Oltre 1,3 milioni di chilometri per circa 436 cavi sottomarini, larghi al massimo un tubo da giardino: sotto i fondali passa l’infrastruttura abilitante di gran parte della nostra economia, e della nostra sicurezza (Bechis 2021, Colombo, Solfrini, e Varvelli 2021).
Una infrastruttura da cui transita tra il 95 e il 99% del traffico Internet mondiale e che veicola, quotidianamente, operazioni finanziarie per oltre 10 triliardi di dollari, abilitando la circolazione dei dati che consente di gestire supply chain sempre più complesse (Clark 2016).
Cavi sottomarini, così l’ingresso delle big tech cambia il business
Il cloud, i servizi streaming video, il 5G, l’IoT, richiedono sempre maggiore larghezza di banda: la dipendenza dai cavi è destinata ad aumentare (Bueger e Liebetrau 2021, Francola e Mensah 2021), la messa in posa di nuovi segmenti della rete supera ogni anno nuovi record.
Se nel periodo 2016-2020 sono stati messi in posa in media 67.000 chilometri di nuovi cavi ogni anno, la stima per il periodo 2021-2023 sarà di 113.000 chilometri in media ogni anno (Francola e Mensah 2021).
Tale infrastruttura risulta, tuttavia, essere fragile ed esposta a molteplici rischi. L’analisi di questi rischi è un’attività che solo recentemente ha ricevuto l’interesse della comunità accademica, un fenomeno che Bueger e Liebetrau (2021) affermano derivare da una “tripla invisibilità” dei cavi sottomarini.
Di seguito alcuni degli elementi emersi dalla ricerca del think tank AWARE, la cui pubblicazione è prevista nei prossimi mesi, che si occuperà di analizzare le sfide e le opportunità che l’infrastruttura dei cavi sottomarini presenta all’Italia.
Le principali vulnerabilità dei cavi sottomarini
Gli scenari di rischio più frequentemente citati per i cavi sottomarini sono sei: danneggiamento accidentale, danneggiamento a seguito di fenomeno naturale, spionaggio, terrorismo, attacchi cibernetici e hybrid warfare.
In termini statistici, la principale causa del danneggiamento dell’infrastruttura è il danno accidentale, circa il 40% del totale, imputabile ad attività come la pesca a strascico e la calata di ancore, in particolare nei pressi delle coste (Bueger e Liebetrau 2021, Francola e Mensah 2021).
Il danneggiamento a seguito di fenomeni naturali si riferisce a terremoti, eruzioni vulcaniche, tempeste, tsunami e rane.
Ne sono esempi: il terremoto del 2006 al largo delle coste di Taiwan, che con il danneggiamento di nove cavi ha compromesso la connettività nell’intera regione; l’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, che ha costretto al completo isolamento l’arcipelago polinesiano di Tonga per la rottura dell’unico cavo che lo collegava al resto del mondo, il cavo Southern Cross Cable Network (Gili 2022).
I cavi veicolano una grande mole di dati, anche sensibili e strategici, fornendo un grande vantaggio informativo a chi riesce ad accedervi.
Il rischio è quindi lo spionaggio, accentuato dalla capacità di accesso ai dati delle imprese o degli Stati che gestiscono i cavi (Colombo, Solfrini, e Varvelli 2021) ma anche da parte di altri attori che in determinate condizioni intercettano il segnale attraverso specifici recettori (Francola e Mensah 2021).
Gli imponenti costi di gestione di un cavo hanno spinto nel tempo i principali attori a adottare misure per mantenere la profittabilità: fra queste, l’utilizzo di remote network management systems e la concentrazione geografica delle landing station.
Accorgimenti che, per quanto necessari, creano nuove vulnerabilità: in particolare, una vulnerabilità cibernetica e una vulnerabilità agli attacchi terroristici.
Per quanto riguarda il rischio cibernetico, Sechrist (2012) afferma che sarebbe possibile, per un hacker, manomettere i web-based management systems, accedendo ai dati e, potenzialmente, rendendo il cavo inutilizzabile.
La concentrazione geografica dei cavi, e delle landing station, invece, permetterebbe a gruppi terroristici di causare un danno significativo ad un intero Paese colpendo una singola landing station.
