Mancano solo poche ore alla fine dell’anno: è dunque tempo di bilanci. Tutto si può dire tranne che ci saremmo aspettati, in un contesto socio-economico in piena crisi a livello globale, un dato di crescita così incoraggiante sugli investimenti in venture capital nel nostro paese.
Venture Capital, l’Italia comincia a fare sul serio: i passi avanti e cosa resta da fare
Un anno record per le startup
Eppure è vero, come rileva l’Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di Milano, che nel 2022 gli investimenti totali in equity in startup italiane ammontano a oltre 2,1 miliardi di euro, un valore più che triplicato rispetto ai 694 milioni di euro investiti nel 2019, prima del triennio di crisi, e quasi raddoppiato rispetto allo scorso anno, che si era chiuso con 1,38 miliardi investiti.
Un traguardo raggiunto grazie a diversi fattori, con il ruolo cruciale svolto dagli investitori internazionali, che per la prima volta si sono affacciati con decisione sul mercato italiano, credendo in alcune delle più promettenti startup del nostro paese.
Infatti, come emerge dal documento dell’Osservatorio redatto in collaborazione con Innovup, sono proprio gli investimenti provenienti dagli investitori internazionali, cresciuti significativamente a distanza di dodici mesi, che hanno portato al raggiungimento di questo importante traguardo, passando dai 435 milioni del 2021 agli 1,03 miliardi del 2022, pari a circa la metà del totale raccolto quest’anno.
Andrea Rangone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-Tech, in una nota ha voluto sottolineare come in un periodo in cui – a causa di inflazione e instabilità geopolitica – l’Italia ha dovuto rivedere al ribasso le proprie stime di crescita, le startup hanno segnato un andamento in totale controtendenza, fornendo di fatto un’importante spinta all’economia del paese, diventando i veicoli preferiti per attrarre capitale estero all’interno del nostro Paese.
Ciò che conforta maggiormente gli addetti ai lavori, e non solo, è il potenziale di crescita futura dato dagli interventi in modo concreto e sistemico, sia da parte dei fondi privati che dal ruolo cruciale svolto dal pubblico, soprattutto grazie all’ausilio di CDP Venture Capital Sgr, braccio “armato” per gli investimenti in capitale di rischio di Cassa Depositi e Prestiti.
A tal proposito è da sottolinearsi che CDP ha in programma di investire ulteriori 2,5 miliardi di euro entro il 2025. L’iniezione di tanta liquidità nel mondo dell’innovazione, assieme all’ingresso degli investitori internazionali nel mercato italiano, si prospetta dunque come la benzina per un ulteriore sviluppo e una continua crescita dell’ecosistema.
La crescita dunque risulta essere ciò che dobbiamo aspettarci: guardando infatti ai dati relativi al terzo trimestre dell’anno, pubblicati dall’Osservatorio Venture Capital Monitor – VeM (in collaborazione tra AIFI e Liuc Business School) sulle operazioni di venture capital in Italia, si evidenzia che se pur il nostro paese sia attualmente in crescita, la dimensione complessiva del settore è ancora distante dai principali Paesi europei e, una volta “rotta la diga” che frenava gli investitori esteri, non può che continuare a svilupparsi.
La strada per la maturità dell’ecosistema è ancora lunga, però, e serve che quanto si è fatto negli ultimi anni si consolidi negli anni a venire. Per farlo è opportuno che tutti gli attori remino dalla stessa parte, cercando quanto più è possibile di far sì che anche le istituzioni facciano di tutto per ridurre la burocrazia, e accelerare così il processo di crescita e internazionalizzazione delle nostre imprese; evitando, come fatto in passato, che i founder migliori migrino in ecosistemi più evoluti e raggiungano il successo al di fuori dei confini nazionali: vedasi esempi come Depop, Kong o Sysdig.
Principali operazioni con l’ingresso di investitori internazionali
I round equity più importanti sono stati caratterizzati da raccolte a sette (anche otto) zeri, anche in stage di maturità tipicamente non di interesse per i VC italiani (Seed), e dalla partecipazione di fondi internazionali di primario standing.
