Il responsabile degli approvvigionamenti della Rolls-Royce, gigante dell’avionica inglese, ha nei giorni scorsi dichiarato che è una prospettiva assolutamente concreta quella di produrre il sistema frenante di un aereo on demand usando una stampante 3D.
Il Dipartimento di Stato americano ha recentemente espresso la propria preoccupazione circa l’impatto in termini di sicurezza nazionale derivante dalla realizzazione di copie perfettamente funzionanti della pistola “Beretta 92S” in dotazione all’esercito americano che, realizzate in materiale plastico con le digital printers, risultano irrilevabili agli attuali metal detector.
La società 3T RPD, nel Berkshire , in collaborazione con l’Università di Southampton, ha creato il primo aereo 3D stampato al mondo, un piccolo drone.
Enrico Dini, inventore Italiano, ha realizzato un dispositivo che utilizza un materiale a base di magnesio per legare le particelle di sabbia insieme, ricreando parti di barriera corallina che stampa in 3D in pochi minuti e vende come complementi d’arredo. La macchina di Dini, nota come D – Shape, può stampare qualsiasi oggetto, auto progettato dal cliente, che stia nello spazio rappresentato da un cubo di dimensioni 6×6 metri.
L’ idea della stampa 3D non è nuova: risale agli anni ’90, e agli inizi del 2000 quello che allora si chiamava “rapid prototyping” era già utilizzato per produrre i componenti delle monoposto del team Renault F1. Ma oggi questa tecnologia si candida ad essere l’asse portante di un nuovo paradigma industriale.
Questo cambio radicale è legato a due fattori: 1) mentre la stampa in 3D con inchiostri di materiali plastici è tecnologia disponibile già alcuni anni, una vera rivoluzione si ha con le stampanti industriali – già diffuse negli USA – che utilizzano ceramica e composti metallici, consentendo ora la produzione di componenti per elicotteri, auto, moto,… 2) il crollo del costo delle stampanti 3D di uso consumer che hanno raggiunto prezzi molto limitati, le più semplici anche 1.000 € /1.500 euro.
Nel frattempo, le vendite di stampanti 3D hanno raggiunto i 2 miliardi e 200 milioni di dollari di fatturato nel 2012 e si stima che saliranno a 6 miliardi di dollari l’anno entro il 2017.
L’impatto del fenomeno del 3D printing e della diffusione di questo nuovo impianto industriale sui nuovi modi di produzione e sull’organizzazione dei fattori di produzione, nonché sui modelli di consumo, è tale che non pare retorico parlare di “terza rivoluzione industriale” come ha fatto l’Economist.
Per l’impresa capitalista e taylorista, la fabbrica, il “luogo del fare”, era basato sulle economia di scala ed il prodotto era quello per il consumo indistinto di massa (la famosa auto di Henry Ford, di cui si poteva scegliere il colore, purchè nero).
Oggi il luogo della produzione è un mix tra garage, bottega artigiana e laboratorio, e dall’incontro tra tecnologia digitale e produzione personalizzata si apre il mondo nuovo della scelta “totale” dei consumatori, che arriva sino all’estremo dell’autoprogettazione e dell’autoproduzione. Le produzioni sono numerate i prodotti di alto livello sono “su misura” per soddisfare le singole esigenze di acquirenti su mercati nuovi o tradizionali.
Dalla combinazione delle tecnologie di stampa 3D e della creatività tipica della produzione artigianale e manifatturiera di alta qualità italiana, può passare la via non solo di un nuovo “saper fare” artigiano,ma del ripensare e rilanciare gran parte della manifattura italiana, attraverso il connubio tra abilità artigiane, saperi manuali, design e innovazioni poli-tecniche.
In questo scenario, il lavoro e la produzione si evolvono. I Fab-Lab, centri dove fare sperimentazione, luoghi attrezzati per realizzare propotipi, sono in crescita costante, rappresentano un’occasione di investimento privato e /o pubblico (anche diverse realtà pubbliche cominciano ad investire così, per trattenere talenti e saperi).
I Fab-Lab creano rete con la condivisione della conoscenza, mettono a disposizione l’innovazione alle imprese che si aprono a nuovi mercati e vedono crescere la loro competitività, e a chi vuol creare nuovi oggetti da mettere in produzione.
E-commerce, e-business, e-manifacturing. Nella terza rivoluzione industriale è il digitale che lega imprese e laboratori, imprese e imprese, imprese e consumatori, riducendo costi e creando valore.
L’impatto si ha soprattutto nei confronti delle imprese che si traguardano ai mercati finali. Questo uso del digitale consente infatti di creare oggetti su misura rispetto ai gusti e le esigenze dei potenziali clienti. Ma si ha anche sulle supply-chain: le nostre piccole imprese che operano nel segmento intermedio all’interno di catene di sub-fornitura possono produrre sui territori perché con la fabbricazione digitale sarà più conveniente, riannodando le filiere produttive colpite dalla crisi. Oltretutto rimanendo in un contesto che assicura qualità e riduce i costi impliciti delle delocalizzazioni. E’ la rivincita del fare artigianale.
Sarà per questo che il mondo artigiano, soprattutto nelle aree a forte vocazione export, vi investe con crescente interesse?