Startup e PMI

Sostegni bis, Mor (IV): “Detassazione plusvalenze per chi crea imprese, fattore cruciale di sviluppo”

La norma inserita nel DL Sostegni bis, che detassa le plusvalenze per coloro che credono in progetti imprenditoriali e li finanzia, potrà dare una fiammata di crescita all’ecosistema degli investimenti e dell’innovazione italiana. Vediamo come

Pubblicato il 14 Giu 2021

Mattia Mor

Deputato Italia Viva e imprenditore

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’articolo 14 del DL Sostegni-bis prevede che non si paghino tasse sulle plusvalenze legate a investimenti in startup e PMI innovative, da tenere in portafoglio per almeno tre anni.

Siamo riusciti a inserire questa norma, convincendo il Governo a far suo l’art. 20 della proposta di legge denominata “StartAct”, che ho depositato alla Camera nel 2018 che accoglie nella sua ultima versione anche proposte del Deputato della Lega Giulio Centemero, ora in discussione in Commissione Attività Produttive.

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Si tratta di una norma cruciale per il nostro sviluppo economico perché detassa le plusvalenze per coloro che credono in progetti imprenditoriali e li finanziano, permettendogli di crescere e creare posti di lavoro, differenziando questo tipo di investimenti dal semplice investimento in strumenti finanziari.

Anch’essi ovviamente sono importantissimi per la crescita dell’economia, ma è giusto che siano tassati in misura equa (al momento al 26%), mentre è fondamentale dare una spinta e incentivi a tutti coloro che hanno desiderio di trasformare un’idea in un’impresa, dedicando allo sviluppo di questa tempo, lavoro, relazioni e anni di vita, e da questa idea diventata di successo traggono una plusvalenza.

Gli imprenditori e gli investitori che li sostengono vanno incentivati a scommettere su progetti innovativi e questi incentivi devono essere moltiplicatori di altri investimenti e attrazione di talenti, perché, in presenza di una liquidità senza pari sui mercati, si possa scommettere sempre di più sui talenti italiani.

Tutti i settori legati al digitale richiedono grandi investimenti pazienti, e questi in tutti i sistemi maturi sono veicolati da investitori privati che agiscono singolarmente come business angel o da fondi di venture capital.

L’ecosistema italiano del venture capital

Purtroppo, l’Italia si posiziona ancora solo al decimo posto a livello europeo per gli investimenti in venture capital che, nonostante una lieve crescita negli ultimi anni, hanno raggiunto un totale di circa 600 milioni di euro all’anno, largamente inferiori ai 5,4 miliardi di euro investiti in Francia e ai 6,4 miliardi di euro della Germania.

In Italia, l’intero ecosistema del VC è stato caratterizzato negli anni da dimensioni, ambiti di operatività ed esperienza degli investitori molto differenziati e gli interventi pubblici e privati sono stati spesso considerati poco prioritari rispetto a iniziative più importanti dirette alle imprese di dimensioni maggiori e così facendo l’Italia ha continuato a rimanere in una posizione defilata rispetto a Paesi che avevano invece adottato già da diversi anni politiche strutturali nei confronti del venture capital e della creazione di nuove imprese.

L’Italia deve dunque fare tutto il possibile per ridurre l’enorme ritardo che ancora sconta nei confronti dei principali Paesi europei, nella consapevolezza allo stesso tempo di poter offrire un eco-sistema dato dalla seconda economia manifatturiera europea, dalla nostra creatività e capacità di innovazione, dalle nostre Università e dal valore dei nostri imprenditori e dei nostri lavoratori.

L’impatto del NextGenEu

Questo diventa ancor più necessario in presenza di una massa enorme di fondi pubblici quali quelli messi a disposizione da Next Generation EU, che andranno principalmente investiti in piani di digitalizzazione e di trasformazione ecologica, che richiederanno capacità di innovazione e svariati miliardi di investimenti privati in aggiunta a quelli pubblici.

Per far sì che l’impatto della digitalizzazione sia moltiplicatore di opportunità di crescita sarà fondamentale mettere in atto politiche di investimento nelle catene del valore e nelle filiere industriali strategiche più avanzate dal punto di vista dell’innovazione tecnologica e della sostenibilità ambientale, favorendo la crescita dimensionale e l’internazionalizzazione delle imprese attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari a leva.

L’Italia di fronte a questo scenario ha una grande opportunità per modernizzarsi, agganciare il treno dell’innovazione globale e imporre al mondo un proprio modo di vedere lo sviluppo in modo più umanistico e sostenibile.

Nel mondo globale del XXI secolo l’innovazione è il maggior fattore di sviluppo economico, e l’attrazione di investimenti per la creazione di nuove aziende è il maggior fattore di innovazione.

In questo, nel saper attrarre la grande finanza e di utilizzarla per creare ambiziosi piani scalabili a livello globale, siamo colpevolmente molto indietro, ma non lo siamo nell’ingegneria, nella tecnologia, nella capacità di fare impresa, nella creatività e nel design.

Conclusioni

Una norma quale quella appena approvata potrà quindi aiutare a dare una fiammata di crescita all’ecosistema degli investimenti e dell’innovazione italiana, raccontando al mondo che questo è un Paese dove chi investe per creare e far crescere una nuova impresa trova uno Stato che gli sta di fianco, lo agevola e lo incentiva.

Questo in particolare se consideriamo che nell’ecosistema delle startup negli ultimi due o tre anni si è abbastanza consolidata la fase di seed, dei primi finanziamenti, mentre la parte più difficile resta quella dei round di investimento, oltre che di exit vera e propria, per cui per le aziende più promettenti, che devono crescere a livello internazionale, spesso si preferisce andare a raccogliere i capitali all’estero, trasferendo però anche l’azienda e i suoi dipendenti.

L’obiettivo di tutto il lavoro che abbiamo svolto in questi anni, dalla scrittura dello StartAct alla norma di oggi è molteplice: tenerci le nostre imprese innovative da un lato e farle crescere, incentivare maggiori investimenti privati da parte degli italiani, attrarre capitali stranieri e favorire l’ingresso in Italia di startup straniere e dei talenti che queste assumono.

Mi piacere pensare sempre che l’Italia possa diventare un Paese in cui le opportunità vengano date a chi ha il talento e la voglia di fare ma non ne ha i mezzi, diventando destinazione per coloro che corrono, non di fuga dove restano solo quelli che stanno bene nell’immobilismo.

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