contamination lab

Startup: senza il capitale umano l’unicorno italiano è utopia

Sono ormai numerose le opportunità per un business angel di entrare in contatto, con startup più o meno innovative. Ma questo ancora non basta per incrementare gli investimenti. Mancano ancora consapevolezza, cultura, coraggio imprenditoriale. E bisogna che imprenditori e investitori entrino nelle scuole

Pubblicato il 14 Set 2017

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Il 2012 è sempre citato dall’opinione pubblica come un anno particolarmente negativo perché associato a svariate riforme strutturali, Austerity inclusa. Nel nostro contesto di riferimento, viceversa, il 2012 è stato un anno molto importante per l’imprenditorialità del Paese, sia giovanile che innovativa. E non solo per la sezione speciale del Registro delle Imprese dedicata alle startup innovative, ma anche per un’altra delle proposte di particolare lungimiranza contenute nel rapporto “Restart, Italia!” della task force sulle startup istituita dal Ministro dello Sviluppo economico. Stiamo parlando dei Contamination Lab, che hanno l’obiettivo di portare lo spirito imprenditoriale e l’innovazione nelle università. In questo caso su impulso del Ministro Profumo in collaborazione con il più noto (tra gli startupper) Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo Economico e padre della normativa sulle startup. Partito come progetto pilota nelle università di quattro regioni del Sud – Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – con risorse fino a 200 mila euro per due anni, oggi – secondo semestre 2017 – è diventato operativo su tutto il territorio nazionale. In particolare, nel Centro-Nord presso le Università di Padova, Trento, Venezia, Modena e Reggio Emilia, Pisa, Torino, Bergamo; nel Sud-Isole presso le Università Cagliari, Bari, Salento, Catania, Basilicata, Napoli, Teramo, Palermo, Calabria. L’impegno finanziario complessivo è pari a 5 milioni di euro.

Per chi non li conoscesse, i Contamination Lab sono spazi di contaminazione tra studentesse e studenti, dottorande e dottorandi di discipline diverse, che puntano alla promozione di nuovi modelli di apprendimento e allo sviluppo di progetti di innovazione a vocazione imprenditoriale e sociale. Rientrano nel campo di applicazione e di ricerca dell’Entrepreneurship Education, e risultano essere in linea con lo spirito di creazione della cultura d’impresa della Commissione Europea.

Ma c’è un aspetto che riteniamo particolarmente importante per la riuscita dell’iniziativa e che consideriamo un tangibile punto di forza: da quest’anno è prevista l’interazione in maniera sistematica e stabile con tutti i referenti del mondo delle startup e delle imprese innovative (business angel, venture capitalist, associazioni, spazi di coworking, rappresentanti del terzo settore, spin off, professionisti terzi) al fine di massimizzare la contaminazione tra interno e esterno dei Contamination Lab. Centrale nel programma, anche perché uno degli obiettivi del CLab è proprio la creazione del capitale umano indispensabile, per lo sviluppo di business plan e l’avvio di attività imprenditoriali.

Ormai sono numerose le opportunità per un business angel di entrare in contatto, conoscere e eventualmente apprezzare (o investire) startup più o meno innovative, più o meno scalabili: bandi, premi, iniziative di open innovation, eventi, quasi ogni giorno c’è un beauty contest in cui “sfilano” progetti imprenditoriali. Nonostante ciò, gli investimenti rimangono ancora molto lontani dai nostri vicini europei (anche se raddoppiati nell’arco di un anno come emerge dal nuovo rapporto “Early stage in Italia” – realizzato da Iban, l’associazione dei business angel, e dall’Osservatorio Venture capital monitor (VeM) dell’Università Cattaneo di Castellanza in collaborazione con Aifi – che raccoglie i dati sul mercato early stage italiano nel 2016 raggiungendo quota 202 milioni).

Un motivo potrebbe risiedere proprio nel fatto che molti progetti nati all’interno delle università e dei centri di ricerca non trovano uno sviluppo come impresa per mancanza di consapevolezza, o semplicemente mancanza di cultura e di coraggio imprenditoriale.

Riusciremo prima o poi ad avere il “nostro” Adam D’Angelo? Per chi non lo conoscesse Co-founder e CEO di Quora, una delle più importanti piattaforme di knowledge sharing al mondo portato qualche tempo fa a Milano da Andrea Roberto Bifulco di Startup Grind Milano. Ne parlo perché la storia del “fondatore di un unicorno” (Quora è valutata 2 miliardi) inizia alle superiori dove conosce Mark Zuckerberg, con cui sviluppa un software di suggerimento musicale – “Synapse Media Player” – poi acquisito da Microsoft. Sempre con Zuckerberg, negli anni dell’Università, Adam crea il sito  “BuddyZoo”.

Con le dovute proporzioni, riusciremo mai ad avere giovani con uno spirito imprenditoriale così marcato sin dalle scuole superiori o dall’università?

Sicuramente il MIUR, Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministro Fedeli, come anche Calenda e il MISE con Patent box, Piano Industria 4.0, ci stanno provando. Oltre all’iniziativa dei Contamination Lab, recentemente sono stati stanziati fondi per 497 milioni per incentivare la collaborazione pubblico-privata nel campo della Ricerca&Sviluppo industriale. Dodici gli ambiti: Aerospazio, Agrifood, Blue Growth, Chimica verde, Cultural Heritage, Design, creatività e Made in Italy, Energia, Fabbrica Intelligente, Mobilità sostenibile, Salute, Smart, Secure and Inclusive Communities, Tecnologie per gli ambienti di vita.

Forse la partnership pubblico/privato, che metta a fattor comune conoscenze e competenze dei nostri eccellenti ricerca universitari, facendo entrare nelle scuole imprenditori e investitori, nell’ottica non solo di formare ma anche di scovare capitale umano e progetti di valore non ancora diventati impresa potrebbe essere la strada giusta per veder nascere finalmente un unicorno, all’italiana.

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