Tra i numerosi round distribuiti lungo tutto l’anno solare ricordiamo Satispay (Serie B da 320 milioni di euro) con l’ingresso come lead investor del fondo statunitense Addition, e di altri investitori internazionali quali Coatue, Block (dell’ex ad di Twitter Jack Dorsay), Tencent e Lightrock. Satispay data la valutazione post-money raggiunta con il round, si è guadagnata il titolo di primo Unicorno italiano.
Altri round degni di nota sono quelli di startup del mondo deeptech Newcleo (Serie A da 300 milioni di euro), Arduino (Serie B da 30 milioni di euro) con l’ingresso di Robert Bosch Venture Capital, Renesas, Anzu Partners e Arm, Cortilia (Serie C da 20 milioni di euro) con l’ingresso del fondo francese dedicato al foodtech Five Seasons Ventures, Indaco, Primo Ventures e Red Circle Investments, holding di investimenti privati di Renzo Rosso.
Degno di nota anche il round A di Unobravo (da 17 milioni di euro) startup che sta riscuotendo un notevole successo e che offre un servizio di psicologia online. Il round è stato guidato dal primo investimento italiano di Insight Partners, società di venture capital e private equity con sede a New York.
Come si evince dai numeri e dagli interpreti di queste storie, il 2022 ha visto finalmente anche il mercato italiano uniformarsi alle dinamiche e alle operazioni ormai divenute standard negli ecosistemi più evoluti.
Interessante come questo processo di crescita sia partito da qualche anno dal basso, anche grazie all’ingresso nel nostro paese di acceleratori e preacceleratori internazionali di grande prestigio quali Startubootcamp, Accelerace, Founder Institute, Founders Boost, Startup Wise Guys, Plug & Play, TechStars e Berkley Skydeck, per citarne alcuni. Questi operatori oltre a portare capitali e know how, hanno portato e continuano a produrre un’attenzione particolare all’ecosistema, dando accesso ai loro rispettivi network a progetti e realtà italiane, ampliando di fatto la platea di potenziali investitori e dando una forte influenza internazionale.
Infine, da sottolineare anche come l’incremento di eventi a tema startup nelle principali piazze italiane dell’innovazione, tra cui degni di nota il Techchill Milan, il We Make Future di Rimini, la Rome Startup Week, abbiano crescentemente permesso agli investment manager dei fondi VC internazionali (molto spesso expat italiani) di analizzare l’ecosistema più da vicino e permettere di accedere ad un deal flow di aziende qualificato e di entrare in contatto con operatori locali.
Mercato in decrescita e nuovi scenari per l’equity crowdfunding
In tutto questo fermento di crescita e di numeri che fanno ben sperare, come sottolineato dal report dell’Osservatorio Startup Hi-Tech, il 2022 segna una contrazione pari a circa il 12% (da 450 milioni raccolti nel 2021 ai 400 circa di quest’anno) degli investimenti fatti da investitori informali, ossia tra tutti i business angels indipendenti e i piccoli investitori retail del crowdfunding.
In questo particolare frangente, risulta interessante notare come il segmento dell’equity crowdfunding registri negli ultimi 12 mesi una significativa contrazione rispetto all’ultima osservazione, dai 106 milioni consuntivati nel 2021 si passa a poco più di 85 milioni di euro raccolti nel 2022, riferisce sempre la nota dell’osservatorio.
In generale, rispetto a tale decremento esistono diverse interpretazioni. Da un lato si pensa infatti che tale scenario rappresenti un primo giro di boa circa la maturità dell’ecosistema, che pertanto porta alcune startup in fase pre-seed e seed ad essere attenzionate sin dagli inizi dalle lusinghe dei fondi VC, e per questo di fatto disinteressate dal raccogliere poche centinaia di migliaia di euro attraverso il crowdfunding o i club deal di business angels.
