Casi e storie

Startup e industria: la via italiana all’innovazione

Non è un Paese per exit miliardarie: meglio per le startup italiane cercare partnership e collaborazioni con aziende già avviate. Ma serve un cambio culturale di tutto l’ecosistema. Ecco gli esempi pionieri

Pubblicato il 01 Apr 2014

Federico Guerrini

giornalista

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Se n’è parlato di recente anche agli Stati Generali dell’ecosistema startup italiano, l’evento milanese che ha riunito una parte consistente dei protagonisti dell’ambiente tricolore delle startup: la via italiana all’innovazione non può ridursi a un semplice scimmiottare esperienze estere, siano esse quelle della California o di Berlino, ma deve tener conto delle peculiarità del tessuto imprenditoriale nostrano. “Il nostro sistema industriale – spiega ad Agenda Digitale Stefano Firpo, capo della Segreteria Tecnica del Ministro dello Sviluppo Economico – non credo si giochi tutto sull’ultima frontiera o sull’ultimo social network, come in Silicon Valley. Noi siamo un sistema basato sull’industria e sulla manifattura, e sia le startup che le aziende “tradizionali” possono trarre profitto da un reciproco interscambio”. “Non parlo necessariamente – precisa Firpo – di acquisti di startup da parte di grandi imprese, ma di sinergie e collaborazioni fra di loro”. Le startup in questo modo possono avere facilitazione per quanto riguarda competenze, accesso al credito, pianificazione. Per le aziende, da queste collaborazioni può arrivare invece una ventata di aria fresca che le aiuti a rinnovare il loro business.

Forse non faranno notizia come le acquisizioni o le quotazioni in Borsa miliardarie di Oltreoceano, ma di esempi di partnership di questo tipo ne esistono già diversi, soprattutto in settori dove il Made in Italy è tendenzialmente molto forte, come la moda. Firpo cita ad esempio la vicenda di H-umus, startup nata nel 2007 all’interno di H-Farm, e che ha avuto l’idea di sviluppare un’applicazione per iOS che consentisse alle aziende di fashion di sostituire la tradizionale presentazione cartacea delle proprie collezioni con una “vetrina” più dinamica e accattivante da fruire su tablet. Trovando le prime opportunità di collaborazione con grandi marchi come Armani, Diesel, Benetton, Safilo. Un altro caso interessante è quello di Natural Gentleman, startup di Biella nata nel 2011, che ha creato una piattaforma per ordinare capi su misura online. La giovane società si è aggiudicata nel 2012 il premio StarCup Piemonte. Subito dopo è arrivato l’interessamento di Reda, storico marchio del tessile, sempre di Biella, che ha acquistato una partecipazione nella startup e stretto una partnership con essa. Dal produttore di tessuti sono arrivati supporto, esperienza e capitali; in cambio, Reda, che fornisce le lane con cui vengono confezionati gli abiti su misura di Natural Gentleman, ha trovato nuovi sbocchi di mercato. I due citati sono senz’altro esempi virtuosi di collaborazione fra realtà vecchie e nuove.

Il posizionarsi delle startup come bacino di innovazione, quasi reparti ricerca e sviluppo esterni, delle aziende, potrebbe contribuire a risolvere o quantomeno ad attenuare alcuni dei limiti intrinseci del modello di innovazione esistente al momento a livello nazionale. “In Italia – racconta Carmelo Cennamo, docente di Stategia & Imprenditorialità alla Bocconi di Milano – c’è un problema di comunicazione fra aziende e startup. Questo perché da noi il mondo delle startup si è sviluppato in parallelo al modello imprenditoriale esistente. E, mancano i capitali che supportino la crescita delle imprese innovative oltre la fase di seed. Non esiste, come negli Usa, un mercato di venture capital intorno che riconosce valore alle imprese innovative Anche per questo le startup si sono concentrate sopratutto sulla produzione di soluzioni per il mondo digitale, che richiedono minori investimenti, più che sulla realizzazione di prodotti fisici”. Qualcosa sta cambiando anche in questo senso: sono entrate ufficialmente in vigore da pochi giorni le agevolazioni fiscali di corporate venture capital: le società di capitali potranno dedurre dalla base imponibile il 20% dell’importo investito in una o più startup innovative. E già qualche investitore dl settore, come per esempio United Ventures, si sta attrezzando per sostenere le startup anche nei round A e B, quelli dove girano milioni o decine di milioni di euro.

“Serve però anche un cambiamento culturale – dice Firpo – il nostro ambiente industriale è spesso troppo chiuso e sospettoso. È vero però che la crisi ha portato un’accelerazione, anche le piccole e medie imprese si stanno aprendo a chi fa innovazione”. Un campo dove si stanno attuando sinergie interessanti, è quello dell’editoria. È di questo mese la notizia che il colosso Mondadori ha rilevato Anobii, un social network per amanti della lettura, nato a Hong Kong, con un milione di utenti nel mondo e 300.000 in Italia. Più in piccolo, ma tutta italiana l’operazione realizzata fra il Gruppo Pozzoni, uno dei leader a livello europeo nel settore delle arti grafiche e della stampa, e “Memeoirs”, una startup di Trento specializzata nella stampa in cartaceo delle conversazioni digitali – crea cioè dei libri rilegati a partire dai messaggi di Gmail. Pozzoni ha investito un quarto di milione di euro in Memeoirs, che è andato ad aggiungersi ai 175.000 euro stanziati dalla Provincia di Trento.

Bella anche la storia di Design42day, un sito e magazine, nato a Milano dalla creatività e dall’iniziativa di un paio di amici nemmeno trentenni e che in poco tempo è diventato un punto di riferimento per il design indipendente a livello internazionale. “All’interno del sito – spiega Cennamo – è nato anche un laboratorio di creazione e di e-commerce chiamato Loft42, per i progetti dei designer che sono diventati realtà attraverso il rapporto con gli artigiani”. Un bell’esempio di come reimmaginando e reinventando il patrimonio di artiginalità e creatività di cui il nostro Paese abbonda, e combinando manifattura tradizionale e nuove tecnologie, possano venire forse le idee giuste per il futuro. Già oggi nel Bel Paese esistono in campo manifatturiero realtà uniche al mondo, come la Avio Aero di Novara, che stampa in 3D componenti per l’industria aeronautica. “In Italia – dice Firpo – siamo stati fra i primi a introdurre le macchine a controllo numerico. Oggi siamo alla vigilia di un’altra rivoluzione, quella della stampa in tre dimensioni, e con la sua tradizione di artigianato e di piccole e medie imprese, il nostro paese anche questa volta potrebbe essere all’avanguardia”.

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