Le conseguenze economiche della pandemia da Covid 19 hanno colpito duramente e in modo trasversale molti settori e ambiti dell’economia, anche l’imprenditoria femminile. Nel secondo trimestre del 2020 le imprese al femminile hanno subito un calo del 42,3% rispetto allo stesso trimestre del 2019.
Nel complesso le imprese guidate da donne in Italia rappresentano il 22% del totale, una su quattro, complessivamente oltre 1,3 milioni secondo i dati Unioncamere del 27 luglio 2020, e negli ultimi 5 anni sono aumentate del 2,9%, contro quelle maschili ferme allo 0,3%. Segnali positivi che la pandemia ha bruscamente cancellato e che sono entrati nel dibattito politico con la recente proposta per la creazione di un fondo nazionale per l’imprenditoria femminile, con un capitolo di spesa del Ministero dello Sviluppo Economico.
E un particolare riguardo al mondo startup, che può essere leva speciale per l’imprenditoria femminile.
Imprese al femminile: la proposta
La proposta prevede incentivi per l’avvio e il rafforzamento delle aziende gestite da donne – sotto forma sia di contributi a fondo perduto sia di finanziamenti a tasso zero – incentivi per quelle tecnologicamente avanzate, interventi per diffondere la cultura dell’impresa al femminile e assistenza tecnica. È inoltre previsto un Comitato per l’imprenditoria femminile, per promuovere analisi economiche e sociologiche sul tema e l’indirizzo su programmi e iniziative da finanziare. La dotazione sarebbe di 20 milioni di euro all’anno per tre anni nel periodo 2021-2023 e potrebbe essere il primo di una serie di interventi strutturati per stimolare e sostenere le donne italiane, le loro competenze ed esperienze e la loro voglia di fare impresa e innovare.
Guardando all’innovazione e alle startup a guida prevalentemente femminile, nonostante il positivo trend di crescita, la percentuale di imprese al femminile scende dal 22% del totale al 13,5%. Sempre secondo le rilevazioni di Unioncamere, le imprese al femminile sarebbero caratterizzate da minori investimenti in tecnologia e minore innovazione, da scarsa vocazione internazionale e da un accesso al credito che spesso si rivela difficoltoso e quindi più difficile da realizzare. Il nuovo fondo aiuterebbe pertanto a semplificare l’accesso a risorse importanti da utilizzare e investire per tutto il settore dell’innovazione.
Tuttavia, come evidenziato dalle misure previste nella proposta di creazione del fondo per l’imprenditoria femminile, per fare impresa e innovare non bastano i capitali, sono fondamentali anche le competenze, il networking, l’accesso a un eco-sistema strutturato. Ambiti in cui emerge la figura del business angel che nelle startup innovative ha un ruolo chiave, di catalizzatore e acceleratore dei processi di crescita, perché con il suo investimento non porta in dote solo capitali ma anche competenze e relazioni.
Valorizzare il ruolo femminile nell’Angel Investing
Tra gli obiettivi che IBAN si è data con il nuovo Consiglio Direttivo c’è quello di valorizzare il ruolo femminile nell’Angel Investing attraverso iniziative e proposte per far crescere la presenza delle donne nel mondo dell’innovazione italiana. Per realizzarlo IBAN ha nominato, per la prima volta, due angel investor donne nel suo Consiglio, la sottoscritta e Lucia Romagnoli.
Secondo l’ultima Survey di IBAN che da diversi anni analizza e monitora l’andamento dell’angel investing in Italia, le donne che investono nel capitale di rischio nel 2019 sono stimate intorno all’11% del totale. Dato basso, ma in linea con quello di realtà, come quella inglese, più sviluppate e strutturate (l’ultima stima per l’Inghilterra parla di un dato intorno al 13% come riferisce UKBAA, The UK Business Angels Market 2020).
Nelle fasi iniziali di vita (seed e early stage) una startup, dopo aver attinto ai finanziamenti di famigliari, amici e conoscenze personali più strette, si avvicina al mondo degli investitori informali, come i Business Angels, per trovare nuove risorse e continuare il percorso di sviluppo. Per le startup al femminile la solidarietà tra donne, la “sorellanza”, è molto sentita e rappresenta un’importante fonte di finanziamento.
È uno dei risultati emersi dalla ricerca del 2018 lanciata nel contesto del programma europeo Women Business Angels for Europe’s Entrepreneurs (WA4E) con il coordinamento di Business Angels Europe, l’associazione europea che riunisce le singole associazioni nazionali di Business Angels: il 54% delle Business Angels donna ha infatti investito in almeno una società fondata da donne e circa il 20% degli “angeli” donna ha investito da 3 a 10 volte in aziende fondate da altre donne. Una propensione che aumenta quando l’investitrice è allo stesso tempo anche un’imprenditrice.
Donne ai vertici: i benefici
È innegabile che lo scenario, nel suo complesso, presenti diversi elementi di oggettiva difficoltà per le donne che vogliono fare impresa o investire in società innovative. I dati però ci dicono che le imprese guidate dalle donne fanno più utili e hanno delle migliori performance in Borsa (“The CS Gender 3000 in 2019” di Credit Suisse). Secondo il terzo Rapporto internazionale dell’Istituto di Ricerca di Credit Suisse dedicato al gender gap nelle imprese, la diversity è senza dubbio una variabile rilevante per gli azionisti. Esiste infatti una forte correlazione tra diversità nei cda e performance aziendali: il differenziale dei margini EBITDA supera i 220 punti base tra le società più diversificate e quelle con un minore equilibrio di genere. E la presenza di donne nei cda determina a cascata una maggiore presenza delle donne negli incarichi direttivi: con un livello di rappresentanza femminile del 50% nei cda si riscontra una quota di donne nel management di quasi il 30%. Un’altra evidenza importante del Rapporto riguarda la diversità di genere nelle imprese di famiglia, che come sappiamo compongono il tessuto imprenditoriale in Italia. In un contesto in cui le aziende di famiglia tendono a sovraperformare in termini finanziari e di performance economica, le aziende familiari che hanno una consistente presenza femminile a livello dirigenziale sono quelle che registrano i risultati più positivi: i margini EBITDA sono migliori, la dipendenza dal debito tende ad essere inferiore, i rendimenti negli ultimi 10 anni sono stati in media maggiori di oltre 400 punti base. E da un’indagine condotta tra 120 aziende a conduzione familiare è anche emerse una correlazione tra la presenza delle donne ai vertici aziendali e la centralità della sostenibilità nella strategia di crescita.
Dati che fanno senz’altro riflettere sull’importanza di misure che incoraggino e supportino la presenza di donne nei cda e alla guida delle imprese. E in questo senso anche il loro ruolo di investitrici a supporto della crescita di startup e progetti innovativi può essere rafforzato.
Nell’angel investing al femminile una delle mancanze principali, su cui è importante intervenire, riguarda la componente comunicativa, con il 30% delle donne potenzialmente in target per diventare angel investor che afferma di far fatica a comprendere il processo dell’Angel Investing e di ritenere questa attività rischiosa (Indagine europea del 2018 WA4E). In generale non c’è stato, almeno fino a questo momento, un piano e una visione anche di medio periodo che poggi su basi solide e idee concrete per stimolare l’imprenditorialità femminile e gli investimenti delle business angel donne. La proposta di creare un fondo dedicato all’imprenditoria femminile è un primo e importante passo, nella direzione giusta.