L’elevata instabilità internazionale porterà anche in Italia, come oltreoceano, funding round al ribasso e valutazioni in decrescita da parte di scaleup e conseguenti investitori?
Il nostro Paese è caratterizzato da evaluation sotto la media internazionale e round tipicamente piccoli (seed/series A): in uno scenario pessimistico sui round di tipo B, C e D, potrebbero aprirsi comunque opportunità di sviluppo, attraverso un maggiore ricorso al Corporate Venture Capital e a una diffusione capillare di progetti di Open Innovation.
Venture capital in Italia: dal 2021 una nuova fase, ora è il momento della maturazione
Infatti, si tratta di tutte quelle attività legate a startup seed/pre-seed che non necessitano di singoli grandi investimenti da parte di fondi, ma spesso solamente di una visione di lungo termine delle diverse aziende già esistenti in Italia.
Aziende per cui i progetti di innovazione e diversificazione di business provenienti da giovani realtà imprenditoriali possono rappresentare un’opportunità decisamente interessante.
Queste considerazioni sono ancora più rilevanti rispetto al passato, proprio a causa delle conseguenze dell’inflazione, dell’approvvigionamento energetico o del blocco delle diverse supply chain che, in molti settori, hanno “spiazzato” l’operatività tradizionale delle imprese.
Come il Corporate Venture Capital supporta startup e PMI
Prendiamo come punto di partenza l’ultima ricerca dell’Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital[1] secondo la quale le startup e le PMI innovative (ex startup) italiane partecipate da soci Corporate Venture Capital generano quasi 1,9 miliardi di euro di ricavi.
Infatti, il fatturato delle startup innovative del 2020 è salito a circa 1,7 miliardi di euro, di cui il 44,9%, pari a 764 milioni di euro, è stato generato da realtà nel portafoglio di soci Corporate Venture Capital.
Allo stesso modo, per le PMI innovative, la produzione è stata pari a 5,9 miliardi di euro e circa il 59% di questi ricavi, pari a 3,457 miliardi di euro, è prodotto da PMI innovative nel portafoglio di Corporate Venture Capital.
Guardando invece alle sole PMI ex-startup si arriva a 1,4 miliardi di ricavi, di cui 1,1 derivano da realtà partecipate da soci CVC (78%). In tutti i casi, una quota di fatturato proporzionalmente ben più rilevante rispetto alle partecipazioni di soci CVC in startup e PMI innovative che dimostra come la collaborazione tra questi due “mondi” permetta alle startup/PMI innovative di crescere meglio e più rapidamente grazie – molto spesso – a sinergie di business che si rivelano essere win-win.
Più in generale, in Italia, si è osservato un aumento delle startup e delle PMI innovative operanti nel nostro Paese, che risultano essere circa 16mila nel 2021, con una netta crescita del numero dei soci e delle quote di partecipazione dirette e indirette, che registrano essere rispettivamente 74.184 (+16,6% rispetto al 2020) e 109.834 (+19,9% rispetto al 2020). Delle quasi 110mila quote di partecipazione in startup e PMI innovative, sono oltre 20mila quelle provenienti da soci Corporate Venture Capital: di queste, circa 9mila relative a investimenti diretti.
Non solo, ma tra i benefici derivati dai soci CVC c’è sicuramente il fattore occupazionale: per le startup innovative, i soci CVC detengono il 28% del totale imprese, sul 37% circa degli addetti totali. Per le PMI ex-startup i soci CVC detengono il 38% delle imprese, sul 39% degli addetti totali. Anche per le PMI, i soci vantano una percentuale notevole, con il 39% delle aziende, a fronte di circa il 62% degli addetti totali.
Per quanto riguarda, infine, la localizzazione dei soci CVC, il 28,9% ha deciso di scommettere su startup con sedi in territori differenti dai propri.
Startup: il ruolo della legislazione e l’effetto del PNRR
Questi numeri testimoniano come, nonostante tutto, l’Italia sia un Paese che si rivela favorevole ai nuovi imprenditori. La legislazione per le startup italiane è tra le più attrattive in tutta Europa da un punto di vista fiscale, anche se rimane piuttosto complessa dal punto di vista burocratico, in particolar modo dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha abrogato la possibilità della costituzione online.
La dotazione del PNRR dedicata all’innovazione (per un totale di 18 miliardi di euro nell’arco temporale fino al 2026) ha portato a inizio 2022 ad un’iniezione di capitale straordinaria da parte del MISE in questo settore, con oltre 2,5 miliardi per Startup e PMI innovative gestiti da CDP-Venture Capital, fondi pubblici che faranno sicuramente bene all’intero ecosistema.
Nel 2021, gli investimenti in startup italiane hanno raggiunto 1,461 miliardi di euro, un valore più che raddoppiato (+118%) rispetto al totale del 2020 (669 milioni di euro). Secondo una survey di InnovUp, inoltre, il 54,1% delle startup rispondenti ha dichiarato di essere intenzionata ad assumere nei prossimi mesi un numero considerevole di risorse umane.
I possibili effetti del credito di imposta sugli investimenti CVC
Tuttavia, nonostante questi buoni risultati, l’Italia si trova ancora molto in ritardo rispetto ai suoi principali competitors europei. In particolare, nell’ambito del Corporate Venture Capital, guardando alla Germania si può rilevare come 29 delle 30 società del DAX, il principale indice azionario tedesco, svolgano attività strutturate Corporate Venture Capital, ovvero il 97% delle stesse.
D’altro canto, se si guarda all’equivalente italiano, il FTSE MIB, sono solo 6 su 40, rappresentando quindi solo il 15%. La ragione probabilmente risiede nel fatto che le aziende italiane dimostrano una preferenza verso tutti quegli strumenti di innovazione in grado di ridurre il rischio.
Per questo motivo, se è assodato che l’Open Innovation e il Corporate Venture Capital sono due strumenti fondamentali per lo sviluppo dell’ecosistema dell’innovazione, è allora necessario introdurre nuovi incentivi per favorire questi fenomeni.
Tra le varie possibilità, sarebbe auspicabile l’introduzione di una sorta di credito d’imposta R&S che si applichi agli investimenti fatti dalle Corporate nelle startup. Per l’azienda acquirente l’acquisizione consentirebbe l’accesso a nuove tecnologie e la possibilità di sfruttare sinergie a livello scientifico come se si trattasse di un investimento esternalizzato in R&S.
Una più vivace capacità d’investimento delle nostre imprese nelle startup ha tra i principali vantaggi quello di creare un mercato delle exit più sviluppato che, a sua volta, incanalerebbe liquidità verso il mercato del venture capital e di chiunque investa nelle startup e nelle PMI innovative.
Al contempo, come suddetto, supporterebbe le nostre imprese tradizionali nell’affrontare le evoluzioni del mercato e nell’accelerare il proprio tasso di innovatività. Infine, permetterebbe di mantenere in Italia le tecnologie e le menti imprenditoriali più brillanti che altrimenti, se acquisite da imprese estere, potrebbero trasferirsi.
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Note
- L’Osservatorio è promosso da Assolombarda e InnovUp, con la partnership scientifica di InfoCamere e degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e con il supporto di Confindustria, Piccola Industria Confindustria e AnciLab ↑