Anche la gestione del rischio di una startup (o di qualsiasi azienda) può essere basata sulle leggi potenza. Nei paesi anglosassoni, patria della venture industry, sono ormai tanti i fondi che le applicano. Puntano a trovare gli unicorni, gli unici investimenti abilitanti a portare dei ritorni importanti nel tempo.
Il punto da cui avviare la nostra analisi è che capire e gestire la complessità è oggi straordinariamente importante per cogliere opportunità e ridurre i rischi nell’ecosistema dell’innovazione. Con questa conoscenza il Venture Capital otterrebbe ritorni più significativi rischiando di meno, mentre le startup potrebbero più facilmente raggiungere i consumatori e prosperare.
La complessità non è lineare. Parte da un sistema semplice, ordinato e non caotico e, grazie all’applicazione di regole semplici ma reiterate, emerge come tale. Emerge disegnando un nuovo ordine che sfugge alla comune comprensione, alle comuni lenti che utilizziamo per osservare un fenomeno. Il disordine crea ordine.
Complessità e leggi di potenza
La complessità è rappresentabile dalle reti e quindi dalle leggi di potenza. Cosa sono le leggi di potenza? Tecnicamente sono una rappresentazione matematica di fenomeni a due variabili, in cui una è espressa come potenza costante dell’altra. Un esempio immediato è il quadrato, con la relazione tra la lunghezza di un lato e l’area. L’area è sempre il quadrato del lato: l’esponente rimane costante a 2.
I fenomeni nel mondo sono generalmente rappresentati con la statistica classica descrittiva e con la curva a campana gaussiana. La gaussiana è perfetta per rappresentare la distribuzione delle probabilità di accadimento di fenomeni i cui eventi sono tra loro indipendenti, come il lancio della moneta, in cui il lancio successivo non dipende da quello o quelli precedenti. In tale rappresentazione, per definizione le code a sinistra e a destra della curva molto spesso non vengono considerate perché apportano poco alla comprensione del fenomeno studiato.
La curva di Gauss non permette però di studiare i fenomeni i cui eventi sono invece tra loro dipendenti. Per fare questo è necessaria la curva di potenza: tutti gli eventi sono sempre considerati e le code della curva ne sono parte fondante e non escludibili.
La lista dei fenomeni che dovrebbero essere analizzati con questo sistema sono tantissimi, perché quasi tutto è legato alla dinamica interazione di elementi. Dallo scontro dinamico di atomi e molecole alla interazione sociale degli animali, e quindi anche degli esseri umani, alla distribuzione della ricchezza (Pareto), alla distribuzione di fatturato, alla 20/80, qualunque tipo di rete, da quella sociale agli aeroporti, la lista è pressoché infinita.
Le curve di potenza sono una legge empirica, basata cioè sull’osservazione dei fenomeni.
L’immagine che segue evidenzia le differenze tra i due tipi di curve.
Utile a questo punto un breve excursus sulle classi di risultati conseguenti all’applicazione di regole semplici e continuative ad un sistema.
Informazione e interazioni
In senso orario dall’alto a sinistra troviamo 4 sistemi: in equilibrio, ciclico, complesso e caotico. Gli ultimi 2 sono il frutto di interazione continua tra elementi secondo delle regole molto semplici (di norma le regole in quasi tutti i fenomeni studiati sono semplici). Sono le interazioni dinamiche a definire il nuovo ordine, non gli elementi in sé. Ultimamente anche il fisico Carlo Rovelli è arrivato alla stessa conclusione in merito alla variabile tempo. L’interazione dinamica di particelle subatomiche da luogo alla formazione di calore e quindi ad un prima ed un dopo, il tempo; un tempo emergente localmente dall’interazione di particelle. Senza interazione, il tempo non esiste.
Quindi è l’interazione dinamica tra oggetti o soggetti a creare nuovi mondi, nuovi sistemi, nuovi equilibri. Non gli oggetti in sé: secoli di filosofia e metafisica occidentale mandati in frantumi in un attimo. Ma non è tutto. Le interazioni tra oggetti (o soggetti) sono informazione. Come diceva sinteticamente Wheeler a fine anni 80 “it from bit”, traducibile con tutto è informazione. Informazione e interazioni.
