Il decreto Rilancio contiene alcune misure positive per le startup e più in generale per l’ecosistema dell’innovazione. Infatti, si ritrovano alcuni provvedimenti specificatamente rivolti alle imprese innovative, che rappresentano il futuro del nostro Paese. Una volontà specifica del Governo italiano che risponde all’esigenza, sempre più necessaria e richiesta, di dare “dignità” all’intero ecosistema delle startup innovative.
Dopo il primo apprezzato sforzo normativo, è ora auspicabile che il Governo chiarisca quali siano le reali intenzioni di sviluppo del settore innovazione scegliendo fra una strada che porti ad un aumento in termini assoluti delle imprese innovative e una che invece privilegi il merito delle realtà stesse.
Oltre a questo, va chiarito il ruolo degli investitori professionali, estremamente valorizzati nella versione del DL Rilancio approvata in CdM e convertita in legge a larga maggioranza, e successivamente marginalizzati nella predisposizione dei decreti attuativi.
Inoltre, diventa adesso fondamentale incanalare l’ingente quantità di risorse messe a disposizione in strumenti efficaci e velocemente usufruibili, per evitare di cumulare ritardi che rischiano altrimenti di rendere inutile lo sforzo profuso per realtà e imprese in forte crescita ma inevitabilmente ancora molto fragili.
La resilienza delle startup
Un ritardo peraltro già evidente se confrontato con la resilienza fuori dal comune dimostrata dalle imprese innovative, che le ha portate a reagire alla crisi meglio di molte aziende dei comparti tradizionali. Questo emerge dalla ricerca “L’impatto dell’emergenza COVID-19 sulle startup e sull’ecosistema dell’innovazione in Italia”, realizzata da VC Hub Italia ed EY su un campione di startup e gestori di fondi di Venture Capital.
Confermando le startup come elemento fondamentale del tessuto economico nazionale, la ricerca racconta come queste abbiano dimostrato fiducia e ottimismo verso il futuro, oltre a una forte resilienza. Molte, soprattutto quelle legate al settore del digitale e in particolare all’e-commerce, hanno continuato a crescere, sia in termini di assunzione di nuove risorse che di ricavi. Ovviamente, una crisi di questa portata ha comprensibilmente generato difficoltà per una parte delle startup, seppur inferiore in termini percentuali. Il 68% ha dichiarato di aver subito una riduzione della domanda, l’80% ha ridotto fino al 15% il salario del personale, il 55% è dovuto ricorrere alla cassa integrazione e il 41% sta valutando di ricorrere al Venture Debt mentre il 16% si è già mosso in tal senso o è in trattativa per farlo. Durante il periodo emergenziale, peraltro, una startup su tre ha dovuto interrompere o ritardare il round di finanziamento che era in essere prima del periodo del lockdown.
Lato investitori, i gestori di fondi di Venture Capital hanno registrato problemi di liquidità, con il 54% che si sta preparando a cercare nuovi finanziamenti per ripartire, mentre alcuni hanno lamentato una diminuzione della raccolta fondi o il fallimento di una o più delle realtà all’interno del proprio portafoglio.
Una cosa che accomuna sia le startup che gli investitori, è l’auspicio di un intervento del Governo in termini di investimenti per potenziare la dotazione infrastrutturale, con particolare attenzione al digitale, una ridefinizione della legislazione sul lavoro (con un focus sullo smart working) e sussidi sia diretti che indiretti (es: sconti in bolletta, sgravi fiscali).
Le startup al centro del progetto di rilancio dell’economia
La resilienza mostrata dalle startup nell’affrontare questa emergenza e il divario emerso con il sistema imprenditoriale tradizionale, fa emergere ancor più chiaramente la necessità di sostenere quelle più promettenti, mettendole al centro del progetto di rilancio dell’economia del Paese. Il fatto che siano state capaci di navigare anche “controvento” lascia intravedere grandi margini di miglioramento dell’intero ecosistema, in presenza però di norme che ne agevolino l’esistenza e l’operatività.
Il momento per intervenire nell’ottica di ridurre il divario che abbiamo con altri Paesi europei è adesso. Per fare un confronto, in Francia sono stati stanziati quattro miliardi di euro, che sono già stati messi a disposizione delle startup. In Italia ne sono stati stanziati in misura minore, il che è normale se consideriamo le diverse dimensioni del mercato, ma ancora non sono stati messi a disposizione delle imprese. La previsione di un fondo in favore delle startup innovative e l’istituzione di un fondo specifico a sostegno del venture capital sono importanti passi avanti che siamo certi potranno aiutare il settore. Allo stesso tempo, è necessario dettagliare il principio della destinazione del fondo di sostegno per il Venture Capital- che a seguito della conversione parlamentare in legge sarà basato sulle modalità di co-investimento con un moltiplicatore 4:1 rispetto agli investimenti privati, attraverso la formula del prestito convertendo- e i criteri attraverso i quali verranno elargite le risorse pubbliche
Una rimodulazione della suddivisione delle risorse totali previste dal pacchetto è auspicabile perché sarebbe preferibile privilegiare meccanismi che prevedano l’assegnazione di una parte più significativa delle risorse a operazioni che tengano conto dell’effettivo potenziale delle imprese e dalla loro possibilità di posizionarsi in futuro come leader di settore.
Conclusioni
Se alcuni punti introdotti dalla conversione in legge del decreto Rilancio sono da dettagliare e da chiarire, è vero che vengono introdotte norme per l’ecosistema startup che vanno nella direzione giusta, e che dovrebbero facilitare da un lato gli investimenti in queste realtà (grazie ai contributi dedicati a fondi di investimento istituzionale e agli sgravi fiscali introdotti per investitori persone fisiche), dall’altro il potenziamento del supporto diretto e indiretto allo sviluppo e alla crescita delle startup attraverso la conferma o l’introduzione di alcuni contributi a fondo perduto, o il rafforzamento di strumenti come il credito di imposta per ricerca e sviluppo ovviamente fondamentale per questo tipo di realtà.
Intervenire ancor di più e meglio deve essere la priorità del sistema economico italiano, anche per permettere alle startup di “scalare” il proprio business e diventare realtà consolidate, con modelli precisi nella fase di execution e con un’espansione dei mercati di sbocco sia a livello nazionale che internazionale (per diventare quelle che si amano definire come “scale up”). Ancora troppo basso, infatti, il numero delle scale-up in Italia (circa 140) e soprattutto troppo costante nel corso degli ultimi anni. L’Italia non deve correre alla ricerca spasmodica del numero assoluto di startup presenti sul proprio territorio, ma al contrario mirare alla creazione di un tessuto imprenditoriale nuovo, innovativo e competitivo con il resto d’Europa. L’auspicio è che i provvedimenti adottati possano rappresentare il primo passo verso questo obiettivo.