Innovazione

Venture capital: sostenibilità e deep tech leve anti-crisi. Come sfruttarle



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Il settore del venture capital (VC) affronta una fase critica, con una diminuzione degli investimenti a seguito di vari fattori globali. Tuttavia, emergono opportunità nei segmenti della sostenibilità e del deep tech. È essenziale però superare il divario tra ricerca e impresa per trasformare le idee in imprese di successo

Pubblicato il 14 mar 2024

Emilia Garito

Founder e CEO di Quantum Leap, Founder e Chairman di Deep Ocean Capital SGR Spa



startup ddl concorrenza

Il recente crollo del Venture Capital ha messo a dura prova la sopravvivenza di numerose giovani imprese innovative, costringendole a confrontarsi con una realtà spesso ostile e incerta. Tuttavia, proprio in questi momenti di difficoltà emergono le opportunità più interessanti: il settore DeepTech e la sostenibilità rappresentano oggi due ambiti di grande potenziale, offrendo alle startup l’opportunità di reinventarsi e ridefinire i propri obiettivi.

Ma trasformare un’idea in un’impresa vincente non è un compito semplice e richiede una gestione accurata dei processi di trasferimento tecnologico e di tutela dei diritti di proprietà intellettuale. In questa complessa partita a scacchi, la questione dei brevetti assume una rilevanza cruciale nel contesto europeo, dove le normative sulla protezione della proprietà intellettuale sono spesso percepite come complesse e costose dalle startup. Questa situazione può rappresentare un ostacolo per l’attrazione di investimenti da parte dei fondi di Venture Capital.

Ecco tutti i tasselli di questo complesso puzzle.

Il crollo delle startup: l’attuale panorama del Venture Capital

Negli ultimi anni alcuni fattori endogeni ed esogeni come il conflitto russo-ucraino, la deglobalizzazione, l’inflazione, la recessione imminente, i tassi di interesse, le crisi e i fallimenti bancari – tra cui quello della Silicon Valley Bank – hanno sicuramente avuto un impatto importante, nel mondo finanziario

La finanza, e in primis il venture capital (VC), dipendono principalmente dalle previsioni, ça va sans dire: in situazioni di crisi come queste, gli investitori tendono a ridurre le attività finché non identificano un piano prospettico su cui basare i loro investimenti.

WeWork ha raccolto oltre 11 miliardi di dollari in finanziamenti come azienda privata. Olive AI, una startup nel settore sanitario, ha ottenuto 852 milioni di dollari. Convoy, una startup nel settore della logistica, ha raccolto 900 milioni di dollari. E Veev, una startup nella costruzione di case, ha accumulato 647 milioni di dollari.

Negli ultimi mesi, tutte hanno dichiarato bancarotta o chiuso. Sono i fallimenti più recenti in un crollo delle startup digital e non, il quale sembrerebbe essere solo agli inizi. Di fatto, dopo aver evitato il fallimento di massa tagliando i costi negli ultimi due anni, molte aziende tech, una volta considerate molto promettenti, sono ora sull’orlo del tracollo.

Affrontano una dura realtà: gli investitori non sono più interessati alle promesse; piuttosto, le società di venture capital stanno decidendo quali giovani aziende meritano di essere salvate e stanno spingendo altre a chiudere o a vendere. Ad agosto, Hopin, una startup che ha raccolto più di 1,6 miliardi di dollari ed era valutata 7,6 miliardi di dollari, ha venduto la sua principale attività per soli 15 milioni di dollari.  Zeus Living, una startup immobiliare che ha raccolto 150 milioni di dollari, ha annunciato la chiusura. Plastiq, una startup di tecnologia finanziaria che ha raccolto 226 milioni di dollari, è fallita a maggio. A settembre, Bird, un’azienda di monopattini che ha raccolto 776 milioni di dollari, è stata delistata dal New York Stock Exchange a causa del suo basso prezzo delle azioni.

Dal recente report di Pitchbook – che delinea una fotografia a livello europeo e globale – emerge che nel primo trimestre del 2023, l’attività di VC è diminuita in tutte le fasi e settori, soprattutto nei round di angel e seed (-34%) rispetto agli altri round di investimento, rappresentando la quota più bassa di investimenti di venture negli ultimi 10 anni.

L’anno scorso, secondo i dati di settore, si è chiuso con 1,17 miliardi di euro investiti (-37% rispetto al 2022 per ammontare raccolto e -4% numero di deal)[1].