L’importanza dei cavi renderebbe questa infrastruttura uno dei principali obiettivi di azioni di hybrid warfare soprattutto in regioni, quali il Mar Baltico, dove il danneggiamento di pochi nodi potrebbe compromettere le comunicazioni di interi Stati (Schaub, Murphy, e Hoffman 2017).
Cavi sottomarini: le implicazioni geopolitiche
L’importanza di questi cavi ha imposto la nascita di un dibattito non solo sui rischi a cui sono soggetti, ma anche sulle implicazioni geopolitiche che comportano.
Se la geopolitica si occupa di conflitti di potere in spazi determinati, i cavi sono intrinsecamente un fenomeno geopolitico: rappresentano la componente fisica del mondo digitale, delimitandone lo spazio, e sono immersi nel potere, perché veicolano dati sempre più cruciali.
La storia stessa dei cavi risulta indissolubilmente legata alle evoluzioni geopolitiche.
Con la data di nascita convenzionale del 28 agosto 1850, i primi cavi telegrafici divennero in breve tempo una espressione del capitalismo politico britannico e uno strumento per connettere e facilitare il mantenimento dell’Impero. L’Impero si connetteva seguendo la strategia “all-red”, dove i punti di approdo dei cavi erano tutti in territorio britannico, controllando gli stretti e impiegando la Royal Navy a garantire l’integrità dell’infrastruttura.
La Seconda Guerra Mondiale, costringendo gli Stati Uniti ad uscire dal loro isolamento, ha introdotto un nuovo competitor capace di diventare a propria volta potenza egemone politicamente e nel campo della connettività.
Dagli anni 80 in poi, gli Stati Uniti hanno affermato la loro egemonia ricoprendo i ruoli prima esercitati dal Regno Unito: il controllo degli stretti, il pattugliamento delle rotte, l’applicazione della strategia “all-red” in cui i punti di approdo sono preferibilmente in Paesi allineati a Washington.
Seppure oggi i cavi siano posati prevalentemente per puro interesse economico, la relazione fra cavi e contesto geopolitico non è da sottostimare: la vertiginosa messa in posa di cavi è stata sia conseguenza che fattore abilitante del fenomeno “globalizzazione”, indissolubilmente legato alla vittoria americana nella Guerra Fredda.
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Bibliografia
Bechis Francesco (2021), “Undersea Cables: The Great Data Race Beneath the Oceans”, Text. ISPI, 28 maggio 2021. https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/undersea-cables-great-data-race-beneath-oceans-30651.
Bueger Christian e Tobias Liebetrau (2021), “Protecting hidden infrastructure: The security politics of the global submarine data cable network”, Contemporary Security Policy 42 (3): 391–413. https://doi.org/10.1080/13523260.2021.1907129.
Clark Bryan (2016), “Undersea cables and the future of submarine competition”, Bulletin of the Atomic Scientists 72 (4): 234–37. https://doi.org/10.1080/00963402.2016.1195636.
Colombo Matteo, Solfrini Federico, e Varvelli Arturo (2021), “Network Effects: Europe’s Digital Sovereignty in the Mediterranean – European Council on Foreign Relations”, ECFR (blog). 4 maggio 2021. https://ecfr.eu/publication/network-effects-europes-digital-sovereignty-in-the-mediterranean/.
Francola Valerio, e Gordon A. Mensah (2021), “L’industria dei cavi sottomarini: qualche elemento introduttivo”, ASTRID RASSEGNA 14/2021. Laboratorio sull’Ecosistema Digitale Astrid.
Gili Alessandro (2022). “Geoeconomia dei cavi sottomarini”, Text. ISPI. 27 gennaio 2022. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/geoeconomia-dei-cavi-sottomarini-33004.
Schaub Gary, Martin Murphy, e Frank G Hoffman (2017), “Hybrid Maritime Warfare”, The RUSI Journal 162 (1): 32–40. https://doi.org/10.1080/03071847.2017.1301631.
Sechrist Michael, (2012), “New Threats, Old Technology: Vulnerabilities in Undersea Communication Cable Network Management Systems”, Science, Technology, and Public Policy Program, Belfer Center. https://www.belfercenter.org/publication/new-threats-old-technology-vulnerabilities-undersea-communication-cable-network.