o meglio già da cinque anni circa, si punta a sistemi più piccoli, economici e veloci provenienti da operatori del settore privato, che offrono anche una copertura del mondo più frequente di quella che può fornire persino il governo degli Stati Uniti.
Wahid Nawabi, amministratore delegato dell’azienda californiana AeroVironment, che produce i droni d’attacco Switchblade 300 e 600, entrambi utilizzati in Ucraina, ha dichiarato che l’esercito si sta muovendo verso l’utilizzo di sciami di piccoli droni negli attacchi, con 50 o addirittura diverse centinaia di droni che scendono contemporaneamente sugli obiettivi. L’azienda ha venduto circa 5.000 di questi droni d’attacco al Pentagono negli ultimi dieci anni, ma è in attesa di ordini molto più consistenti, a quanto pare fino a 16.000 all’anno. Ci sono poi aziende, come la Dedrone della Virginia e la SkySafe della California, che portano in Ucraina strumenti che tracciano i droni nemici in arrivo o che li disturbano con impulsi radio, fino alla loro disattivazione. Senza dimenticare l’applicazione dell’intelligenza artificiale, che, come ribadito da Will Roper, il massimo funzionario dell’Air Force per gli approvvigionamenti fino al 2021 e tuttora consulente del Pentagono, “è in grado di prendere milioni di decisioni, anche prima che l’uomo sappia che c’è una decisione da prendere […] È un po’ come essere ai blocchi di partenza di una nuova era della guerra”.
Qualche start up ce l’ha fatta
Nonostante i problemi di acquisizione riscontrati dalla maggior parte delle start up, qualcuna di queste ce l’ha fatta. L’Unità per l’Innovazione della Difesa ha, infatti, creato un programma che ha valutato i vari droni di sorveglianza in arrivo sul mercato e ha creato uno strumento di contrattazione che consente alle agenzie del Pentagono di acquistarli direttamente, senza un processo di acquisizione pluriennale. L’azienda Skydio, ad esempio, sta vendendo un drone che viene pilotato a distanza attraverso l’intelligenza artificiale, che può volare al chiuso in spazi anche ristretti, consentendo di guardare all’interno di un edificio prima che vengano inviate le truppe.