Le opportunità del settore DeepTech e della sostenibilità

A fronte di questi fattori però è emersa un’opportunità di recupero nei segmenti strategici in forte crescita, ossia quelli afferenti alla sostenibilità e al deeptech,  l’insieme di tecnologie innovative e di frontiera, originali – fondate su scoperte scientifiche, sull’ingegneria, la matematica, la fisica e la medicina –  che possono avere un impatto profondo nella vita delle persone e della società.

Secondo i dati di Italian Tech Alliance e Growth Capital (Italia, Q3), il comparto legato alle Smart City risulta essere quello con il maggior numero di deal annunciati nel 2023 (39), seguito dal DeepTech (28). Nel Q3-23, il Software (€118M) è il primo settore per ammontare investito, seguito da DeepTech (€66M) e Smart City (€62M). Anche nel 23-YTD, Software (€154M) è il settore con la raccolta più alta, seguito da Smart City (€138M) e FinTech (€127M). Rispetto al 2022, nel 23-YTD si è osservata una distribuzione più omogenea per ammontare tra i vari settori.

Nel 23-YTD, il FinTech è stato il verticale più rilevante in termini di numero di deal (10), seguito da CleanTech (9) e SaaS (9). Apps si posiziona invece al vertice per ammontare investito anche nel 23-YTD. Seguono CleanTech e BioTech, con €75M e €61M. I primi tre verticali hanno raccolto complessivamente €236M, contribuendo al 31% degli investimenti totali effettuati nell’anno.

La sfida della trasformazione delle idee in imprese

I governi europei stanno destinando considerevoli risorse per sostenere le startup deeptech, focalizzandosi su settori come l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica e la robotica. Tuttavia se guardiamo agli investimenti delle startup statunitensi c’è ancora molto da fare.

In questo scenario la vera sfida in Italia (e anche in Europa) è trasformare queste grandi idee ad alto contenuto tecnologico, non solo nelle startup di oggi, ma anche nelle grandi imprese di domani e questo è possibile solo disinnescando il corto circuito che puntualmente si innesca tra la ricerca (quindi, l’idea e successivamente la scoperta scientifica) e l’impresa.

Il ruolo del trasferimento tecnologico

Il corto circuito si crea all’interno dell’incomunicabilità tra centri di ricerca, imprese, istituzioni politiche e finanziarie che spesso operano separatamente e per differenti obiettivi all’interno della filiera dell’innovazione. Con l’inevitabile conseguenza che le migliori innovazioni italiane faticano a scalare i mercati e, in alcuni casi, neanche vi approdano.

La ricerca scientifica talvolta prende direzioni che non arriveranno mai sul mercato perché perfino la ricerca applicata non è sempre pensata per essere venduta. Non si guarda alla concorrenza, alla strategia di valorizzazione, ai competitor e da qui il ruolo centrale del trasferimento tecnologico come acceleratore dell’innovazione e via imprescinbile per la crescita dell’intero sistema Paese e di costituzione di un ecosistema industriale della ricerca.

La questione dei brevetti in Europa

In questo contesto, la questione dei brevetti è centrale per lo sviluppo in ambito deeptech e in Europa c’è un nodo che complica tutto. Nel vecchio continente la brevettabilità di algoritmi di intelligenza artificiale è prevista soltanto se questi sono collegati alla risoluzione di un problema tecnico e, quindi, all’interazione con una macchina. Negli USA, al contrario, la brevettazione non è condizionata alla presenza di un “effetto tecnico”. Questo implica la non brevettabilità a livello europeo di algoritmi di intelligenza artificiale, se questi non sono collegati alla risoluzione di un problema tecnico e, quindi, all’interazione con una macchina. Questa disomogeneità è alla base della perdita di competitività dell’Europa in ambito di tecnologie di AI e blockchain.

Conclusioni

Dobbiamo aspettare la fine del 2024 per capire come il mercato del VC, e degli investimenti in generale in startup, si stia strutturando: credo che i numeri saliranno presto, ma questo dipenderà anche dalla velocità con cui la nostra ricerca scientifica riuscirà a produrre un deal flow investibile in maniera rapida e competitiva. Il corretto utilizzo dei fondi PNRR della misura 4, dalla ricerca all’impresa, sarà fondamentale in quanto strumento di creazione del deal flow del futuro industriale italiano.

Note


[1] Osservatorio VC, Growth Capital.

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