Torniamo alle leggi di potenza e alle reti che le rappresentano. Le reti sono fatte di nodi e legami tra nodi. Alcuni nodi man mano e in modo naturale, automatico e misterioso, acquisiscono più legami (relazioni) di altri secondo uno schema analogo condiviso da tutti i fenomeni costituiti da eventi interdipendenti. Abbiamo detto che non presentano un equilibrio classico, qualcosa che stia nel mezzo o qualcosa legato all’utilità marginale. Proviamo a dirlo con Pareto: il 20% di input produce l’80% di output. Siamo nel mondo della diseguaglianza profonda.
A fine 2019 uno studio di Boghosian pubblicato su Scientific American ha evidenziato che, in un sistema nel quale più soggetti partono alla pari scambiando beni e servizi, man mano tale sistema si modifica assumendo una connotazione oligarchica. In una o poche mani si concentra in modo naturale la quasi totalità della ricchezza. E’ un’altra prova che la natura e i sistemi non tendono all’uguaglianza, tutt’altro, ma funzionano secondo le leggi di potenza. Stiamo dicendo che la natura e l’universo sono tiranni? Forse. O forse hanno semplicemente trovato il modo migliore per assicurarsi il futuro riducendo al massimo i rischi. Il 20/80 non significa che il 20 rimane immutabile al suo interno. La natura lavora incessantemente perché il 20 si rinnovi continuamente, perché tale rinnovamento favorisce la sopravvivenza. La disuguaglianza emergente crea un nuovo ordine.
Leggi di potenza e business
Le leggi di potenza sono un toolkit rilevante nel mondo del business: individuare alcuni pattern complessi consente di capire in profondità i problemi e trovare soluzioni avanzate. Esse forniscono il supporto teorico per gestire situazioni complesse.
Ambiti di applicazione lato business sono senz’altro le tecniche per accelerare l’adozione dei prodotti innovativi. Perché usiamo ancora la curva gaussiana per indicare le classi di utenti in funzione dei tempi di propensione all’adozione delle innovazioni? Perché invece non considerare i consumatori più ricettivi come dei nodi di una rete di relazioni e su queste basi costruire la rete dei consumatori? In effetti gli early adopter sono proprio coloro che stanno cercando la soluzione ad un problema e sperano di trovarla con il nuovo prodotto che stanno adottando (Ash Maurya, Innovator’s Gift). Consideriamo anche che i consumatori decidono in larghissima parte in modo non razionale (95%), ma in base all’appartenenza a gruppi e in base a pregiudizi. Ancora reti e leggi di potenza. Il decantato Growth Hacking è completamente basato sulle leggi di potenza così come il marketing virale e il network effect (rispetto al viral marketing, il network effect aumenta il valore della rete all’aumentare dei nodi collegati).
Anche la gestione del rischio di una startup (o di qualsiasi azienda) può essere basata sulle leggi potenza. Le startup sono nodi di una rete e in un mondo sempre più piccolo possono essere colpite da qualsiasi evento – per quanto piccolo – accaduto dall’altra parte del mondo. Ecco che allargare l’azienda da un singolo nodo passivo a una rete ampia di nodi (fornitori, clienti, mercati, entità finanziarie, etc) con ampi e variegati legami può ridurre di molto il rischio. Anche l’ecosistema delle startup può benissimo essere visto come una rete di elementi in relazione: questo significa che per funzionare non basta avere dei silos di finanza, cultura e quadro normativo. Anche una di queste componenti presa al suo massimo livello produce pochissimo se non inserita in un sistema ben studiato e basato su reti e leggi di potenza.
Questi sono solo alcuni spunti di applicazione delle leggi di potenza, unico limite è la fantasia.
Si comincia a sentire anche di diverse startup, nonché di grandi aziende nate come startup, che usano questo approccio per costruirsi un presente e un futuro radioso. Perché devono essere di totale appannaggio anglosassone?