Da un altro punto di vista c’è da prendere atto, ovviamente, che la situazione macroeconomica contingente, vista dalla prospettiva sia dei business angels che dei piccoli investitori retail, non ha aiutato. Chi per un motivo, chi per un altro, data l’incertezza del periodo, in questo momento prima di investire ci pensa bene e soprattutto ha diminuito il capitale da dedicare a questo tipo di investimenti, in attesa forse di un primo effettivo ritorno sul capitale degli investimenti pregressi. Pesa anche che gli “early investor”, anziché manifestare soddisfazione nella tipologia di investimento e così portare nuovi soggetti ad aggiungersi alla platea di sottoscrittori, lamentino i tanti errori di gioventù del settore che ha selezionato imprese e proposto campagne spesso molto efficaci sotto il profilo mediatico ma non così allineate ai criteri di scalabilità e di rischio/rendimento che giustificano le valutazioni tipiche del mondo startup.
Per l’equity crowdfunding ha sicuramente pesato anche il ritardo nella piena implementazione del nuovo regolamento europeo, sia lato piattaforme che lato investitori. Per questi ultimi un altro degli aspetti decisivi è stato dato dall’esiguo numero di exit delle società che hanno fatto dei round di raccolta negli anni precedenti e dal malcontento causato da alcuni downround di società nelle quali avevano creduto. Il calo dei capitali raccolti per la parte startup e scaleup è comunque comune in tutta Europa, tanto che anche i portali più grandi e importanti a livello globale, stanno rivedendo il loro posizionamento.
Per questo tipo di raccolte credo che il 2023 sarà un anno decisivo, ma servirà un apporto di maggiore consapevolezza di tutti gli operatori affinché il mercato riprenda il suo percorso di crescita. Sarà l’anno dell’avvio ufficiale dell’operatività del nuovo regolamento europeo (previsto per novembre 2023 per i portali italiani). Per questo serve continuare a fare attività di divulgazione ed educazione sia agli investitori che agli imprenditori. In seconda battuta serve comprendere a pieno che l’equity crowdfunding è uno strumento che facilita e ottimizza la raccolta dei capitali e non è una sorgente alternativa di fondi: gli investitori crowd sono tipicamente followers e non investono per primi.
Esso è uno strumento molto utile per semplificare gli aspetti burocratici delle raccolte di capitali, ottimizzare la comunicazione sia verso il network dell’imprenditore che verso la community della startup per poi permettergli, grazie alle caratteristiche operative e comunicative, di ampliarsi verso l’esterno ad una folla di persone molto più ampia.
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I portali saranno sempre più strumento di scouting per holding di investimenti, business angels, fondi di VC e corporate, e quindi serve che questo tipo di interlocutori siano consapevoli del ruolo delle piattaforme, ossia degli abilitatori e degli ottimizzatori di raccolta, quindi dei potenziali partner e non dei “competitor”. In Inghilterra alcuni dei principali fondi di VC lavorano fianco a fianco con i portali affinché con l’obiettivo di supportare la crescita delle startup migliori.
Se per le startup early stage l’equity crowdfunding continuerà ad essere un ottimo strumento di comunicazione e raccolta di capitali dal proprio network, esso prenderà sempre più piede, come già successo in numerose occasioni oltre i confini nazionali, come strumento di fidelizzazione della propria community di clienti anche per le scaleup già finanziate dai fondi di VC.
Gli esempi di Freetrade, Heura Foods e Qonto ne sono la prova tangibile. Operazioni cosiddette di Community Funding, con una parte di round (Serie A, Serie B, Serie C, more) allocato per i clienti e membri della community, che investendo anche pochi euro divengono qualcosa in più di un cliente VIP, shareholders appunto, condividendo di fatto i benefici della crescita e sviluppo di una data impresa.
Conclusioni
In sintesi, e per concludere, serve che tutta la catena del valore del mercato del venture capital, largamente inteso, agisca e collabori con tutti gli altri operatori dell’ecosistema per far sì che la crescita non sia un evento passeggero ma possa essere sostenuta e spinta dal basso verso l’alto, permettendoci di raggiungere una maturità tale per cui questo mondo inizi ad essere considerato per quello che è: il futuro della nostra economia.